L’immaginazione per reinventare la felicità. Rialto Sant’Ambrogio. Intervista a Roberto D’Onorio

In un piccolo caffè nascosto nei vicoletti dietro Piazza dei Martiri a Napoli, il critico e curatore Roberto D’Onorio, in nero dalle scarpe allo zaino, sorseggia un caffè pensieroso. E’ qui per promuovere un progetto che curerà a Roma al Rialto Sant’Ambrogio, e per critici curatori come lui, costantemente immersi nella criticità e profondità dei discorsi artistici, le strategie di marketing risultano disagevoli. Ma questo è il mondo dell’arte contemporanea oggi e bisogna farci i conti, volente e nolente.

Roberto sospira, ripone la tazzina ed estrae tre libri dalla borsa che sistema con cura davanti a sé. Poi apre un taccuino e recupera degli appunti sul cellulare e dispone il tutto a raggiera sul tavolino.

“Ti sei caricato tutti questi libri in borsa con te da Roma da stamattina?” gli chiedo perplessa “A saperlo non ti avrei fatto scarpinare fino al cimitero delle Fontanelle e inoltrarti nei Quartieri Spagnoli così a cuor leggero!”

Roberto mi fa un gesto spiccio come a dire “Quisquilie” e mi spiega di aver mutuato il metodo di avere sempre testi a portata di mano durante le interviste da “una donna meravigliosa, bellissima, con un testa enorme, una leopardista, la mia insegnante di scrittura creativa che a lezione arrivava sempre con un trolley pieno di libri. Lei si aiutava nello spiegare e nell’esprimersi con le digressioni che aveva trovato precedentemente nei libri. Poi certo, le citazioni possono sempre essere una trappola se le non utilizzate con cautela” argomenta il nostro arrotolandosi il baffo.

Il nuovo progetto di Roberto D’Onorio si chiama Convivio, e consiste in una serie di interventi di arte visiva al Rialto Sant’Ambrogio, uno splendido edificio all’interno del quartiere romano dell’ex ghetto ebraico. Questi interventi faranno parte di una struttura curatoriale, già avviatasi in altri sedi, chiamata Nuda Proprietà, che in questa occasione si avvarrà anche della collaborazione del giovane collega Tiziano Tancredi. Nuda Proprietà al Rialto ha come obiettivo la valorizzazione dell’edificio, la riabilitazione ed il rilancio dello spazio nel campo delle arti visive, riattualizzandolo così come era accaduto nell’importanti stagioni culturali del 2000-2009. Dopo un primo esperimento dell’artista Ginevra Panzetti, i prossimi appuntamenti con Nuda Proprietà, vedranno protagonisti Pablo Mesa Capella e ADR, i quali dialogheranno con la storia del Rialto.

“Tu quanti anni hai Naima?” mi chiede Roberto improvvisamente, facendomi andare di traverso il caffè.

“Venticinque”. tossisco io…

“E lo sai cos’è il Rialto Sant’Ambrogio?”

“Si, perché mi ci hai portato tu!” ribatto, rievocando mentalmente una serata metafisica di un paio di mesi fa dove, adagiata su un divano al Rialto, discorrevo di decisioni future e blog di moda col mio collega in nero. Le pareti della stanza, forse una cappella in precedenza, erano state riverniciate di bianco, si poteva intuire che erano affrescate in precedenza. Al posto dell’altare c’era un bar, e un nugolo di figuri neri e alla moda chiacchieravano attorno al bancone. Una scena eterea di un film di fantascienza.

“Si, ma se non ti avessi portato io mica l’avresti saputo cos’è il Rialto!”

“Effettivamente no!” ammetto finalmente.

“Ecco, questo perché il Rialto è stato chiuso per cinque anni, durante la gestione di Alemanno”.

Roberto mi spiega di essere stato un grande frequentatore del Rialto prima della sua chiusura nel 2009. A quei tempi lo spazio era un luogo ibrido dove c’era posto per qualsiasi tipo di linguaggio, dal teatro all’arte visiva, ai reading, agli happening, ai concerti, ai festival, e dove erano transitate più di 300 compagnie teatrale, nonché nomi dell’arte contemporanea come Pietroiusti e Di Fabio.

Il problema, ribadisce il curatore, è che dopo la chiusura prolungata questo spazio deve recuperare tutto ciò che aveva perso e ritornare ad essere un luogo per la sperimentazione della cultura.

“Le arti visive rispetto al teatro ad esempio hanno fatto un po’ di fatica a riambientarsi, quindi nel reintrodurle è importante capire su cosa si sta agendo. Il Rialto è un bene pubblico con una storia e ha bisogno di una certa cura. In senso è quello di stabilire un’autonomia della’arte contemporanea associata al Rialto.”

Introducendomi ai due artisti coinvolti in Nuda Proprietà, Roberto mi parla di Pablo Mesa Campela, un artista originario di Malaga e attivo nella scena romana. Il suo intervento consisterà nel tappezzare la facciata del Rialto di fotografie trovate nei mercatini. Queste immagini rappresentano persone che l’artista non ha mai conosciuto, ma i quali volti rievocano un sentimento comune. “Il punto cruciale, il quale fa anche da corollario mediatico, è proprio quello di ricostruire la memoria.”

Il secondo intervento vedrà invece protagonista lo street artist ADR, che interverrà all’interno del Rialto con poster delle muse e altri simboli che da sempre hanno fatto parte dell’umore del Rialto. “Si tratta di una rievocazione attraverso le immagini, un tributo, un’allegoria a quello che è sempre stato il Rialto.”

Roberto sfoglia pensoso i suoi libri alla ricerca di una citazione in particolare. Lo interrompo a metà strada nella sua ricerca chiedendogli quali sono state le difficoltà che ha incontrate al momento di interfacciarsi con uno spazio anticonvenzionale come il Rialto, e cosa gli ha consentito di superarle. Roberto solleva lo sguardo e ci pensa un attimo. Poi comincia a parlarmi del ruolo dell’immaginazione.

“L’immaginazione è stata cruciale nel ridefinire una situazione che ha delle difficoltà e delle criticità. E’ facile agire in un luogo comodo. Si richiede un impegno maggiore quando il luogo ti pone di fronte a delle decisioni comportamentali e linguistiche.”

Prima di proseguire, il curatore si interrompe un attimo lanciando un ultimo languido sguardo ai suoi libri, due dei quali non ha avuto nemmeno occasione di aprire. Quando riprende il discorso, dietro i suoi occhiali da vista a goccia anni ’70 si intravede uno slancio emotivo. “Camus diceva che bisogna immaginare Sisifo felice. L’immaginazione deve essere un atto creativo per reinventare la felicità, anche se hai un masso che ti schiaccia la schiena e tu devi portalo su e giù sulla montagna. Sisifo nella condanna, con quel cazzo di masso sulla schiena, bisogna immaginarselo felice. Questo discorso è estremamente urgente di questi tempi, ed è proprio questo che stiamo cercando di fare al Rialto Sant’Ambrogio.”

Roberto si risistema il baffo che nel frattempo si era srotolato e ripone i libri uno ad uno. Controlla velocemente gli orari dei treni per Roma, dopodiché si carica il suo pesante zaino di pelle nera in spalla e si incammina verso la stazione. Lo si direbbe felice.

RIALTO SANT’AMBROGIO
Via di S. Ambrogio 4 Roma
NUDA proprietà Lab 2# CONVIVIO
Pablo Mesa Capella | Adr
a cura di Roberto D’Onorio e Tiziano Tancredi

 

 

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Naima Morelli è una critica e giornalista specializzata in arte contemporanea nel Sudest Asiatico e Medioriente, ed è un'autrice di graphic novel. Scrive regolarmente per Middle East Monitor, Middle East Eye, CoBo, ArtsHub, Art Monthly Australia e altri. Collabora con gallerie asiatiche come Richard Koh Fine Arts, Lawangwangi Creative Space, Tang Contemporary con testi critici e come liason tra Italia e Sudest Asiatico. E’ autrice di due libri-reportage intitolati “Arte Contemporanea in Indonesia, un’introduzione” e “The Singapore Series”. Sotto lo pseudonimo “Red Naima” ha pubblicato le graphic novel “Vince Chi Dimentica”, incentrato sulle tensioni artistiche di inizio ‘900, e “Fronn ‘e Limon”, realismo magico all’italiana.

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