(s)COMPOSIZIONI di Fabio De Benedettis con la galleria Sara Zanin. Intervista a Barbara Martusciello

immagine per (s)COMPOSIZIONI di Fabio De Benedetti

Fabio De Benedettis (Roma, 1969) è in mostra in uno spazio afferente alla Galleria di Sara Zanin, ovvero NexumStp di Via Giovanni Paisiello 55 a Roma. L’esposizione è titolata (s)COMPOSIZIONI e allestisce una selezione fotografica di alcuni oggetti che risultano perfetti simboli di Roma: a 360°, letteralmente.

Nasone. 2020 stampa Fine Art su carta Canson
Tubo o tubbo. 2020 stampa Fine Art su carta Canson
Ciriola. 2020 stampa Fine Art su carta Canson
Foglia di platano. 2020 stampa Fine Art su carta Canson

 

Come ci spiega Barbara Martusciello, che segue l’artista e ne ha redatto il testo critico di accompagnamento:

“Abbiamo in mostra le foto di una foglia di platano, selezionata tra le più belle staccatesi dagli innumerevoli alberi piantati in città e fuori, così come un ago di pino; un cosiddetto quartino, ovvero una brocca di vetro detta il tubbo; il tipico pane locale, la ciriola; un distintivo elemento di lastricato stradale, il sampietrino, o sanpietrino; una componente delle fontanelle pubbliche, quel nasone che tanto le caratterizza; la croce cristiana, che si ritrova quasi ovunque nella Capitale, con la presenza di più di 900 Chiese…”

Ma gli oggetti fotografati non sono più riconoscibili, almeno non in una parte delle foto di ogni serie. Lui li scompone e ce li fa vedere a pezzi… 

“Sì, perché a De Benedettis non interessa la restituzione fotografica della realtà e basta…; lui attiva e fa vedere altro, pur se a partire dalla cosa fotografata: per conoscerla meglio attraverso una separazione certosina di tutti i suoi 6 lati e una ideale ricomposizione.

Nel dettaglio: prende – concretamente – ogni soggetto motivo del suo interesse analitico e lo posiziona con uno sfondo bianco che ne annulla ogni altra attinenza; la luminosità di quel chiarore e la neutralità del fondo permettono una buona concentrazione; poi scatta.

Scompone quindi il soggetto fotografato nelle sue facce costitutive: la sua è una traduzione visiva bidimensionale di un oggetto tridimensionale – una metodologia non lontana dalla rappresentazione architettonicain dimensione reale, cioè 1:1.”

Una scelta di avvicinarsi all’oggetto… ci spieghi meglio?

“L’investigazione di Fabio De Benedettis è sì ravvicinata: prende, decontestualizza (nel senso che l’oggetto non è fotografato nel luogo del suo originario collocamento o ritrovamento, ma è allestito in un set fotografico); lo fotografa scomponendolo, come abbiamo spiegato; poi riorganizza e ricompone quando ci mostra fa foto dell’oggetto riconoscibile, intero.

Così facendo, quindi, proprio attraverso quest’analisi così dettagliata e anatomica, rivela la forma, la geometria, la struttura della cosa fotografata, che, nel breve tempo della scomposizione fotografica e della sua presentazione altra, non è più a noi noto: nè still life, come realistica figurazione, nè simbolo (di Roma).

Questo suo procedere ha un carattere quasi archivistico e può persino apparire una branca anatomopatologica: ma se fosse, non scoprirebbe e non scoprirà nulla di corrotto, di patologico, insomma: nulla che non va. Al contrario: testimonia che è tutto lì, al suo posto, e che, semplicemente, nell’uno c’è già sottinteso il tutto. Quindi, le chiavi di lettura del suo lavoro sono molteplici; cioè, ci indica, anche, metaforicamente la possibilità di scoprire l’Universale nel particolare.

Questa operazione è importante soprattutto per questo respiro sia concettualistico sia lirico, persino trascendentale: in questa apparente aporìa (tra una… cosa intesa più come mentale e una più come paradigmatica e spirituale) sta la sua validità poetica, mai disgiunta – aggiungiamo – dalla bellezza del suo palesamento. Queste foto sono accattivanti nelle loro minimali raffigurazioni, essenziali e significanti. Mostrano, dimostrano ma lasciano schiusa ogni interpretazione in un riassunto mirabile tra forma e contenuto.”

Una metafora??

“Per una parte di questo lavoro sì, lo è, metaforico: ci indica la possibilità di scoprire l’Universale nel particolare. Questa operazione è importante soprattutto per questo respiro sia concettualistico sia lirico, persino trascendentale: in questa apparente aporìa (tra una… cosa intesa più come mentale e una più come paradigmatica e spirituale) sta la sua validità poetica, mai disgiunta – aggiungerei – dalla bellezza del suo mostrarsi.

Perchè lo vedi anche tu: queste foto sono accattivanti nelle loro raffigurazioni; sono persino eleganti…

Mostrano, dimostrano ma, anche perché così minimali, lasciano schiusa ogni interpretazione in un riassunto mirabile tra forma e contenuto.”

Ma il pubblico, il collezionista, insomma, chi guarda e fruisce dell’opera fotografica, deve impegnarsi per vedere questo lavoro; mi spiego meglio: mi e ti domando se al di là del semplice apprezzamento delle foto, quelle che mostrano l’oggetto scomposto non siano criptiche…

“Tu dici? Se pure fosse, l’arte non deve mostrare e/o spiegare tutto… Qui, ad esempio, hai la foto dell’oggetto intero e quelle dello stesso oggetto scoposto; hai le  singole facce, dai diversi punti di osservazione e la globalità della visione…”

C’è, come si dice, l’imbarazzo della scelta?

“Ma sì … (ride)

Puoi fermarti alla resa figurativa della cosa immortalata, oppure seguire un percorso che alla fine ti porterà al riassemblamento visivo e riconoscitivo dell’immagine; e questo è compito e responsabilità che l’autore lascia al pubblico.

L’opera, come tutte quelle afferenti dell’arte, è generosa, democratica, non è snobistica – checché alcuni dicano –  perché è più aperta (definizione di Umberto Eco, 1962) di quel che si crede: si nutre, cioè, di un coinvolgimento dell’osservatore che in questo caso non è fisico ma intellettivo, che sta nel riconoscere l’oggetto, nell’individuarlo anche nelle sue singole parti e nel riunirle idealmente nella totalità di riferimento.”

Chiaro. E’ anche un gioco… serio. Ha comunque sempre a che fare con la realtà…

“Non è ludico ma sì, possiamo dire che sia un gioco serio: in fondo, il gioco non è una modalità per conoscere e prendere dimestichezza e possesso della realtà da parte dei bambini?

E per quanto concerne la tua domanda sulla realtà: aggiungo, tanto per sottolineare quanti input possa dare un’opera d’arte, anche di molto personali, che io ci vedo pure una lettura sociopolitica e umanistica, in questa serie (s)COMPOSIZIONI: che De Benedettis, indirettamente, ci stia indicando che sta anche a noi tenere congiunta e preservata la città, la sua collettività e umanità – e per estensione, quindi, noi stessi – a partire dall’integrità delle sue parti, anche più piccole, ma importanti…”

Info

  • z2o Sara Zanin Gallery – www.z2ogalleria.it
  • NexumStp di Via Giovanni Paisiello 55 a Roma – nexumstp.it
  • Opening: sabato 5 marzo dalle ore 12:00 alle ore 19:00 – Gli altri giorni su appuntamento: info@z2ogalleria.it / +39 334 3760206; info@nexumstp.it;
  • Durata: 6 marzo > 10 aprile 2021 – giorni e orari di apertura dal 6 marzo: lun-ven 10-13 | 15-18
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(s)COMPOSIZIONI di Fabio De Benedettis
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Luca Barberini Boffi, ex imprenditore nel mondo della carta stampata.
Esperto di comunicazione e di arti visive, vive tra Milano, Roma e Strasburgo, dove risiede. Organizza convegni internazionali su Beni Culturali e collezionismo, scrive su testate di settore. Viaggia molto all’estero per lavoro e per passione. Collabora saltuariamente come consulente artistico nel Maine, U.S.A.

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