Giorgio Griffa e l’intelligenza della pittura

La poesia ha bisogno della ragione. Essa ci accompagna sino ai suoi confini e al di là di essi, ma arrivata qui non è più sola. Se continuiamo ad affidarci a lei sola il sovrappiù si dissolve, come si dissolve Euridice quando Orfeo girandosi compie il gesto razionale della verifica. 

Giorgio Griffa

 

Eleganti e essenziali, le opere di Giorgio Griffa ( (Torino, 29 marzo 1936) offrono al nostro sguardo strisce colorate, sequenze numeriche, preziosi arabeschi. Un minimalismo caldo e sensuale, declinato su tela grezza o su carta, simile a una melodia, a un ritmo, a un verso poetico. Un lirismo tutto giocato sui mezzi toni che sembra immutabile sin dagli esordi dell’artista negli anni ’60. A distanza di decenni, non possiamo che applaudire al rinnovato interesse, da parte di curatori e fondazioni, per questo artista torinese tanto coerente e originale.

Frutto di un intenso lavoro del curatore Andrea Bellini, indimenticato direttore del Castello di Rivoli e oggi a capo del Centre d’Art Contemporain di Ginevra, la terza tappa di questo vasto progetto curatoriale dedicato all’artista, dopo Ginevra e Bergen e prima di Oporto, è giunto alla Fondazione Giuliani di Roma che presenta, dell’immenso corpus di Griffa, le opere su carta, raramente viste dal pubblico.

Come nelle opere pittoriche, spesso maggiori solo per dimensione, anche in quelle su carta ritroviamo quella costante ricerca di linearità con cui l’artista ci invita alla scoperta della memoria interna della pittura e delle stratificazioni dei significati che si celano nei segni.

Un’arte, la sua, che considera in modo sospetto e limitativo l’ispirazione, tesa com’è a concepire il gesto pittorico come forma di conoscenza razionale che si nutre di quello che la scienza ha da offrirci per la comprensione del nostro tempo.

È uno stare accanto alla scienza e, al tempo stesso, un recupero artigianale della pittura e del disegno tradizionali come «portatori sani» di una memoria stratificata che permette a Griffa di arrestarsi sulla soglia del segno e lasciare che sia il segno a raccontare una storia fatta di gesti, di numeri, di simboli aperti, di lingue scritte e sonore. L’artista non rappresenta, mette la propria mano al servizio dell’intelligenza della pittura mescolando parole, suoni, pittura e musica, e traducendoli in un flusso visivo continuo, in un romanzo formato da infiniti capitoli che si richiamano attraverso il tempo e cha hanno come unico e costante tema l’arte totale della pittura in una quotidiana riflessione su se stessa.

E la fascinazione di Griffa per il Numero o Canone Aureo, fissato da Euclide, è emblematica: un piccolo numero che fissa un concetto immenso e che procede nel tempo, ma non nello spazio, riducendosi in frazioni sempre più piccole. Quale la sua destinazione? E quella dell’arte?

Orfeo scende nell’Ade alla ricerca della sua parte femminile, direi la creatività. Entra fisicamente nell’ignoto, ed è ciò che fanno le arti di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Sentire il sapore, il profumo del tutto. L’indicibile. Il sovrappiù. E così mi affido ai segni nudi del pennello.

 

Info mostra

  • Giorgio Griffa. Works on Paper
  • Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea
  • Via Gustavo Bianchi 1, Roma
  • prorogata fino al 23 aprile 2016
  • www.fondazionegiuliani.org
  • Catalogo Mousse Publishing
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Nato a Torino nel 1964, dopo gli studi musicali (pianoforte) e dopo la scuola per interpreti e traduttori, dal 1984 ha intrapreso una lunga carriera in campo editoriale che lo ha portato a collaborare con molte case editrici torinesi (EGA, Seb 27, Ananke, Edizioni Sonda, Utet) in qualità di traduttore e editor. Del 1989 escono le prime traduzioni dal francese da Voltaire (per i tipi di Seb 27) e articoli e traduzioni di semiologia (per la rivista universitaria Quaderni di semiotica). Contemporaneamente è stato coinvolto nella ricerca di nuove modalità della comunicazione nell’ambito della mostra Progetto Sonda, curata dal Centro di Ricerche Semeion di Roma, occupandosi di analisi linguistica e testuale e seguendo i corsi di perfezionamento sul modello Mac P (Modello Attanziale Cognitivo-Paradigmatico). Organizzatore culturale è stato responsabile dell’ufficio stampa e dei rapporti con l’estero della casa editrice Ananke dove ha curato in particolare le collane di Filosofia e Psicologia (testi di Friedrich Nietzsche, Stefano Zecchi, Olivier Abel, Simone Sausse-Korff) e ha tradotto il saggio di studi culturali di Bran Nicol Stalking, quando la passione diventa ossessione e, per le Edizioni Sonda, il Dizionario Madre/Figlia degli psicologi Joseph e Caroline Messinger. Dal 2010 è iniziato l’impegno di organizzatore e curatore di mostre di arte contemporanea presso la Pow Gallery di Torino. Attivo anche in ambito giornalistico si è occupato di cinema e di musica prima di diventare, nel 2010, responsabile della redazione romana del “Corriere dell’Arte” e autore di centinaia di articoli dedicati all’arte contemporanea e alla scena artistica torinese e romana.

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