La funzione dell’arte nell’era dello spettacolo globale

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Nel panorama odierno dell’arte contemporanea si manifesta una metamorfosi del concetto di spettacolo che si dipana non solo tra i confini fisici delle mostre e delle gallerie, ma permea anche le sfere virtuali dei mezzi di comunicazione di massa e delle piattaforme digitali.

In tale contesto, l’arte stessa è soggetta a una mercificazione pervasiva, spesso relegando la sua essenza creativa e concettuale in favore di un’attenzione volubile e sensazionalistica.

In tempi non sospetti il celebre pensatore ed artista Guy Debord ci aveva messo in guardia contro il potere dello spettacolo, un rapporto sociale e culturale tra individui mediato da immagini vuote e figlie del consumismo di massa, una sorta di assoggettamento psicologico in cui ogni individuo è isolato dagli altri ed assiste passivamente ad un monologo elogiativo dello spettacolo stesso.

immagine per Alfredo Jaar, I Can’t Go On. I’ll Go On, 2016, neon, 100 cm x 100 cm.-ph. c. Yorkshire Sculpture Park, West Bretton and the artist, New York
Alfredo Jaar, I Can’t Go On. I’ll Go On, 2016, neon, 100 cm x 100 cm.-ph. c. Yorkshire Sculpture Park, West Bretton and the artist, New York

Ma andiamo per gradi ed analizziamo in cosa consiste questo spettacolo.

Ovviamente, per spettacolo intendiamo riassumere in questa sede il sistema dell’arte contemporanea italiano e tra i protagonisti oltre le istituzioni, figurano anche i curatori d’arte. Il curatore d’arte, figura centrale in questo scenario, oscilla tra il ruolo di custode del significato e mediatore tra opera e spettatore, e quello di attore di un sistema che privilegia la fruizione passeggera e il conformismo estetico.

La società contemporanea, dominata da un’incessante ricerca di stimoli sensoriali e superficiali gratificazioni, sembra aver abbracciato una cultura dell’apparire, dove l’arte è ridotta a mero accessorio di consumo e l’esperienza estetica si dissolve nel frastuono dell’evento mondano e mediatico.

L’opera d’arte, un tempo padrona assoluta della manifestazione creativa dell’uomo è divenuta un accessorio, un semplice orpello schiavo di estetiche e stilemi propri di un minimalismo banale e di un concettuale svuotato da ogni minimo concetto. Eppure l’opera è un accessorio indispensabile, poiché senza di essa l’artista non esisterebbe ed il curatore non potrebbe organizzare il suo progetto espositivo.

L’opera e l’artista o per meglio dire l’artista è l’opera dato che quest’ultima nella sua flebile natura, viene inevitabilmente sommersa dalla presenza ingombrante di artisti pseudo-rockstar che incessantemente appaiono sulle copertine dei magazine d’arte e puntualmente vincono i premi artistici con il loro curriculum od il loro nome.

L’opera non partecipa nemmeno ad un’ipotetica mostra, la sua funzione è solo quella di oggetto che deve essere interpretato da un curatore il quale, a sua volta (finalmente), realizza l’opera vera e propria mediante il famigerato testo esegetico. Generalmente nel testo curatoriale non vi è traccia della forma dell’opera, dei suoi colori o della sua presenza nello spazio ma è tutto un fiorir di accezioni contorte ed estrose che ammantano di mistero e coprono di affascinanti simboli le suddette insulse creature, le quali hanno così un estremo bisogno del critico/curatore per reclamare il loro diritto all’esistenza.

In questo la società dello spettacolo dell’arte compie il suo più efferato delitto, esaltando l’appiattimento culturale e svilendo il prodotto creativo della mente umana.

Tuttavia, sotto la superficie di questa spettacolarizzazione dilagante, si delineano contorni di una resistenza intellettuale e creativa, incarnata da artisti e pensatori che sfidano il conformismo e la mercificazione dell’arte, aspirando a una rinascita della riflessione critica e dell’autenticità espressiva.

La ricerca di nuove vie di espressione artistica e di una fruizione più consapevole e partecipativa dell’arte emerge come un’urgenza filosofica e culturale, che chiama in causa non solo gli attori del mondo dell’arte, ma anche il pubblico stesso, invitato a una riflessione critica sul proprio ruolo e sulla propria responsabilità nel definire il destino dell’arte contemporanea. È da questo punto che la critica d’arte si configura non solo come un’analisi estetica delle opere, ma come una testimonianza dell’importanza vitale dell’arte nel dibattito culturale e sociale del nostro tempo.

Essa solleva domande essenziali sulla natura e la funzione dell’arte nell’era dello spettacolo globale, e invita a una riflessione profonda sul significato e sulla portata dell’esperienza estetica nell’epoca contemporanea. Se guardiamo attentamente la storia dell’arte scopriamo che ogni grande movimento artistico è nato per sovvertire uno status preesistente e sinceramente i tempi sono maturi per una nuova rivoluzione. Staremo a vedere se la scrivente, come altri suoi colleghi, farà parte del cambiamento o da esso sarà cambiata.

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Micol Di Veroli (Roma, 1976) è storico dell'arte, critico e curatore indipendente. È membro dell'AICA - Associazione Internazionale dei critici d'arte. Dal 2010 è curatore della Glocal Project Consulting e collabora con diversi musei internazionali realizzando progetti volti a promuovere e a sostenere l'arte italiana all'estero.

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