Alessandro Mendini e Andrea Sala. Un dialogo in Lucido, ancora più lucido. Contributo di Alessandro Rabottini

immagine per Alessandro Mendini
Alessandro Mendini e Andrea Sala

“Non mi interessano le discipline quando sono considerate all’interno delle loro norme. Anzi, è importante indagare nei grandi spazi liberi esistenti fra di esse […]. Pittorico è il comportamento che adotta metodi di ideazione e di produzione ‘confusi’, dove possono mescolarsi artigianato e informatica, tecniche, metodi, forme, materiali e tradizioni attuali e inattuali”
Alessandro Mendini
(da: Pittura Progettata e Design Pittorico in Alessandro Mendini: Scritti, a cura di Loredana Parmesani, Skira Editore, 2004 p.87-88)

La mostra palesa un confronto, o meglio un dialogo generazionale e di linguaggi tra opere sia recenti sia inedite di Andrea Sala (Como, 1976) e una delle ultime collezioni di mobili disegnate da Alessandro Mendini (Milano, 1931-2019).

Inizialmente concepito all’interno della sezione Generations per miart 2020, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano, è invece ora in corso alla Galleria Schiavo Zoppelli in collaborazione con la Galleria Luisa delle Piane.

Così il testo di Alessandro Rabottini:

(…) Se nel suo lavoro di designer, architetto, autore e teorico, Alessandro Mendini ha sempre manifestato una profonda relazione con l’arte visiva; dal canto suo Andrea Sala ha sempre articolato nella sua ricerca scultorea un’acuta comprensione della cultura del progetto nelle sue implicazioni formali e culturali. Questo dialogo a distanza, quindi, ha un senso che prescinde da una specifica relazione personale e affonda, invece, in un più ampio serbatoio di sensibilità che entrambi gli autori hanno esplorato in tempi diversi, con strumenti differenti.

In un testo del 2003 pubblicato in occasione della prima apertura al pubblico della Casa-Museo Boschi Di Stefano, Mendini – che proprio in quella palazzina di via Jan a Milano nacque nel 1931 – racconta una parte significativa della sua storia famigliare in relazione a questo luogo: la sua costruzione su iniziativa del nonno paterno, gli albori della passione per il collezionismo degli zii Antonio e Marieda, la frequentazione assidua da parte degli artisti, fino agli anni della seconda guerra mondiale e dello sfollamento, quando si rende necessario nascondere una raccolta di opere divenuta ormai sostanziosa in una villa vicino a Brescia dove la famiglia si dovette rifugiare. I De Chirico, i Morandi, i Carrà e i Martini sono quindi “murati dentro un lungo fienile, assieme alle provviste dei cibi” fino alla Liberazione.
C’è in questo racconto non soltanto il senso, la necessità della protezione delle opere e dell’arte, ma anche, in modo più profondo, il sentimento di qualcosa che deve essere inserito sotto la pelle di un edificio per essere conservato, come a dire che le cose possono essere difese solo quando sono interiorizzate, letteralmente assunte in sé.
In questo senso, allora, il concetto di dialogo tra le generazioni e le discipline alla base di questa mostra amplia e approfondisce le nozioni di “citazione” ed “influenza” cui siamo quasi meccanicamente abituati. La citazione, a ben vedere, potrebbe essere intesa come una forma di “manutenzione”: faccio in modo che il mio lavoro diventi la pellicola protettiva di un messaggio che mi ha preceduto e che reputo ancora di valore; rendo quasi quello che faccio il vessillo di un’altra esperienza visiva (o di una parte di essa) al fine di traghettarne almeno un frammento altrove.

Mendini ha spesso teorizzato e praticato la centralità poetica della superficie, della pelle degli oggetti e degli edifici, in sintesi della decorazione, che nella nella storia del design è sempre apparsa – quando non veniva esplicitamente condannata – come una fase successiva e succedanea rispetto allo sviluppo di una forma strutturale e funzionale.
Qfwfq, Ayl e Luna & Sole sono i tre mobili presenti in mostra. Intitolati prendendo spunto dai nomi dei protagonisti della Cosmicomica di Italo Calvino Senza Colori, questi pezzi furono realizzati utilizzando i legni Pointillisme COL e Pointillisme B/N, che Atelier Mendini (con Alex Mocika) sviluppò come riedizione del primo legno concepito per ALPI nel 1991.

La riflessione di Mendini sul Puntinismo – ma, più in generale, sulla storia della pittura astratta e sull’arte delle Avanguardie del primo Novecento – ha attraversato tutta la sua carriera. Pensiamo, ad esempio, non soltanto al divano Kandissi (1976) e all poltrona Proust (1978) ma, soprattutto, al suo concetto di “Design Pittorico”, ovvero un approccio alla progettazione come “libero movimento del pensiero visivo”, che proprio dalla pittura fa derivare la spontaneità di un gesto compositivo che restituisca all’oggetto funzionale il valore di “pura realtà visiva”, di un’avventura soggettiva della creatività la cui esuberanza supera i limiti del Modernismo.
Alla pelle degli oggetti e degli spazi guardano le sculture che Andrea Sala ha concepito per questa occasione, astrazioni metalliche di un mondo domestico e quotidiano, forme che riprendono, elaborano e a volte esagerano l’immagine familiare di un calorifero. I titoli di ciascun’opera esplicitano, in modo quasi prosaico, l’identificazione con lo spazio della casa: Il salotto, La cameretta, La mansarda, Il bagno e così via… Come a dire che del design e della sua storia, Sala non restituisce l’aspetto autoriale e iconico ma il precipitato più comune e diffuso, addirittura banale ma condiviso. Ognuna di queste sculture è caratterizzata da una diversa finitura, da un trattamento della superficie comunemente usato nella produzione industriale e/o artigianale per creare differenti effetti, e che l’artista ha invece applicato a mano, come a voler produrre texture materiche e pittoriche. Sono finiture che impreziosiscono una superficie o che creano un effetto di illusione, pellicole di materia e di colore, e Sala ne esplora il campionario facendolo proprio (a proposito della decorazione delle superfici, Mendini amava parlare di “make-up”, di cosmesi).

Se Alessandro Mendini ha portato la qualità espressiva della pittura nella cultura del progetto, la libertà del suo segno all’interno degli oggetti d’suo, Andrea Sala in questa serie estrae dai processi industriali e artigianali che decorano le nostre case una possibilità altra e quasi più fragile, più intuitiva, interiore. Entrambi, probabilmente, convergono verso un’interpretazione degli oggetti che è stata ed è molto italiana, e che dello spazio domestico esalta il valore simbolico ed emozionale prima ancora che la funzione, che delle “cose” esprime la densità psicologica – sia essa felice o misteriosa – prima ancora che l’usura.

immagine per Alessandro Mendini
Alessandro Mendini e Andrea Sala

Info mostra

  • Alessandro Mendini e Andrea Sala – Lucido, ancora più lucido
  • in collaborazione con Galleria Luisa Delle Piane
  • Dal 23 settembre al 14 novembre 2020
  • Schiavo Zoppelli Gallery
  • Via Martiri Oscuri 22, 20125, Milano
  • +39 02 3674 2656 – info@schiavozoppelli.com
  •  www.schiavozoppelli.com
+ ARTICOLI

La cultura della contemporaneità nelle sue molteplici declinazioni

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.