Ambiguità lunari e bisessuali di Romaine Brooks

Approfittate della proroga al 1 maggio per visitare a Venezia la bella mostra dedicata all’arte (pittorica e fotografica) di Romaine Brooks a Palazzo Fortuny, perché non ne resterete delusi.

Si tratta della prima mostra in Italia dedicata alla talentuosa artista Beatrice Romaine Goddard, moglie del pianista Ellington Brooks, che in realtà era nata a Roma nel 1874 da genitori americani. Ed è una fortuna che Jerome Merceron e Daniela Ferretti abbiano convinto la collezionista francese Lucile Audouy a prestare all’esposizione molte opere, ancora sconosciute al pubblico, di questa artista.

Romaine (omaggio evidente ai suoi natali italiani) per i tempi è stata una donna di straordinario coraggio e originalità, che ha saputo coniugare, con intelligenza e determinazione, la sua vicenda umana e artistica, costellata di relazioni amorose importanti, come quelle con Gabriele D’Annunzio e la ballerina Ida Rubenstein, anche se Romaine rimase legata sentimentalmente, per mezzo secolo, alla scrittrice lesbica e femminista Natalie Clifford Barney.

La Brooks stilisticamente appartiene alla rive gauche parigina degli Anni Venti, corrente in cui traspaiono influenze Art Noveau e decadentiste, che la pittrice personalizza utilizzando cromie essenzialmente basate su sfumature di grigi e di rosa.  Questo rigore che le valse l’appellativo di “Cinerina” si stempera, con sapiente fluidità ed eleganza, in luminosità pallide e lunari, capaci di reinterpretare in maniera suggestiva e raffinata i ritratti di personalità celebri (e per questo iconograficamente abusate) come quelle di Jean Cocteau, di D’Annunzio, della marchesa Casati e della pianista Renata Borgatti.

Il colore, dai toni sempre freddi e raffinati, compare qua e là negli sfondi monocromi e nei dettagli, come nello splendido La Primavera che la mostra veneziana mette ben in risalto.

Nel più significativo dei suoi autoritratti (purtroppo non presente) la Brooks è vestita da amazzone, con una giacca da equitazione, guanti e cappello e si dipinge con toni di grigio abbastanza piatti, palette tenui e linee nere marcate, in modo da far risaltare il rosso della croce della Legion d’Onore che ha appuntata alla giacca e che le fu conferita per i suoi sforzi nella raccolta fondi per la Croce Rossa.

Questo dipinto appartiene ad un periodo in cui gli abiti maschili erano ancora rappresentazione del potere politico e sociale. Il vestito che la Brooks si disegna è l’opposto di quello che veniva considerato il normale abito di una donna del 1920, arrivando addirittura ad inclinare il cappello, in modo che il suo sguardo non fosse immediatamente indicativo di un’appartenenza al genere femminile.

A partire dagli anni Ottanta, l’artista ha goduto di un certo revival, in linea con la riscoperta dell’arte figurativa e della fotografia, soprattutto legata alle figure femminili: le sue opere raffigurano donne, amici ed amanti, talvolta in nudità eteree e asessuate, ma sempre dotate di notevole pregnanza psicologica, atta ad esaltarne soprattutto le valenze lesbiche o bisessuali. Le somiglianze e le influenze – indubbiamente presenti – con l’icona pittorica americana di J. A. Whistler, nonché la sua arte anticonformista e non allineata ai canoni del Modernismo, hanno fatto sì che i giudizi sull’opera della Brooks fossero riduttivi e non sempre favorevoli. Più che al contesto queer/femministico con cui la pittrice è stata rivalutata negli ultimi tempi, personalmente la terrei in considerazione per la sua raffinata capacità nella rappresentazione figurativa, attraverso suggestioni lunari e decadentiste.

Ben venga dunque un’esposizione come quella veneziana a Palazzo Fortuny, che ci permette di apprezzare l’impegno conservativo del mecenate Mariano Fortuny, che lo acquistò all’inizio del XX secolo per farne il proprio atelier. Dopo la sua morte, la moglie Henriette donò, al Comune di Venezia, il palazzo, che ancora ben conservava i tessuti e le collezioni di Mariano: uomo eclettico che si occupò di fotografia, scenografia e scenotecnica, creazioni tessili e pittura e che salvò l’allora Palazzo Pesaro-Orfei dalla fatiscenza in cui stava inesorabilmente scivolando.

 

Info mostra

  • ROMAINE BROOKS Dipinti, disegni, fotografie
  • dal 19 dicembre 2015 al 13 marzo 2016 / prorogata al 1 maggio 2016
  • Palazzo Fortuny,Venezia
  • Progetto di Daniela Ferretti
  • a cura di Jérôme Merceron

Si veda anche, su questo webmagazine: http://www.artapartofculture.net/2016/03/22/il-genio-leleganza-la-follia-le-donne-di-palazzo-fortuny/

 

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Studia Giurisprudenza e si diploma in Criminologia Generale. Collabora con quotidiani, riviste e portali pubblicando numerosi articoli per riviste come Mystero,Giornale dei Misteri, FENIX e X-TIMES. Come soggettista e sceneggiatore esordisce con fumetti storici e poi con il pluripremiato film di Carmine Amoroso “COVER BOY” con Luca Lionello, Chiara Caselli e Luciana Littizzetto. Ha pubblicato la piece teatrale "E.A. POE: IL TEATRO DELLA FOLLIA" e con S. Ratti il romanzo epico/fantasy “GILGAMESH: due parti dagli dei e una dall’uomo”, Zona editrice. Come copywriter e art-director della 7Hart di Milano, ha realizzato il pre-quel a fumetti dell'horror film "SHADOW", diretto da Federico Zampaglione e “IL MANUALE DEL CACCIATORE DI FANTASMI”, Mursia editore.

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