Il black budget che pesa sull’America

Dopo le rivelazioni di Edward Snowdenwhistleblower o traditore, ai posteri l’ardua sentenza – l’America si sta svegliando, controvoglia ma con crescente ansietà, dinanzi ad una realtà che sembra purtroppo inarrestabile, quella di una smisurata macchina di sorveglianza che non risparmia gli innocenti cittadini.

La spesa del governo federale per mantenere in vita ed anzi potenziare la macchina della intelligence è semplicemente mostruosa. Lo rivela il quotidiano Washington Post che elenca gli stanziamenti così distribuiti: CIA, 14,7 miliardi di dollari con un aumento del 56 per cento dal 2004; NSA (il datore di lavoro di Snowden) 10,8 miliardi con un aumento del 53 per cento nello stesso periodo; National Reconnaisance Office 10,3 miliardi. Quest’ultima è l’agenzia che progetta, produce e gestisce i satelliti da ricognizione. Ed infine, il National Geospatial Intelligence Program i cui stanziamenti sono aumentati in ragione del 108 per cento. Questo ente supersegreto fornisce le mappe geografiche per le operazioni militari e di intelligence.

Ed ancora, si è appreso che il personale degli enti di intelligence ha toccato la quota di 107.000 dipendenti di cui una buona parte militari (il personale della NSA è per il 64 per cento militare). Tra le voci elencate dal Post ve nè una del tutto sconcertante, una spesa di 20,1 miliardi di dollari per segnalare eventi critici ai leader nazionali. È una somma addirittura superiore a quella stanziata per combattere il terrorismo, 17,2 miliardi.
Tra le tante rivelazioni, un’altra, sorprendente ma non troppo, riguarda il crescente ruolo paramilitare della CIA. In aggiunta alle operazioni con droni nel Pakistan e nello Yemen, ed ai pagamenti alle milizie nell’Afghanistan e nell’Africa meridionale, la CIA spende un ammontare imprecisato per sabotare il programma nucleare dell’Iran.

Gli stanziamenti segreti per le agenzie di intelligence – noti ormai come Black Budget ossia il “Bilancio Nero” – non sono più segreti grazie a Edward Snowden. Il Black Budget contiene l’intera spesa per i servizi segreti del 2013. È dal 2006 che il governo pubblica la spesa complessiva senza fornire alcun dettaglio circa le diverse voci e la destinazione dei fondi. Più importante è il dettaglio mantenuto segreto su come tali stanziamenti soddisfino le finalità loro assegnate. Si è appreso comunque che la CIA e la NSA svolgono da tempo operazioni definite aggressive nei confronti dei sistemi di computer di vari Paesi nel mondo con l’intento di sabotarne il funzionamento. Non è dunque solo la Cina a fare hacking ma, su una scala probabilmente più vasta, gli stessi Stati Uniti. Una rivelazione di questi giorni è che dopo il massiccio leaking dell’analista Snowden ben 4.000 funzionari con clearance di grado elevato sono stati sottoposti ad una nuova serie di severe verifiche personali. Le rivelazioni riconoscono che i governi di Russia, Cina e Iran restano i più ostici alla penetrazione, ma il più impenetrabile è quello della Corea del Nord. Il rapporto del Black Budget ammette che gli Stati Uniti non sanno praticamente nulla delle intenzioni del leader nordcoreano Kim Jong Un.

L’Impero dello Spionaggio, come viene definito, è costato oltre 500 miliardi di dollari dal settembre 2011 ad oggi con l’obiettivo di sventare ogni nuovo possibile attacco contro gli Stati Uniti. Di fatto, il bilancio di intelligence è superiore alla spesa militare degli anni della Guerra Fredda.

Una cosa è certa: le rivelazioni di Snowden hanno finalmente innestato una pubblica discussione della gigantesca spesa per la “intelligence”. Un ex capo del Comitato di Intelligence della Camera, Lee Hamilton, ha posto la questione in questi termini:

“Nessuno dice che dovrebbe esserci trasparenza tale da creare pericoli per il Paese. Ma quando la comunità di “intelligence” ci dice “lasciate fare a noi, il popolo americano deve avere fiducia in noi”, l’onere di persuasione per il mantenimento del segreto ricade sulla comunità di “intelligence” e non sul pubblico americano”.

Resta il fatto che la struttura della burocrazia dello spionaggio ha assunto proporzioni e campi di azione tali che il pubblico non avrà mai la capacità di intervenire per ridurli o circoscriverli, neppure attraverso un più attivo e responsabile coinvolgimento dei suoi rappresentanti al Congresso. Sono di questo avviso molti esperti di intelligence secondo cui sarà molto difficile riportare sotto stretto controllo la CIA dopo che questa si è trasformata da un servizio di spionaggio tradizionale in una forza paramilitare. Da sola, la CIA spende circa metà dei 4,9 miliardi di dollari stanziati per operazioni di contingenza all’estero. Ed infine, la spesa per intercettare e decifrare segnali in ogni remoto angolo del mondo è destinata a rimanere una voce fondamentale del Black Budget. Sono non meno di 35.000 gli specialisti del cosiddetto “Programma Criptologico Consolidato” addetti alla raccolta e decifrazione di codici, inclusi quelli degli alleati.

Per tornare a Edward Snowden ed alle sue rivelazioni circa la sorveglianza all’interno degli Stati Uniti, la domanda che ormai ricorre con crescente intensità è questa: cosa fanno gli americani per contenere l’avvento del Big Brother che controlla ogni loro telefonata ed e-mail ed ha accesso a tutti i loro dati personali, incluso quanto il cittadino spende usando carte di credito o pompando benzina al distributore?
La risposta è che cominciano a fare causa al governo federale sperando che siano le corti ad imporre trasparenza ed il rispetto della Costituzione.

Tra i primi a scendere in campo è stata la veterana ACLU (American Civil Liberties Union), che dal 1920 si batte in difesa delle libertà individuali. Nello scorso giugno la ACLU ha tratto in causa la Foreign Intelligence Surveillance Court, che poco o nulla aveva fatto per limitare lo strapotere della NSA, chiedendo che venissero rese di pubblico dominio le opinioni della suddetta corte in ordine alla controversa Section 215 del Patriot Act che la NSA ha invocato per la raccolta di megadata. Nello stesso mese, la ACLU ha citato l’Amministrazione Obama affermando che come cliente della rete telefonica Verizon era soggetta a controlli che violavano il primo e il quarto Emendamento della Costituzione. Yahoo, Google e Microsoft hanno anch’essi intentato azioni giudiziarie per ottenere che vengano pubblicate le disposizioni della Foreign Intelligence Surveillance Court, e specificamente quelle che costringevano le compagnie in questione a fornire alle autorità federali i dati relativi alle loro clientele. Al loro fianco, si sono costituite in giudizio organizzazioni religiose come la First Unitarian Church ma anche semplici cittadini, come un certo Larry Klayman che ha citato il Presidente Obama presso la Corte Distrettuale di Washington denunciando che il programma di intercettazioni PRISM ha violato il primo, quarto e quinto Emendamento della Costituzione. Altri attivisti si sono uniti a Klayman dando vita alla cosiddetta Class Action. La parola dunque è alla magistratura americana.

Un giorno, si spera, dovrà fare qualcosa anche il Congresso.

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Marino de Medici è romano, giornalista professionista da una vita. E’ stato Corrispondente da Washington dell’Agenzia ANSA e Corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano Il Tempo. Ha intervistato Presidenti, Segretari di Stato e della Difesa americani, Presidenti di vari Paesi in America Latina e Asia. Ha coperto la guerra nel Vietnam, colpi di stato nel Cile e in Argentina, e quaranta anni di avvenimenti negli Stati Uniti e nel mondo. Ha anche insegnato giornalismo e comunicazioni in Italia e negli Stati Uniti. Non ha ancora finito di viaggiare e di scrivere dei luoghi che visita. Finora è stato in 110 Paesi e conta di vederne altri.

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