La parola al Teatro #98. Graces. L’ironia di Silvia Gribaudi sugli stereotipi della danza

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L’arte è una forma di libertà, anche se per la danza l’altra faccia della medaglia è spesso ingabbiata negli stereotipi: misure perfette e corpi proporzionati, carriere che iniziano e terminano troppo presto solo per portare sul palcoscenico l’ideale della giovinezza e, in molti casi i ballerini sono vittime di disturbi alimentari.
Silvia Gribaudi, coreografa, drammaturga e danzatrice, ha invece creato lo spettacolo Graces per proporre al pubblico del Teatro Sociale di Como una danza autentica, vera e soprattutto libera, in cui sovvertire i canoni di bellezza.

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Silvia Gribaudi, Graces

L’opera è ispirata alle Tre Grazie di Canova, ma i performer non sono tre fanciulle, bensì degli uomini.
Già, perché mai la grazia dovrebbe incarnarsi solo in corpi femminili? Le fattezze di Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo però sono lontanissime dalla perfezione di Roberto Bolle: sono uomini magri o rotondetti, non depilati e non più giovanissimi. Sono uomini veri, eppure danzano come angeli.
Perché sottintende l’opera coreografica, tutti possono diventare ballerini, non soltanto coloro che hanno un fisico da fotomodello.

Silvia Gribaudi, infatti, riesce a fare una magia: li trasforma in statue perfette, in icone di bellezza incastonate in una splendida scena di nudo che si gioca tra luci, ombre e l’ironia.
I tre maschi sono capitanati sul palcoscenico dall’autrice, leader simpatica, autoironica e carismatica. Anche il suo corpo non è conforme ai canoni di bellezza occidentali, perché è piuttosto morbido e androgino, eppure lei conquista il pubblico con la sua danza giocosa, comica, allegra, unica e travolgente comunicando al pubblico quale sia la vera bellezza.

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Silvia Gribaudi, Graces

Non aspettatevi, però, uno show di danza tradizionale. Innanzitutto perché sono presenti anche momenti di recitazione, sia da parte della danzatrice protagonista sia delle sue Grazie.

Le parole, più alluse ed evocate che effettivamente pronunciate, hanno effetti comici, ironici e autoironici. Lo spettacolo ha un sapore leggero, scanzonato e scherzoso.
Gli interpreti dialogano con il pubblico coinvolgendolo attivamente e comunicando sia in italiano sia in perfetto ed esilarante British English.

Il messaggio urlato dal palcoscenico è il medesimo che viene trasmesso con i movimenti di danza: “siamo tutti meravigliosi”.

Tanto che la danza si trasforma in mimo e in gag da cabaret, pur lasciando sempre il corpo al centro del palcoscenico, per affermare che il ballo non significa solo perfezione, ma anche risate, dialogo, comunicazione, scherzo, allegria, voglia di vivere e lotta contro gli stereotipi.

L’opera si interroga inoltre su cosa sia necessario per creare una performance di danza. A Silvia Gribaudi sono sufficienti le pulsazioni di un battito cardiaco e un movimento ripetitivo, talvolta soltanto quest’ultimo.

Danza è vita, movimento, dinamismo, sicuramente non regole. Per ballare si può anche soltanto spruzzare dell’acqua per terra e scivolare sulla superficie del palcoscenico. Dimenticatevi i balletti tradizionali e aspettatevi l’inaspettato.

 

La coreografa definisce se stessa “artista del corpo”, in quanto il suo desiderio è quello di trasformare in modo positivo le imperfezioni elevandole a forma d’arte, con una comicità diretta, crudele ed empatica che fonde diverse espressioni artistiche, quali la danza, il teatro e la performing art.

E se negli ultimi dieci anni ha affrontato tematiche sociali spinose, questa volta ha voluto raccontare gli stereotipi di bellezza, i ruoli di genere e la leadership femminile. Sempre con leggerezza e ironia.

I suoi spettacoli sono capolavori inconsueti, ma proprio per questo hanno una forza comunicativa unica.

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Laureata in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano, ha intrapreso la carriera di insegnante per passione, o forse per follia. Il teatro, come attrice e come critica, è una vocazione, il latino e il greco sono invece la sua religione. Ama viaggiare, visitare musei, la musica dal vivo e collezionare Funko Pop. I suoi amici la descrivono come un po' pazza, e forse hanno ragione.

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