Residenza in un giardino, microcosmo per un confronto con l’arte e con l’essere umano. Intervista a Giuseppe Arnesano

immagine per Giuseppe Arnesano
giardinoproject, Giuseppe Amedo Arnesano ph Grazia Amelia Bellitta

giardino project è un progetto organizzato in un… giardino privato di una casa nell’ex complesso Piano Edilizia Economica Popolare anni ‘80 di Trepuzzi, vicino Lecce; qui il curatore abita e ha pensato bene di proporre  una piccola e breve residenza di tre giorni per artisti e curatori: si inizia il 31 luglio con Stefano Giuri, artista e fondatore di Toast project space a Firenze e si prosegue del 9 agosto con Caterina Molteni, assistente curatore del Mambo di Bologna.
Giuseppe Arnesano – Storico dell’arte, giornalista e curatore indipendente, con collaborazioni con la Fondazione Morra – Napoli e la Fondazione Torino Musei – ha ideato questo format che sembra frutto di vera resilienza – pandemia, confinamento, arresto delle attività produttive e culturali, fasi di ripristino di qualche normalità, ripartenza – che guarda a iniziative a misura d’uomo e di profonda intensità, anche umana; così, ha attivato una sorta di “strumento relazionale di indagine critica e politica nella cultura contemporanea.”

“Il concept riguarda la dimensione spazio temporale del giardino, percepita durante l’arco di un’intera giornata scandita dal canto e dall’operosità degli uccelli. Il riferimento al microcosmo interessa un campo di indagine che comprende arte, scienza e natura e si inserisce in maniera geopolitica e trasversale, in una riflessione condivisa sulle dinamiche e le caratteristiche che regolano il nostro antropocene. Nell’immaginario comune il giardino rappresenta per l’uomo un’esigenza, uno spazio fisico e mentale dove svolgere molteplici attività legate non solo all’interesse produttivo della terra, ma anche a quello topiario, botanico, paesaggistico, medico, architettonico, contemplativo, mistico, artificiale, filosofico, evasivo, estetico e artistico. Nel suo insieme il giardino è un microcosmo complesso carico di significati simbolici, magici, culturali e religiosi. giardino project nasce dall’idea di restituire, a partire dalle realtà artistiche e culturali del territorio pugliese, una visione interdisciplinare del sistema dell’arte contemporanea, un processo reso possibile grazie ai contributi delle personalità invitate.”

Con Arnesano ci confrontiamo per sapere di più di questa sua iniziativa ma anche di quella che, alla luce del sommovimento provocato dal Covid-19, è una sua visione di arte e di domani.

Cosa è esattamente questa iniziativa e da quale necessità curatoriale nasce

“Giardino project è prima di tutto un momento di condivisione che guarda alle arti visive e al sistema del contemporaneo da una prospettiva domestica e decentrata. Pensando in un’ottica curatoriale sono legato a un tipo di linguaggio che guarda al dato relazionale, partendo sicuramente dall’esperienza e dagli insegnamenti di Nicolas Bourriaud. La mia è una necessità che nasce dalla voglia di indagare lo spazio e ricercare quelle espressioni primigenie che esaltano l’operosità artistica.
Riparto da un paese di provincia perché mi piacerebbe innescare un dialogo comunitario, che possa collegare Trepuzzi, che poi è casa, alle dinamiche contemporanee di Puglia.”   

Perché hai organizzato proprio una Residenza, e non una Mostra, un convegno etc.? Cosa ha di meglio una Residenza?

Primo perché lo spazio fisicamente non permette delle soluzioni espositive a breve o lunga durata, poi perché mi piace ripensare a quell’idea del giardino epicureo, come luogo dedicato alla parola e al pensiero e al giardino di San Marco a Firenze come luogo del fare. Ovviamente le mie sono solo delle suggestioni che cerco di riadattare in chiave contemporanea e in quasi centro metri quadrati di giardino. Una sfida difficilissima, ma ci provo! La residenza restituisce una dimensione esperienziale e un valore umano senza pari e visto che le passerelle del mondo dell’arte non brillano per sincerità e il periodo attuale è quello è, senza dubbio è meglio investire nelle connessioni umane.

Quali problemi in più hai riscontrato nell’organizzare tutto, dovendo rispettare le norme antivirus? Cosa di (eventualmente) diverso e migliore?

In questa occasione ci sono dei limiti ed entrambe le serate sono organizzate su prenotazione con un massimo di 25 persone, e questo è poco piacevole per un piccolo evento. Poi se parliamo di grandi musei e mostre non ti nascondo che l’ingresso scaglionato per pochi visitatori alla volta è veramente un’occasione rara e da vivere a pieno. Le opere d’arte hanno bisogno di attenzione, tempo e tranquillità il museo non è un supermercato e le iniziative tipo la notte dei musei sono delle operazioni pericolosissime. Pensa che qualche anno fa ho partecipato come organizzatore allo slow art day che si tenne alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, un’esperienza veramente intensa.

Che cosa credi possa portare alla ricerca e fruizione dell’arte una dimensione più intima, minima, quasi domestica (in effetti lo è!) oggi, in tempi proprio di raccoglimento, pur se forzato, obbligato dalla pandemia?

Credo che da questo periodo si possano raccogliere i frutti migliori, mi auguro che questa pandemia nella disgrazia abbia portato della consapevolezza maggiore su tutto ciò che ci circonda. Ripartire dalla dimensione domestica per ragionare concretamente sull’entità di un processo, in questo artistico, vuol dire vivere, comprendere e fare parte di quell’azione che resterà comunque un’esperienza intima.

Come supponi abbia segnato l’emergenza Covid – con tutto ciò che ha portato di nefasto, ma anche di diverso – la produzione artistica, la pratica critica e curatoriale e, allargando il discorso, il nostro presente e la visione del futuro? Cosa ha tolto? Cosa ha portato? Cosa pensi ci abbia insegnato e cosa dovremmo non perdere da tale accidente?

L’augurio più grande quello di riuscire ad avere maggiore cura del nostro presente, in mondo da arrivare sani e salvi a un prossimo futuro. Purtroppo i tempi della politica non coincidono con i ritmi della vita reale e questo porta tutt’oggi grossi disagi a livello sociale e culturale. Le buone intenzioni non bastano più, occorre agire e in fretta tutelando prima di tutto i più deboli.

Come hai scelto gli invitati, quali apporti diversi da altri ipotizzi porteranno al progetto che altri non avrebbero, o che in altri format simili potrebbe mancare?

Seguo con attenzione le vicende del panorama nazionale e soprattutto le operazioni degli artisti emergenti e dei giovani curatori. Nel volume 0 di giardino project avevo pensato di ragionare su un doppio binario che riguardasse sia la dimensione spaziale, con un intervento artistico, che quella esperienziale basata sul racconto di altri modelli curatoriali.
Quest’anno sono stato a Firenze più volte e ho avuto modo di conoscere da vicino l’opera di Stefano Giuri che confluisce anche nella vulcanica attività di Toast project space. Qualche mese fa mentre ero di passaggio a Bologna ho incontrato Caterina Molteni che mi accennava tra le altre cose dell’esperienza di Bagni d’aria. Il confronto avuto con loro nei periodi passati è stato fondamentale e questo mi ha aiutato a definire sempre di più la linea editoriale di giardino project. Ne approfitto per ringraziare Caterina e Stefano e aver creduto fin da subito nel mio progetto.”

Puoi darmi una definizione di Arte considerando anche e proprio il sommovimento da pandemia?

E’ una domanda complicata e non credo che ci sia una definizione organica di Arte, ma senza dubbio condivido pienamente la natura del celebre aforisma al neon di Maurizio Nannucci All art has been contermporary.

Perfetta risposta! E ora un’altra dopmanda complicata…: qual è una tua visione del futuro? Cosa ti auguri che avvenga nel mondo dell’arte, nel suo Sistema, e cosa più in generale nel nostro vivere quotidiano e in relazione all’Ambiente?

Mi auguro tutele, garanzie e riconoscimenti dallo Stato nei confronti degli artisti e degli addetti ai lavori che operano nel sistema dell’arte. Niente più lavori in nero o paghe miserevoli. Spero che i galleristi e i collezionisti inizino a guardare all’Italia con maggiore interesse per gli artisti emergenti. La quarantena ci ha insegnato che se vogliamo, possiamo ridurre fortemente le pene nei confronti del pianeta, salvaguardando l’ambiente e rispettando gli animali. Abbiamo i mezzi e gli strumenti per bilanciare e dosare le energie per un futuro migliore, sfruttando ancora un po’ di tempo che ci è stato concesso per rimetterci in riga.

Per finire, prima di salutarci, ti chiedo: quali sono i tuoi progetti futuri più imminenti?

Nell’immediato pensando a Settembre c’è in programma di realizzare una pubblicazione cartacea di Volume 0 con gli interventi di Caterina Molteni e Stefano Giuri.

www.giardinoproject.com

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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