CAMUSAC di Cassino. Sergio Longo, collezionista e imprenditore deus ex machina del museo. L’intervista

Al CAMUSAC di Cassino, fondato grazie alla famiglia Longo nell’ottobre 2013 e diretto e curato da Brunò Corà, sono appena state inaugurate 3 mostre: Caos vacilla di Hidetoshi Nagasawa, Imusmis 2 di Brunella Longo e Opere della collezione permanente /2. Il progetto espositivo sarà visibile fino alla fine di settembre 2014.

Hidetoshi Nagasawa è intervenuto all’interno degli enormi spazi in maniera incisiva con cinque imponenti opere, progettate e realizzate appositamente per la mostra, in differenti materiali, marmo, pietra, legno e ferro. Le opere dell’artista della Manciuria si pongono come momenti scultorei protagonisti della scena architettonica del Museo. Esse costituiscono una moltitudine di presenze che appaiono eteree e antigravitazionali, in realtà fondate su forze in atto ed elementi ad altissimo peso specifico. L’insieme restituisce un senso di immobilità e di movimento costante. Una percezione instabile e fluttuante.

Le 12 opere di Brunella Longo sono una selezione dell’ultimo ciclo di lavori realizzati viaggiando in differenti paesi con un’attenzione al carattere identitario e spirituale attraverso il rapporto tra i luoghi e i suoi autoritratti mescolati insieme per creare nuovi scenari e condivisioni.

In mostra anche il secondo atto della collezione di Sergio e Maria Longo, che spazia dallo Stendardo di Pisa di Castellani, a Irregular Tower di Sol LeWitt, ad opere di Rebecca Horn, Kusama, Pedro Cabrita Reis…
Sono sempre visibili invece all’esterno le opere della collezione permanente collocate nel giardino.

Con un’intervista a Sergio Longo, collezionista e imprenditore che ha fortemente voluto questo museo, andiamo a dettagliare meglio questo progetto diventato una realtà molto attiva sul territorio e non solo.
Parliamo dello spazio del CAMUSAC, una struttura che mi ha incuriosito molto. Quale è stata la sua destinazione iniziale e quali interventi sono stati fatti per trasformarla in un Museo?

“Tempo fa svolgevo la mia attività qui dentro, insieme al commercio dei prodotti edili e siderurgici.
L’intervento edilizio di “rinascita” dello spazio è stato molto semplice, l’illuminazione e la scelta del bianco totale. In verità il progetto degli spazi espositivi è più complesso, ma è estremamente costoso da realizzare. Avremmo voluto completamente rivestire l’esterno della struttura in acciaio Corten; anche i vecchi uffici sarebbero dovuti essere destinati ad arte e terapia, musicoterapia e laboratori didattici, tuttavia ci siamo dovuti fermare per ragioni finanziarie. L’architetto ha operato con una semplice verniciatura bianca e ha scelto un impianto elettrico mirato, inserendo strutture mobili, che possono essere spostate quasi con un dito e possono creare diverse ambientazioni. Quindi uno spazio duttile e versatile per l’attività espositiva e non solo.

La sua è una collezione che inizia da un percorso privato e poi diventa fruibile al pubblico, com’è iniziata?

S.L. Abbiamo iniziato a collezionare così come avrebbero potuto fare due ragazzi appena sposati con la curiosità e la volontà di arredare la propria casa. Quindi gli artefici della collezione siamo mia moglie ed io, in stretta complicità. È difficile per me parlare nei termini di un percorso lineare. Ricordo per esempio un viaggio a Mosca dove abbiamo ricercato ed acquistato delle antiche icone russe, poi conoscemmo Bruno Corà e ci indirizzammo invece verso l’arte contemporanea, iniziando a collezionare per lo più scultura ed artisti dell’Arte Povera. Le nostre strade nel tempo si sono allontanate perché Bruno che insegnava a Cassino si è anche allontanato per dirigere diversi Centri culturali e Musei, e noi abbiamo proseguito da soli per un periodo, spaziando tra differenti ricerche artistiche contemporanee. Abbiamo preso opere che ci piacevano. I nostri gusti sono cambiati nel corso del tempo e degli eventi, non prediligendo mai un’unica tendenza.

Qual è stata, se c’è stata realmente, l’urgenza di creare questo ambizioso progetto museale?

“Abbiamo incominciato con il giardino, quindi con la parte esterna e le opere esterne. In seguito abbiamo costruito una seconda casa a fianco della nostra abitazione per adibirla all’installazione di opere d’arte, ma nel momento in cui si è sposato mio figlio, “occupando” questa seconda casa, abbiamo dovuto spostare in deposito molte opere.
La mia collezione fa parte della vita della mia famiglia. I miei figli hanno vissuto in pieno quest’atmosfera. Adesso mio figlio dirige la vecchia azienda di famiglia, e Brunella è stata sempre vicina alla collezione pur prendendo una sua strada artistica personale.”

Quindi possiamo dire che l’urgenza è stata lo spazio?

“In un certo senso sì. La collezione è cresciuta negli anni, e siccome avevo questo sito architettonico dove c’èra la mia attività originaria, spostata successivamente nella zona industriale di Cassino, ho pensato di usufruire di una parte di questo spazio per allocare le opere, perché per me non ha senso avere delle opere imballate. In modo consequenziale ho pensato che sarebbe stato opportuno dare la possibilità anche agli altri di poterne usufruire. Il Museo è gratuito, logicamente con delle aperture ristrette perché ci vorrebbe più personale e quindi maggiori spese. L’apertura è solo il sabato e la domenica pomeriggio, durante la settimana su appuntamento. È un luogo completamente privato, senza partecipazione economica pubblica o di sponsor esterni.”

Gran parte delle opere, soprattutto quelle che vediamo all’esterno sono state prodotte da voi qui a Cassino?

“Certo, questa co-produzione è sicuramente per me la parte più interessante della collezione. Andando a ritroso le ultime opere prodotte sono state proprio quelle di Nagasawa, Saito, Tirelli, Nunzio, Gallo, Sol LeWitt, e tanti altri. Sono opere che ho realizzato qui a Cassino, e alle quali sono molto legato. Nello specifico, sono state prodotte tra Cassino e l’azienda di Assisi, attraverso l’aiuto supplementare di artigiani ed industriali della zona.”

C’è qualcosa in questo posto e in questo nome che inganna.. Si arriva qui con delle idee che poi vengono stravolte dalla realtà che si incontra, anche in maniera positiva direi. Perché dare questa dicitura museale? Perché non chiamarla soltanto Fondazione Longo?

“Questa è semplicemente una collezione privata che è stata trasformata in uno spazio fruibile, aperto agli altri. Senza dubbio non è un’istituzione museale vera e propria, o almeno lo sta diventando. Nasce come una fondazione, questo è certo. Lo scopo era quello di collocare le opere e man mano si è giunti al progetto del Camusac. Torno a precisare, non c’è intervento da parte di nessun altro. Fino a questo momento neanche di sponsor, malgrado diverse promesse. Posso dire che l’idea del Museo è di Bruno Corà, come parte di un progetto in divenire molto più articolato. Al momento ci sono i presupposti, e non rinneghiamo un intervento delle amministrazioni pubbliche nel futuro.

Quanto questa attitudine a collezionare e produrre arte contemporanea ha influito nel lavoro di Brunella, e com’è maturato il suo percorso fino ad oggi?

“È possibile che Brunella sia stata in un certo senso positivamente condizionata. Brunella ha iniziato la sua carriera da fotografa con un lavoro incentrato sul ritratto, racchiuso in una pubblicazione intitolata “Centouno ritratti” di artisti, che con il tempo lo ha elaborato fino a quest’ultimo lavoro presentato ora negli spazi del Museo. È un progetto artistico, portato avanti da diverso tempo, realizzato in alcuni luoghi, come il deserto arabico, l’Islanda, e attraverso il sedimento della sua persona, lo ha caratterizzato in modo decisivo. Più che di lavoro fotografico si potrebbe parlare di un percorso artistico vero e proprio, maturato forse anche vivendo in maniera naturale anche il percorso della collezione e del Camusac, parte integrante dell’esperienza di vita della nostra famiglia.”

Le opere di Nagasawa sono state prodotte tutte da voi? Qualcuna entrerà a far parte della collezione del giardino?

“Sì, e ne sono molto contento. Le opere di Nagasawa sono opere maestose ed alcune pesano molte tonnellate, allestite anche grazie alla particolarità e all’apertura posteriore dello spazio. Ancora non posso anticipare niente su quale opera resterà in collezione, ma credo che saranno una o due al massimo.”

Questa è la seconda mostra della collezione e quante ne dovremmo vedere ancora per avere un’idea più unitaria?

“Una terza, per ora. Questa sarà visibile fino a settembre e poi si lavorerà al prossimo progetto.
Nel frattempo ci saranno conferenze ed incontri con l’Università, divulgate all’interno dello spazio espositivo. Per esempio il 22 maggio avremo sessanta bambini delle scuole elementari che faranno una mostra all’esterno in occasione del settantennale della distruzione e ricostruzione di Cassino, inoltre ci saranno una serie di manifestazioni dedicate al cinema e al teatro, musica jazz; tutto questo per creare delle interferenze e invogliare il pubblico ad arrivare fin qui.”

www.camusac.com

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Michela Casavola (Taranto, 1976) si laurea in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Lecce. Inizia la sua carriera lavorativa a Roma, specializzandosi in comunicazione applicata alle arti visive ed eventi culturali per poi diventare freelance seguendo progetti in Italia e all’estero. Dal 2008 è coordinatrice artistica del Centro per l’Arte Contemporanea Torrione Passari in Puglia e sceglie Berlino come dimora fissa per poter alimentare la sua continua ricerca nelle arti visive e la conoscenza delle sperimentazioni più attuali. Collabora con diverse testate giornalistiche del settore.

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