Artissima 2014 #1. Performance. Finzione, Condivisione, Convenzione

In senso storico la performance ha avuto a che fare con il potere liberatorio della finzione. Vengono messi in atto interventi sul territorio atti a far prendere coscienza di realtà non sempre connesse allo spazio, dimenticate o rimosse nel tempo. L’effetto o il disinteresse dipendono dalla condivisione.

Dagli anni ’70 a oggi la condivisione può aver assunto diverse declinazioni, strategie dichiaratamente convenzionali se non proprio di facile consenso. Nonostante il mondo e i suoi sistemi siano in parte più complessi di 45 anni fa, la condivisione è efficace quando lo spettatore e il suo mondo vengono messi a contatto e in discussione con ciò che non viene ribadito come convenzione. Solo attraverso questo ne può nascere una dialettica vivificante. È ovvio che le realtà artistiche contemporanee si interessino più ai dubbi della scienze moderne che non alla religione (che interesse infatti nel dubbio di impartire o meno la comunione ai divorziati?) e  hanno raggiunto tali livelli di complessità da raccogliere sempre più interessi dai non addetti ai lavori. È inevitabile.
D’altronde far riconfluire nell’arte proprietà essenziali alla sua presunta ontologia: forme, colori, dimensioni, può solo esser sentito come provocatorio (eppure c’è ancora molta oggettualitá o reificazione in giro). Nonostante questo, Frieze e Artissima, fiere d’arte contemporanea di tutto rilievo, rispondono in maniera coerente: inglobare nel mercato anche la performance – forma d’arte piuttosto effimera –  e creare una sezione apposita in fiera. Ancora dubbi sul potere onnipotente del mercato? Può essere un ottimo spunto per riflettere (ancora?) sui rapporti tra arte e la sua commercializzazione.

Il punto è che in questa edizione di Artissima 2014  si sono viste performance con costrutti diversi. Alcune si affidano quasi in maniera naif alla dissacrazione o allo screditamento delle pratiche di consumo di massa. (In Fiera?!) ebbene sì.
In Allure, Leah Capaldi ingaggia persone alle quali chiede di aspergersi con un’intera confezione di 200 ml del noto profumo Chanel creando un effetto di ripugnanza.
Grazie a giovani artisti italiani Marcello Maloberti in Amen-il boschetto dei giovani artisti – forma dei collage viventi o tableau vivant con richiami al bosco sacro di cipressi caro a Arnold Böcklin. Uno con un megafono annuncia: A Torino piove da Dio. La performance termina con poster di immagini di laghi montagne e ghiacciai strappati da Maloberti stesso.
Tobias Kaspar -Friends Lovers and Financiers – fa leva e confonde i rapporti di produzione coi bisogni indotti dalla moda facendo sfilare modelli minorenni con  capi di abbigliamento pervenuti ad Artissima da amici amanti e finanziatori nonché membri dello staff.
Visivamente buffo, l’intento risulta simile a una gag e il rapporto tra branding e riappropriazione – Kaspar toglie le etichette originali dei capi per apporre il suo logo KT firmando di fatto una collezione ready-made (Gianfranco Notargiacomo storico, da Mara Coccia, Roma, docet n.d.R.) – non provoca grandi sorprese né riflessioni che vadano al di la del buon senso, figlio del consenso appunto. Cadeau finale: ogni donatore riceverà una polaroid scattata dall’artista stesso con i modelli che indossano il capo da lui/lei donato…
Quasi atmosfere alla David Lynch per la performance di Italo Zuffi Dispersione, dove seguiamo le direttive impartite a un uomo che presumibilmente si trova altrove, immaginiamo lontano. Dopo aver questi descritto un proiettile da cacciatore ripieno di pietre preziose che noi stessi vediamo esposto in un espositore- sentiamo una detonazione. L’Azione avviene altrove, noi assistiamo solo alla messa in onda sonora di questa. Il pensiero va immediatamente a generiche immagini di guerra perenne per poi rimbalzare depurate da ogni fatto di cronaca grazie alla relazione estraniante creata dalle gemme invece che dal più usuale piombo. Ineffabile.
Annunciata in un non bene identificato atrio,  la performance di Giovanni Morbin – Strappi alla regola – non è facile da trovare. Dopo alcuni minuti di smarrimento un membro dello staff mi dice che la performance è lì in atto vicino a me. Lo strappo è inteso proprio come strappo al biglietto d’entrata in fiera che lo stesso Morbin produce sui biglietti dei visitatori. La regola che viene disattesa è l’originalità con cui ogni biglietto viene siglato: un foro, un segno, un timbro a secco, una piega. Codici a cui chi entra non farà certamente caso e di cui non rimarrà più traccia dopo aver cestinato queste piccole opere d’arte all’uscita. Ecco un lavoro completamente distonico rispetto alla prestazione da palcoscenico, lo stesso artista preferisce chiamare le sue azioni “comportamenti” più che performance. Il nutrimento per cui la società dello spettacolo trionfa: il facile consenso, non sembra minimamente riguardare questo lavoro interstiziale di Morbin. Non c’è riscatto nell’esperienza consolatoria o concessioni romantiche. Assente è la spettacolarizzazione di temi tanto cari e abusati in arte: Sesso, Morte, Violenza, Successo o facili partigianerie.
Nel  lavoro di Morbin ogni biglietto strappato e poi gettato richiama senza retorica un processo di produzione e consumo inconsapevole. l’impressione è quasi una tautologia à la Kosuth, dove lo stesso assunto vive di luce propria, la stessa processualità messa in atto e incondizionatamente esperita da chi entra in fiera assume vigore senza parrucchi drammatici o teatralizzanti. Altrove l’intento e il costrutto riverberano in ogni singola azione lasciando più spazio all’intrattenimento che non al pensiero. Qui il paradosso ulteriore è la galleria di riferimento (Artericambi, Verona per Morbin ) che venderà probabilmente le still dell’azione. Non si sfugge, ma si sa; siamo in fiera.

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Fabio Pinelli è laureato in semiologia dell’arte contemporanea con una tesi sulla prassi archivistica nella storia dell’arte tedesca da Aby Warburg a Gerhard Richter. Dal 2001 si occupa di visite culturali nei musei e gallerie di Roma nonché della stesura di contributi critici per periodici specializzati e alcune mostre di artisti contemporanei. Tra le più recenti: “Fuoriluogo” appuntamenti fuori dall’(h)-abitato.

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