Fausto Melotti, la ceramica Trappolando

Fausto Melotti, Trappolando, visione parziale mostra, Roma

Artista assai amato dal collezionismo più fine, meno posizionato nel mercato dell’arte sino a qualche anno fa – nel  2015, Il viaggio della luna,  delicata scultura in ottone del 1973, è stata venduta  da Christie’s a Milano per 606.000 € e ad aprile 2017 ha superato il record, sempre da Christie’s Milano, con l’elegante scultura  Tema e variazioni , aggiudicata a 500 mila euro, che con i diritti sono diventati 631.200)  – Fausto Melotti (Rovereto 1901- Milano 1986), è oggi protagonista, con le sue ceramiche, di una raffinata mostra alla galleria De Crescenzo&Viesti di Roma.

Fausto Melotti, Trappolando, visione parziale mostra, Roma
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Non so quanto sia pleonastico insistere ancora sulla necessità di legittimazione della ceramica come elemento e linguaggio interessante per il Sistema e Mercato dell’Arte. Forse, finalmente – anche dopo la conferma delle cifre battute alle aste e di quelli dello stesso Melotti, citati – non ce n’è più bisogno, e da tempo siamo andati oltre i manufatti antichi, l’idea predominante di artigianalità (da maiolicato decorativo, seppur straordinario come quello del magnifico Chiostro napoletano nel Monastero di Santa Chiara o della moschea afghana di Herat), e guardando molto più avanti degli onnipresenti della Robbia (www.artapartofculture.net/2015/03/07/la-ceramica-e-arte-sdoganata-da-futurismo-e-bauhaus-anche-la-galleria-darte-moderna-di-roma-la-celebra). Avvalorano questo dato di fatto le tante mostre sulla ceramica degli artisti, il successo di un autore strepitoso come Giacinto Cerone, la presenza della ceramica in autorevoli collettive: tra le tante, una, in corso, alla Bibo’s Gallery di Todi (Leggere come gli uccelli e non come le piume, con opere di Paolo Canevari, di Lucio Fontana, di Piero Pizzi Cannella e del citato Cerone), dove le sculture tirate su con questa materia duttile sono più potenti, risolte e accattivante delle carte proposte.

L’artista, scrittore e teorico, ingegnere, musicista e aforsita Fausto Melotti è anche lui un protagonista in questo senso, se pure inizialmente egli ha affrontato con agilità e una nobile ritrosìa tale elemento: all’indomani della distruzione del suo studio di Milano a causa della Seconda Guerra mondiale, egli  si mette, “(…) se non proprio a lavorare, a trappolare” – scriverà egli stesso alla moglie – e con “po’ di creta” modella “delle testine grosse come un pugno”; poi deciderà di organizzarsi meglio… Così, ecco il titolo della mostra, Trappolando, che segue al progett di mioo milanese del novembre 2016 – febbraio 2017 alla galleria Montrasio Arte. Qualcosa di più, qualcosa di meno, l’esposizione negli ariosi spazi della galleria romana acquista in candore e  vaporosità: elogio delle “leggerezza della pensosità” secondo le Lezioni americane di Italo Calvino, che di Melotti scrisse e fu amico.

Tutto è esaltato in questa mostra-chicca tramite un corpus di lavori fragili ma dalla forza espressiva immensa: vasi accuratamente plasmati, figure femminili assai allungate (korai), animali, soli con raggi, volti… E’ una produzione ampia, questa sua, scaldata da quell’ironia poetica tipica del suo autore e che non vide, inizialmente, il favore della critica per almeno i quindi anni circa di questo suo lavoro febbrile in cui sono rintracciabili sottotesti ludici che richiamano una giocosità deperiana. Fortunato Depero, del resto, faceva parte di quel vivace milieu innovativo radicato nella sua città natale e con il quale Melotti rinsaldò rilevanti collegamenti.

Nel bel libro-catalogo Fausto Melotti. Trappoland,  Ed. Silvana Editoriale, a cura di Sara Fontana e Ruggero Montrasio, sono analizzati in maniera argomentata e piena di belle immagini d’archivio – e con testi di Despina Bozzi, Lorenzo Fiorucci, Sara Fontana, Marco Tonelli e le interviste della Despina Bozzi e di Adelaide Santambrogio –  l’inizio dagli anni Trenta, la partecipazione alle Triennali Milanesi, l’esperienza nel  design e nelle arti applicate e le grandi collaborazioni con Gio Ponti, l’amico architetto e designer con cui  lavorò anche alla celeberrima e allora straordinaria Richard-Ginori; e con Studio BBPR, Ico e Luisa Parisi, Giampiero Aloi, Melchiorre Bega, Carlo De Carli, Sandro Angelini, lo studio Figini-Pollini, Gigi Gho, Franca Helg e Angelo Mangiarotti. E, ovviamente, la pratica della ceramica: smaltata, cromaticamente ingentilita, dalla strutturazione fantasiosa. Le opere in mostra – e quelle in catalogo – rivelano un potere immaginifico, un carattere evocativo e una foggia  figurativa che poggia solidamente su una base geometrica; sono sculture vestite a festa che celebrano la vita e la Natura richiamando forme originarie, il folklore antico, memorie archetipiche che egli essenzializza. Aprendo, poi, nuove strade alla ricerca degli anni Sessanta e Settanta che tende sempre più a coniugare il vero a una sua sintesi marcatamente concettualizzata, riducendo la realtà a più razionali ed essenziali linee compositive: perché, secondo Melotti, “L’arte è stato d’animo angelico, geometrico. Essa si rivolge all’intelletto, non ai sensi” (Fausto Melotti, dal testo del catalogo della prima mostra personale alla Galleria del Milione, maggio 1935). Anche se quelli, i sensi, hanno le antenne sempre alzate.

La sua ricerca, non sottovalutata da artisti internazionali ma forse meno dichiaratamente da molti italiani, è sua e solo sua, rigorosa, se pur giocosa, e libera. Ricordando, come egli fa in Linee, 1975-1978. Aforismario, che: “Il gioco è libertà ma la libertà non è un gioco.”

 

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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