La Grande Guerra fu un evento traumatico e drammatico, la prima guerra di portata mondiale, in cui l’uso sistematico di armi automatiche e chimiche per la prima volta scardinò il senso di sicurezza e il potere dell’uomo sulle proprie invenzioni.
Ma fu anche la prima volta in cui le donne poterono uscire dalle case, in cui vennero assunte come infermiere in guerra, come operai nelle fabbriche, e in ogni tipo di lavoro.
Vera appartiene alla media borghesia inglese: nata alla fine dell’800, viene educata in casa, come si conviene a una ragazza di buona famiglia destinata al matrimonio. Con la sua intraprendenza, la sua vivace intelligenza e la sua caparbietà, riesce a ottenere di arrivare a Oxford, dove le viene assegnata una borsa di studio nel più prestigioso college femminile dell’Università. Ma siamo ormai nel 1913, l’Europa è scossa dai venti terribili di guerra, la Gran Bretagna entra in guerra alleata con la Francia. Vera, fidanzata da pochissimo con Roland, affascinante, misterioso, colto, decide di mettersi a disposizione del Ministero della difesa e diventa infermiera volontaria (V.A.D). Lei, viziata e abituata ai domestici, studiosa di letteratura, e giovanissima, viene messa a cambiare fasciature e padelle, con un lavoro massacrante che dura dalle 10 alle 12 ore di lavoro giornaliere.
Nel frattempo tutto crolla intorno a lei: la meglio gioventù inglese, amici e parenti, muore sotto il fuoco nemico, l’intera Europa è devastata dalla guerra, il mondo ordinato, pulito, classista non esisterà più.
Finisce la guerra, Vera ritorna a Oxford ma non è più la stessa. Con una acuta analisi e profondità di pensiero, la scrittrice si analizza, guarda il mondo intorno a sé, studia i cambiamenti sociali e politici.
La storia personale si intreccia profondamente con la storia mondiale: uscita da Oxford, la Brittain diventa corrispondente per la Società delle Nazioni, gira l’Europa post bellica, avvertendo l’esigenza di una matura ricerca verso il pacifismo da parte di tutti i politici.
Il testo ci riporta a una dimensione narrativa quasi ottocentesca, per l’approfondimento dei sentimenti e delle situazioni raccontate. Ma la forza che vi traspare, il coraggio di certi giudizi sulla guerra e sui governi europei è proprio dell’indignazione novecentesca.
Un bellissimo e intenso romanzo, dove al pudore si accompagna una grandissima forza di volontà e un coraggio inusuale.
C’è un però, a mio avviso.
Generazione perduta, così viene tradotto il capolavoro di Vera Brittain, Testament of Youth, da parte dell’editore Giunti, che ha sicuramente il pregio di avere fatto tradurre questo appassionante libro, ma che con questo discutibile titolo cavalca solo l’emotività e non rispetta affatto il pudore inglese, ben presente nel titolo e in tutto il libro. Il pudore è caratteristica principe del popolo inglese, che non ama sbandierare sentimenti e sensazioni, che prima di dichiararsi innamorato elucubra con ironia e si interroga a lungo. I protagonisti principali di questo libro si fidanzano senza mai sfiorarsi, non vengono raccontate scene di approcci fisici quasi di nessun tipo (forse uno sfiorarsi delle mani in una lunga passeggiata romantica?). Quindi disapprovo totalmente anche la scelta della copertina, che commercializza e ipotizza nel lettore scene che non incontrerà nel testo.
Generazione Perduta
Autore: Vera Brittain
Traduzione di Marianna D’Ezio
Giunti Editore
Angela Catrani vive a Bologna e si occupa di libri da quando aveva sei anni. Alla classica domanda su quale lavoro avrebbe fatto da grande rispose che avrebbe lavorato con i libri. Tutti pensarono al mestiere (meraviglioso) di libraia, solo sua madre pensò al mestiere di editor e in un qualche modo, con qualche parentesi per mettere al mondo due figli, a fare l'editor Angela ci è arrivata. Lavora per la Cooperativa sociale Il Mosaico, che tra le altre sue attività produce libri per bambini per conto di Bacchilega editore di Imola.
Gentile Angela,
la ringrazio per la recensione che ha fatto al libro di Vera Brittain da noi pubblicato. Riguardo alla nostra traduzione del titolo vorrei spiegarle la nostra scelta. Innanzitutto, premetto che ci siamo trovati in difficoltà, perché il titolo – seppur intuibile in inglese – non si presta a una traduzione letterale italiana. Per questo abbiamo deciso di lasciare in copertina anche il titolo originale.
L’espressione “Generazione perduta”, che abbiamo scelto come titolo italiano, è stata usata in inglese e francese (“Lost Generation” e “Génération perdue”) nel primo dopoguerra da intellettuali e scrittori come Hemingway e Gertrude Stein per indicare quella generazione che ha preso parte alla prima guerra mondiale: non l’abbiamo inventata noi, ma ci sembrava descrivesse bene la generazione di cui Vera Brittain racconta la storia.
Circa le immagini di copertina, sono prese dal film tratto dal libro, che è uscito in Inghilterra e che speriamo venga distribuito anche in Italia.
Ci tenevo a spiegarle le nostre ragioni, visto con quanta cura e attenzione ha letto il libro.
Un saluto.
Roberto De Meo
Responsabile Editoriale
Varia Adulti
Giunti Editore
Gentile Dottor De Meo,
La ringrazio per la spiegazione accurata. Non avevo visto la locandina del film inglese! Mi spiego tutto e mi rimangio ciò che ho scritto… A questo punto spero che il film non tradisca il libro!
Per il titolo, certo, mi ero immaginata una difficoltà a tradurre in maniera immediatamente comprensibile l’originale inglese, anche se “Generazione perduta” come la usa Hemingway ha a mio avviso un senso più di scherno, di sconfitta verso chi è sopravvissuto, mentre il libro di Brittain ha un senso di desolazione pesante, opprimente e definitivo, come il termine Testament lascia intuire.
Un cordiale saluto
Angela Catrani
Buongiorno
Concordo con lei per il titolo italiano che odora di pessimismo nonostante gli illustri inventori. Quelle generazioni che hanno vissuto la prima guerra mondiali non sono né perdute, né dimenticate tant’è che le loro testimonianze ci commuovono ancora. Ma di permetto di consigliarle un po di indulgenza verso un editore che ripubblica un testo del 1933 ed utilizza una foto comunque casta.
L’importante per me è che qualche giovane legga senza fretta pagine così intense, così umane, così piene di speranza. Infatti la mia piacevole sorpresa è stata che non si tratta di un racconto pessimista. Cordiali Saluti. Domenico Cogo
Gentile Domenico,
La ringrazio molto. Il libro non è pessimista, è vero. Finisce con pagine bellissime aperte al futuro, per fortuna.
Sa però una cosa? Io non credo che il lettore debba indulgenza a un editore, soprattutto a un grosso editore come Giunti. Il libro è uscito sulla spinta del film inglese che forse passerà presto anche in Italia, quindi possiamo dichiarare che sia una operazione commerciale (nulla di male, ci mancherebbe). La nostra fortuna è che il libro è davvero molto bello. Ma bisogna anche essere onesti con i lettori, soprattutto i più giovani. La copertina rimanda alla locandina del film, che sicuramente sarà diverso dal libro e questa diversità inganna il lettore, che penserà di stare per leggere un libro d’amore e si troverà a leggere pagine piene di sofferenza, dove di sensualità non c’è traccia. È questo che critico. A volte bisognerebbe riuscire ad allontanare il marketing da un libro e fidarsi della forza del libro stesso.
Angela Catrani
Buona Sera. Intanto Auguri di Buon Anno e grazie per la risposta. Nei giorni scorsi parlando con altri del libro è emerso che Vera ha composto il romanzo non subito dopo la guerra, ma dopo una dozzina d’anni. Ha padroneggiato ricordi e sentimenti, tanto da chiudere in bellezza sia il romanzo che aprire positivamente un nuovo ciclo vitale. Lei ritiene: per fortuna! Ma forse si tratta di qualcosa di più alto e per nulla fortuito. In fin dei conti viene narrata una catarsi completa. Che ne pensa? Cordialmente. Domenico
Gentile Domenico,
Grazie a lei e Buon Anno!
Entriamo in un campo molto personale: se sia per un caso o per un disegno divino, non lo possiamo sapere. Abbiamo però la fortuna di poter leggere le riflessioni della scrittrice sulla sua vita dopo i violenti drammi personali.
Parla di catarsi, mi chiedo: perché? Io leggo un ritorno alla vita, all’amore, alla speranza.
Il termine catarsi si riferisce a una purificazione dopo un peccato che si è espiato, non mi pare certo questo il caso di Vera.
Con simpatia
Angela Catrani