Più Libri Più Liberi 2015. Le anarchie memorabili di Graziano Graziani

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Atlante delle micronazioni – Cover

Cosa lega un generale scozzese di inizio Ottocento e un ex contadino lucano invalido del lavoro? La risposta è semplice: sono entrambi fondatori di nazioni. Di micronazioni, per l’esattezza.

Lo racconta Graziano Graziani, giornalista (fra i conduttori di «Fahrenheit» su Rai Radio 3), critico teatrale e scrittore, nel suo – per l’appunto – Atlante delle micronazioni. A metà fra la divulgazione socio-antropologica e la raccolta di storie e ritratti (che strizza inevitabilmente l’occhio a Borges e a Calvino), il libro edito da Quodlibet è tutto questo e molto di più. È un’analisi e insieme il racconto dell’insopprimibile necessità di “essere altro”, di “porsi al di fuori” dell’essere umano. Che Graziani ha testimoniato in una ricerca godibilissima, in grado di stimolare riflessioni a diversi livelli.

Innanzitutto – ed è emerso subito alla presentazione del libro a Più Libri Più Liberi, con l’autore e Nicola Lagioia – sulla percezione di concetti come legge, confini; sull’essere cittadini (di che cosa? In che modo?). L’Atlante di Graziani, con la sua rassegna di cinquanta minuscoli regni, repubbliche, stati virtuali, città libere ecc., è la testimonianza di una forzatura continua delle sovranità nazionali precostituite – semplificando: del sistema politico come imposizione. La Storia, quella con la s maiuscola, è restia a registrare queste esperienze “minime”, a volte paradossali. Che esse accadano per sottrarsi a gioghi fiscali o avviare speculazioni, per coronare un sogno personale o collettivo, o dar corpo all’utopia, poco importa. Sono relegate al ruolo di aberrazioni episodiche, di eccentricità. Destinate all’obliterazione, o forse ancor peggio alla damnatio memoriae. Anche solo sfogliando quest’Atlante se ne intuisce immediatamente il motivo. Si tratta di esempi potenzialmente pericolosi, non soltanto dei meri «strappi in un mondo tutto mappato». Vette di anarchia, da far girare la testa.

Vale la pena allora tornare ai due personaggi citati al principio. Due ansie diverse, due insofferenze su tutte.

Il generale scozzese, tal Gregor MacGregor (quasi un nome da fumetto), è un avventuriero che ha servito marine ed eserciti di varie corone, strappato isole alla Spagna, combattuto al fianco di Bolívar. Finché, un bel giorno del 1820, si esibisce nei salotti londinesi come «Cacicco di Poyais»: un fantomatico principato a nord della Colombia. MacGregor, tra banchetti e ricevimenti, alletta gli investitori britannici – mette in atto una truffa di proporzioni colossali che sfocia nella vendita di titoli di stato e appezzamenti di terreno. Il risultato non sarà solo mandare in tilt la stessa Borsa di Londra, o l’immensa fortuna che riempirà le tasche dello scozzese; alla volta di Poyais salperanno ben due navi di coloni – circa 250, tra uomini e donne, persino anziani – le cui vite e speranze soccomberanno davanti a una giungla inabitabile, tra malattie e stenti. (MacGregor non si fermerà. Via dall’Inghilterra, replicherà la medesima frode in Francia. Per poi terminare i suoi giorni in Venezuela, celebrato fra i liberatori della patria).

Il contadino lucano si chiamava Michele Mulieri. Viene ricordato come «l’uomo-repubblica».

1950, quattromila metri quadrati di terra abbandonata a Grassano, Matera. Mulieri, ex contadino e operaio reso invalido da un incidente sul lavoro, decide di installarvi uno spaccio e una pompa di benzina. Se l’italica burocrazia, contro cui ha lottato per tutta la sua vita (costandogli a più riprese le aule giudiziarie e il carcere), non glielo impedisse l’ennesima volta. Nasce così la «Repubblica dei Piani Sottani», dal nome della località dove è sito il mezzo ettaro che l’uomo acquista per farvi un punto di ristoro e un distributore. La storia attrae la stampa – gli automobilisti fanno tappa ai Piani Sottani dall’uomo che ha dichiarato se stesso «repubblica assoluta», che attacca ovunque cartelli pieni di errori sui quali denuncia i «Neghligenti, depravati e bastardi italiani…».

Furono in molti a occuparsi di Michele Mulieri. Il suo ritratto spicca in Contadini del Sud di Rocco Scotellaro, il sindaco-poeta di Tricarico – il primo vero studio sociologico sul Meridione del dopoguerra, come sottolinea Graziani. Vi si dedicarono ad esempio anche Napolitano e Nenni: il primo lo giudicò «personaggio socialmente e politicamente equivoco», il secondo disse: «sulla Costituente il contadino Mulieri la sa più lunga di me».

Ma lasciamo il piacere di approfondire «l’uomo-repubblica» sulle pagine dell’Atlante delle micronazioni. Tra le altre narrazioni di tante “anarchie” memorabili. Tentativi di ridisegnare il mondo. Se non sulla carta geografica almeno nel pensiero.

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Glottologo e lusitanista, studioso delle lingue e letterature ibero-romanze e blogger, Stefano Valente è anche illustratore e comic artist/writer. Scrivere è però la sua "fatica" irrinunciabile. Tradotto anche all'estero, nei suoi romanzi ama incrociare i più diversi generi letterari con una narrazione colta, attenta ai vari livelli di linguaggio - per «addomesticare un animale indomabile: la Meraviglia». 
Il suo titolo più recente è il thriller esoterico La Serpe e il Mirto (1978), appena uscito in nuova edizione. 
Nel poco tempo "libero" si dedica alla diffusione della narrativa breve e della microficción iberica e latino-americana curandone la traduzione nel blog Il Sogno del Minotauro (http://sognodelminotauro.blogspot.com)



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