Rivoluzione Paesaggio

Cosa può esprimere una fotografia di paesaggio che ancora non sia stato detto? In che modo un genere nel quale l’orizzonte che unisce cielo e terra, può anche dividere l’opinione pubblica, creare un dibattito, smuovere le coscienze? Se lo sono domandato i curatori del festival calabrese La misura del Paesaggio, che si è svolto a Pentadattilo (RC) e chiusosi da poco più di due settimane.

Chi possiede una fotocamera, di fronte a un bel panorama raramente indugia. Di conseguenza, negli archivi dei fotoamatori è facile trovare bellissime, ma spesso impersonali, immagini di tramonti, vedute urbane o paesaggi da cartolina. Tuttavia, in molti casi questi risultati, nel corso del tempo e con un po’ di esperienza, evolvono insieme al loro autore. Praticare con consapevolezza il genere del paesaggio presuppone, infatti, un atteggiamento fotografico maturo che si trasforma in scatti indicativi della personalità di chi li esegue, o di un’idea, di una riflessione scaturita proprio fotografando un panorama. La qual cosa richiede meditazione di fronte alla bellezza della natura, se di natura si tratta, ma anche una buona dose di spirito rivoluzionario, catalizzatore di argomenti articolati, di denuncia o proclami di necessità globali. Solo in apparenza, quindi, il paesaggio si fa “veicolo di bellezza” in quanto tale. E non sarebbe comunque poco.

In effetti, il territorio – naturale o urbano che sia – si comporta più spesso come un campo di battaglia rappresentato proprio da un tramonto, un prato fiorito, o da un cielo suggestivo e pieno di nuvole, soggetti che diventano, volta per volta, veicoli di storie e messaggi differenti. Esistono paesaggi impervi, difficili da raggiungere, luoghi abbandonati a causa dei cambiamenti climatici, ad esempio, come quelli di cui parla Alessandro Grassani nel suo progetto dal titolo Migranti Ambientali: l’ultima illusione.

Il paesaggio si esprime anche tramite le strade asfaltate – ma piene di buche ed edifici incompleti – della Statale Jonica 106 fotografata da Filippo Romano.

È ancora paesaggio, quello straniante dei dittici che compongono le visioni balneari – estive e invernali – del progetto Stessa spiaggia, stesso mare realizzato in Costa Azzurra (Francia) da Marco Rigamonti.

Questi tre autori, invitati a esporre in occasione della prima edizione del festival La Misura del Paesaggio, organizzato a Pentadattilo (RC), hanno espresso con le loro immagini una personale interpretazione dei luoghi fotografati, dimostrato quante dimensioni e quanti aspetti – dell’anima e geografici – possa assumere il paesaggio.

Teodora Malavenda, Alessandro Mallamaci ed Elena Trunfio hanno curato l’evento calabrese, promosso dall’Agenzia dei Borghi Solidali, da Nonsense e da Servizifotografici.net, con il sostegno di Fondazione con il Sud. In seno alla manifestazione si sono tenute anche presentazioni editoriali, seminari e workshop.

Non è un caso che un festival come questo sia stato organizzato proprio in Calabria, una regione che ha molto da offrire in termini culturali, paesaggistici e sociali. L’evento si è svolto, lo ricordiamo, dal 26 ottobre al 3 novembre scorso, ma i curatori sono già a lavoro per il 2014.
Abbiamo posto a Teodora, una delle curatrici, alcune domande su questa prima edizione. Ecco cosa ci ha risposto.

Un festival di fotografia organizzato in un piccolo centro della Calabria può smuovere le coscienze?

“Sono fermamente convinta che i bambini, i giovani ma anche gli adulti di ogni età ed estrazione sociale debbano essere educati al confronto, accompagnati in un processo di conoscenza e di scoperta che vada oltre il proprio ambito familiare o lavorativo. Troppo spesso si tende all’autoreferenzialità, rivolgendosi a un pubblico settoriale. Trovo, invece, doveroso e importante il coinvolgimento di chi con le espressioni artistiche ha poca dimestichezza. Per smuovere le coscienze, l’arte a tutto tondo, e quindi anche la fotografia, deve essere accessibile e non elitaria. Con questo festival abbiamo provato a dare una risposta a tale necessità.”

In che modo lo hanno fatto le immagini in mostra?

“Abbiamo scelto tre progetti diversi, non solo per il linguaggio usato dagli autori, ma anche per le differenti questioni affrontate, connesse ai vari territori geografici. Il lavoro sulla statale 106 di Filippo Romano si sofferma su luoghi noti ai calabresi e forse proprio per questo vissuti distrattamente, ignorati e dei quali non si è in grado di cogliere il significato. Per chi è nato al Sud vedere la mostra di Romano è come affacciarsi dalla finestra della propria abitazione e avere davanti il bene e il male che sono avviluppati tra di loro in un’unione diabolica. Agli scheletri di case mai finite e ai centri devastati dalla spazzatura, si alternano scogliere mozzafiato, resti di templi greci e panorami incantevoli. È un progetto che prova a riassumere molte delle problematiche e dei conflitti del meridione: dall’ex Italsider di Taranto agli sbarchi dei clandestini, dai cantieri sequestrati alla Mafia alle opere incompiute.
Il lavoro di Alessandro Grassani, invece, pone l’attenzione su quella che a breve sarà la nuova emergenza umana mondiale: quella dei migranti ambientali. Si stima che tra pochi decenni 200 milioni di profughi climatici andranno ad affollare le aree urbane dei paesi d’origine generando conseguenze disastrose sia dal punto di vista sociale, ma anche economico e ambientale.
Infine Stessa Spiaggia Stesso mare di Marco Rigamonti induce a una duplice riflessione: da un lato, ci fa riflettere su come l’incognita del tempo influenzi le nostre scelte, gli spostamenti, le abitudini e scandisca le nostre esistenze. Dall’altro, ci mostra come l’intervento dell’uomo – la cui azione non è presente nell’immagine, ma lo è l’effetto – possa stravolgere un luogo fisico rendendolo quasi irriconoscibile.”.

A festival concluso, come curatrice, ritieni verosimile l’idea di una seconda edizione?

“Ci pensavo ancora prima che finisse la prima. Può sembrare un atteggiamento arrogante, ma se veramente vogliamo proporre iniziative dal contenuto intelligente non possiamo fermarci… Quindi, rimbocchiamoci le maniche e cominciamo sin d’ora a lavorare per l’edizione 2014.”

Il cursore diretto sulle immagini visualizzerà le didascalie; cliccare sulle stesse per ingrandire.

Info: www.lamisuradelpaesaggio.it

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La biografia ufficiale recita: giornalista specializzata in fotografia, curatrice e fotografa. Membro di giurie di premi nazionali e internazionali, partecipa alle letture di portfolio, cura progetti fotografici ed espositivi, segue un filone di ricerca personale. Sono un cielo nuvoloso è la sua più recente esposizione fotografica. Collabora con associazioni culturali nell’organizzazione di eventi e conferenze sulla fotografia, partecipa alla realizzazione di vari progetti editoriali e cura l’archivio della fotografa calabrese Gina Alessandra Sangermano. Nella biografia ufficiosa, invece, si legge che Loredana è una cittadina del mondo nata nel Sud Italia, che ama viaggiare, intraprendere nuovi percorsi interculturali, e che ha fatto della fotografia e della cultura fotografica la ragione della sua vita.

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