Focus on – Sicilia. Adalberto Abbate e il mistero della Natività di Caravaggio trafugata e rinata

Una ferita profonda inferta a una città, Palermo, e a un’intera cultura, non solo siciliana, viene da quattro anni ricordata con l’idea di oltrepassare il mero piangersi addosso, spesso tipico di questa nostra complessa terra. Esorcizzando per ricreare.
Questo appuntamento si compie la notte di Natale nel serpottiano Oratorio di S. Lorenzo (1570) gioiello d’arte barocca nel cuore del centro storico di Palermo.

La perdita inestimabile di cui parliamo, è una perdita che riesce solo a far emergere profonda rabbia. Nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969 venne trafugato un capolavoro d’arte assoluto, la seicentesca Natività di Caravaggio, commissionata nel 1609 dalla Compagnia di San Francesco. Vari misteri e leggende legate all’ambiente mafioso avvolgono questo furto. Si racconta che la tela dopo essere tagliata ai bordi venne maldestramente arrotolata e fatta sparire.

Il mistero non possiamo certamente scioglierlo in questa sede, ma semmai possiamo raccontarvi come la memoria di quest’accadimento si sia trasformato in una possibilità di interazione tra la storia – in questo frangente noir – e interventi di artisti siciliani in uno spazio chiaramente deputato alla sacralità e non all’arte contemporanea.

L’associazione Amici dei Musei Siciliani anche quest’anno ha bandito un concorso per ricordare e far risorgere la memoria del capolavoro caravaggesco.
L’ex sacrestia dell’Oratorio ha questa ultima notte di natale ospitato l’intervento di Adalberto Abbate (Palermo 1975).
Una luce fioca, quella delle candele la notte della nascita, e una luce calda gialla estiva durante il giorno (riprodotta dall’artista) accolgono i fruitori.

Conoscendo la ricerca di Adalberto, mi incuriosisce parecchio il connubio tra il luogo deputato e il suo intervento. Lo raggiungo una mattina dei primi giorni di questo nuovo anno, e in effetti la mia aspettativa non viene delusa. La sacralità di quello spazio dialoga con un intervento che non presenta nulla di sacro. La natività diviene spunto per dar forma a “ricordi femminili, di una madre che pensa al futuro del proprio figlio”.

Una stanza di forma quadrata di non grandi dimensioni ti accoglie come se fosse un luogo a se distaccato da tutto il resto.
Una natività antica, una più contemporanea, una raffigurazione di bambino, e una reliquia, sono stagliati ai lati di questo luogo.

Il sacro che si mescola a interrogativi, certamente provocatori, da vita a una situazione quasi di catalogazione e interpretazione del concetto stesso di sacro. È una stratificazione di storie, di luoghi, di memorie, di tempi. Manipolazioni sia digitali che reali, collage di memorie, dove nell’antico trova luogo anche un frammento di un palazzo storico di Parigi, dove l’iconografia dei santi, ricordando la tela del Caravaggio, è affidata all’immagine di piccoli volatili. Dove Gesù diventa figura aliena e la scimmia impersona la bestialità dell’incompiutezza umana.

Nella parete a fianco dalle sfere celesti e arcaiche l’occhio volge il suo sguardo a una contemporanea scena di natività. La figura maschile, il padre, centro della famiglia. Ma non è un pater familias, è una padre moderno, un padre la cui identità femminile è molto presente, e si scontra con la possibile inconsapevolezza della donna.

La presenza del Bambinello è in una tela nella terza parete. È un bambino presentato di spalle. Non mostra il suo volto, è la madre che lo tiene in braccio e lo mostra a se stessa.
In una angolo la reliquia dei falsi miracoli è lì, avendo resistito a un incendio.

All’uscita un manifesto, i cui ricavati sosterranno il progetto dell’associazione, raffigura tre affettuosi e buffi cani, ne La fuga in Egitto.
C’è una sacralità in tutta questa mancanza di sacralità, se non dettata e ricordata unicamente dal luogo. La sacralità dell’essere umano al di là di ogni appartenenza religiosa, la sacralità della vita stessa che racchiude una spiritualità profonda e ancestrale.
La presenza di un artista come Adalberto così provocatorio e analitico della realtà che lo circonda, riporta il senso di quella presenza caravaggesca.

Caravaggio il pittore della verità, impegnato in una battaglia ideale per l’affermazione di nuovi valori umani e sociali. Caravaggio pittore del pathos e della sua visione religiosa, che si affrancava dai codici della sua epoca, ritraendo madonne e santi in vesti da popolani.

Nessuna assonanza ovviamente si vuole trovare, sarebbe impensabile e ardua. Ma certamente la presenza di un lavoro contemporaneo che si distacca dall’ambiente religioso in cui è accolto, per inseguire una ricerca artistica fatta di riflessioni atee e critiche sociali, non fa che condurre verso la presenza di quello spirito ribelle e grandioso del Merisi.

Info

  • Oratorio di San Lorenzo
  • Via dell’Immacolatella, 5 -Palermo
  • 24 dicembre 2013 – 17 Ottobre 2014
  • orari: dal Lunedì alla Domenica dalle 10.00 alle 18.00
  • ingresso: un contributo da 1 euro per l’acquisizione dell’opera dall’Oratorio di San Lorenzo
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Laura Francesca Di Trapani è nata a Palermo dove vive. Storica dell'arte e curatrice indipendente, si è formata presso l'Università La Sapienza di Roma. E' critica d'arte contemporanea con un particolare interesse rivolto alle nuove generazioni di artisti (tra gli ultimi progetti di curatela vi sono la mostra personale di Fulvio Di Piazza a Palazzo Ziino a Palermo, la personale di William Marc Zanghi da BonelliLab a Canneto S.O, la bi-personale di Federico Lupo e Giovanni Blanco da Bt'f Gallery a Bologna, la curatela critica della ricerca fotografica di Stefania Romano al MIA-Milan-image art fair e la bi-personale fotografica di Alessandro Di Giugno e Francesco Paolo Catalano NORMALE). Si è interessata di mercato dell'arte per la rivista X-press edita dalla Deutsche Bank (Francoforte). Collabora con alcune riviste e redazioni di settore tra le quali Espoarte.

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