Simona, the Gangster of art, per Troubleyn Jan Fabre. Solo Show in tour

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Santa, criminale, artista e poetessa, Simona, ladra di opere d’arte, ha una sola missione: riportare in auge l’ebbrezza della bellezza.

È lei la protagonista della nuova produzione firmata Troubleyn Jan Fabre, interpretata dalla talentuosa attrice italiana Irene Urciuoli, andata in scena con grande successo di pubblico ad Anversa lo scorso 2 dicembre, un solo show che presto arriverà in tour in Italia e che sarà recitato completamente in italiano, cosa inedita tra le produzioni del maestro fiammingo.

La scena è essenziale, come sempre sul palco di Fabre, dove stavolta domina il bianco, dalla polvere leggera che ricopre il pavimento creando nuvole candide ad ogni passo dell’attrice, all’immancabile tavolo da lavoro con cavalletti, al frammento di colonna in stile dorico al centro.

In tutto questo bianco polveroso e secco, i colori ad olio e pastello de L’Urlo di Edvard Munch rappresentano il succulento pasto nudo di Simona, che dopo aver trafugato il capolavoro dal Museo Nazionale di Oslo, ha deciso di farlo a pezzi ed ingerirlo, sottraendolo per sempre alla speculazione del sistema dell’arte.

Scaltra e inarrestabile, questa falsaria di capolavori si nutre di arte e cocaina, consegnandosi così ad una allucinazione lucida fatta di momenti di estasi intervallati ad una voragine di stanchezza.

Simona ci rivela come la grande A (arte) e la grande C (cocaina) siano legati indissolubilmente in un sistema-mercato dove il vero significato della bellezza è ormai corrotto. Per questo decide di sacrificarsi, consumando tutta la polvere bianca del mondo e mangiando pittura allo sfinimento.

Urciuoli regge la scena con grazia potente, trasformandosi in un’eroina dalle mille espressioni corporee, bella e insana, delicata e tenace.

Ideato e scritto da Jan Fabre, il brillante testo provoca anche qualche risata – amara soprattutto per chi è dentro il sistema dell’arte – e, come sempre negli spettacoli diretti dal creatore teatrale fiammingo, all’arte viene affidato il potere supremo della riconciliazione.

Simona, mentre si spoglia dei suoi gioielli taglienti al punto da arrecarle ferite e punture fastidiose, afferma:

“Il mio modesto contributo è rompere con il nostro egoismo economico criminale. Farò in modo che il potenziale di investimento dell’arte venga lentamente ma inesorabilmente distrutto in modo che il valore intrinseco dell’arte, i poteri curativi e spirituali della bellezza, abbiano di nuovo una possibilità.”

Al ritmo delle musiche di Alma Auer, che consolida la sua collaborazione con Fabre dopo Peak Mytikas, e con la preziosa drammaturgia di Miet Martens, lo spettacolo celebra l’anarchia dell’amore e dell’arte, incarnate nella figura della gangster donna.

Irene Urciuoli, nei panni bianchi di Simona, divora morso dopo morso il quadro-icona del dramma esistenziale umano. Munch riuscì ad esprimere l’agonia spirituale in una sola immagine, attraverso una pittura curvilinea e deformante che possiede quel potere curativo, e Simona ce lo ricorda con tutta la sua ingorda disperazione.

Tra forze creative e distruttive il personaggio (e con lei il pubblico) ritrova la purezza del capolavoro, ripristinando uno dei più essenziali doveri dell’umanità: lottare per il potere della bellezza.

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Si è laureata in Storia dell'arte e ha conseguito un master in Comunicazione multimediale per l'arte presso l'Università degli Studi di Firenze.
Come curatrice indipendente ha realizzato progetti presso istituzioni pubbliche e private in Italia e all'estero.
Da anni scrive d'arte contemporanea per riviste specializzate ed editori d'arte, per cui ha curato anche diverse pubblicazioni monografiche e di mostre.
Da sempre interessata alla contaminazione dei linguaggi, realizza documentari d'arte per canali televisivi italiani.

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