Sfida negli USA. Due candidati italo-americani su sponde opposte

Sono due italo-americani i candidati ad incarichi elettivi tra i più importanti negli Stati Uniti: Sindaco di New York e Governatore della Virginia, lo Stato di George Washington e Thomas Jefferson. Sono Bill de Blasio, con nonni materni nativi di Benevento, e Ken Cuccinelli, con un nonno napoletano. L’accostamento tra i due oriundi finisce lì.

I due sono separati da un golfo ideologico incolmabile che la dice tutta sull’evoluzione degli italo-americani nel Nuovo Mondo. Dopo aver sofferto a lungo la discriminazione dei WASP (gli anglosassoni bianchi e protestanti) sono alla fine diventati anch’essi WASP. Ossia affluenti, influenti e conservatori. Ma mentre Cuccinelli ha travalicato i confini del conservatorismo tradizionale perseguendo idee e programmi oltranzisti quali la lotta contro l’aborto, lo scontro aperto con i poteri federali e la convulsa ideologia del Tea Party che ha portato l’America allo shutdown ossia al blocco delle spese di bilancio, Bill De Blasio incarna i tradizionali valori del progressismo sociale ed economico che è da sempre la linfa del partito democratico, o più esattamente della sua sinistra liberale.

Bill De Blasio
Bill De Blasio

È straordinario dunque che due italo-americani siano finiti a poli così opposti, pur essendo il prodotto di una cultura intrisa di valori umani trapiantati in America dalle famiglie di immigrati. Si dirà, i trapianti in America danno frutti e sapori diversi, dal basilico ligure che è irriproducibile in Virginia, alla mafia del Sud Italia che ha assunto caratteristiche consone al business d’oltreoceano e ben distanti dai crimini tradizionali della Sicilia come l’abigeato. Che gli italiani siano diventati WASP lo dice anche il fatto che dopo aver sfondato l’ultima frontiera di potere, quella della Corte Suprema, il gruppo etnico di origine italiana abbia piazzato in quell’alto foro giuridico due giudici conservatori, uno dei quali, Antonin Scalia, brilla per il suo attivismo dedito alla causa della plutocrazia.

È eccezionale anche che a New York l’uomo predestinato a succedere al repubblicano Bloomberg sia un democratico vecchio stampo che tanto ricorda un famoso sindaco newyorkese, Fiorello La Guardia, di sangue italiano ed ebreo. La Guardia era repubblicano, ma riformista, tenace assertore del New Deal rooseveltiano, aperto all’ingresso di nuovi gruppi politici nel governo della metropoli ed acerrimo nemico della corruzione e del clientelismo. Il 5 Novembre Bill de Blasio dovrebbe conquistare il municipio di New York che non ha eletto un democratico dal 1989 quando diventò sindaco David Dinkins, il primo afro-americano. Anche quest’anno concorreva nelle elezioni primarie un candidato di colore, William Thompson, ex amministratore del municipio, ma la sua candidatura affondava miseramente. A raccogliere i voti degli elettori afro-americani sarà un italo-americano bianco con una famiglia di colore. La moglie Chirlane, attivista e poetessa, è un personaggio telegenico, con un passato gay. Ma la vera carta vincente in famiglia è il figlio Dante, un teenager con una troneggiante capigliatura afro che gli ha valso persino i complimenti del Presidente Obama. La famiglia birazziale ha conquistato le simpatie delle donne afro americane ed in misura minore dei mariti, ma in termini politici la sorprendente ascesa del candidato italo-americano è dovuta a due fattori: la strategia quanto mai abile con una campagna ben disciplinata e la forte presa di posizione contro la cosiddetta tattica dello stop and frisk con cui la polizia newyorkese fermava e perquisiva un gran numero di persone ma prevalentemente gli afro americani.

Durante la campagna per l’elezione primaria dei democratici, de Blasio ha puntato tutto sulla carta della pubblicità televisiva e non a caso il suo commercial più efficace è stato un panegirico del figlio Dante finito in Internet dove è stato scaricato da centomila persone. Gli attacchi al sindaco uscente Bloomberg, che pur riscuoteva vasto appoggio tra i newyorkesi, riflettevano una critica sottile che si appuntava su aspetti non politici come il “senso di vanità” di Bloomberg. Non saranno i voti degli italo americani comunque ad aprire le porte di City Hall a de Blasio, per quanto questi faccia spesso professione di italianità parlicchiando italiano e ricordando i suoi antenati. Di fatto, il padre era di origine tedesca ma Warren Wilhelm Jr. aveva preso il nome della madre Maria e poi come primo nome Bill de Blasio ha un passato radicaleggiante dai tempi in cui partecipava alla protesta di un movimento di Solidarietà Centro Americana nonchè a dimostrazioni contro l’energia nucleare. Oltre ad essere un veterano di movimenti radicali, de Blasio incarna la cultura politica dei Progressive Democrats of America. La New Left degli Stati Uniti insomma esulta perchè eleggere un sindaco progressista a New York sarebbe il massimo. Ma non per la maggioranza degli italo-americani che non si riconosce in un uomo politico che come assessore del Consiglio Municipale si era impegnato per l’approvazione di misure che suggellavano i diritti delle coppie dello stesso sesso e proibivano la discriminazione negli affitti o ai danni di portatori di HIV.

Ken Cuccinelli
Ken Cuccinelli

Il confronto con il virginiano Kenneth T. Cuccinelli II (un bel nome WASP per intenderci) non potrebbe insomma essere più dirompente. Cuccinelli è per antonomasia una figura del Tea Party, un movimento che ha molte anime (conservatore, populista e libertaria) ma una sola ossessiva agenda, l’abbattimento delle tasse e una drastica riduzione del governo federale. Attualmente è Attorney General del Commonwealth della Virginia dopo essere stato membro del Senato dello stato. Da senatore, si era immediatamente messo in luce per la sua strenua opposizione all’aborto, ai matrimoni gay, alla possibile amnistia per gli immigranti illegali, ad aumenti fiscali e a controlli sulle armi da fuoco. La sua crociata contro l’aborto ha prodotto misure legislative di forte restrizione delle interruzioni di gravidanza attraverso una severa normativa che impone alle cliniche di ottemperare alle stesse rigide norme imposte agli ospedali. Da notare che di recente uno stato progressivo come la California a messo in cantiere norme che semplificano la pratica dell’aborto affidandola a personale specializzato, senza ricorso a medici. La posizione anti-abortista di Cuccinelli è tra le più estreme negli Stati Uniti, al punto che vieta l’aborto anche nel caso di stupro e incesto. Non solo, ma una sua proposta di legge del 2007 concede protezione agli embrioni dal momento della fertilizzazione, una misura che in pratica vieta qualsiasi forma di contraccezione. Cuccinelli è fiero di tale politica anti-aborto e si vanta pubblicamente di essere “il più aggressivo leader pro-life della Virginia”. Il che non gli ha valso di certo l’appoggio della maggioranza delle donne della Virginia, insorte contro proposte di legge favorite da Cuccinelli come quella che imponeva un test con sonograminvasivo per ogni donna che intendesse ottenere un aborto.

L’Attorney General ha trovato il modo di opporsi al governo federale sin dalle prime battute della controversia per l’Affordable Care Act,la legge sanitaria meglio nota ormai come Obamacare, approvata dal Congresso nel Marzo 2010. Non era trascorse che poche ore dalla sua approvazione che Cuccinelli intentava causa contro il governo federale accampando l’incostituzionalità dell’ individual mandate ossia l’applicazione della clausola che rende obbligatoria la partecipazione al programma assicurativo. Questa mossa legale faceva immediatamente di Cuccinelli il beniamino della legione conservatrice schierata contro la riforma sanitaria del Presidente Obama. Nel Settembre 2011, una Corte d’Appello Distrettuale ribaltava una precedente decisione della magistratura della Virginia favorevole a Cuccinelli secondo cui la legge sanitaria eccedeva i poteri del governo federale. Il giudice della Corte d’Appello sentenziava che uno stato, la Virginia, non può annullare una legge federale. La cocente sconfitta peraltro non scoraggiava Cuccinelli dal rinnovare la sfida al potere federale in altri campi, dall’immigrazione ai diritti civili, e a quelli gay in particolare. L’ostinata offensiva conservatrice di Cuccinelli trovava sbocco su terreni di scontro come il possesso delle armi da fuoco, dove l’Attorney General si pronunciava a favore della portabilità delle armi nascoste anche in bar e ristoranti a condizione che il livello di alcool nel sangue non superi lo 0,2 per cento. Iniziative di tal genere hanno procurato a Cuccinelli l’appellativo di “crazy Cooch” (Cooch il pazzo), rafforzato dall’assurda vicenda dello stemma dello stato che raffigura la dea romana Virtus con un seno scoperto. Non appena insediato come Attorney General, Cuccinelli alterava lo stemma ricoprendo l’offensiva mammella della divinità. Cuccinelli è un cattolico ultra osservante, con sette figli.

Ken Cuccinelli insomma è un uomo la cui intransigenza estremista è agli antipodi del civile clima politico della Virginia (per non parlare di un candidato come de Blasio) ma nondimeno trova sostenitori in quella massa di elettori che non tollerano la presidenza Obama. Nel 2012, comunque, la Virginia ha apportato i suoi voti elettorali a Barack Obama, grazie al suffragio delle donne e degli afro americani, le maggiori vittime degli eccessi del conservatorismo di Cuccinelli. Lo stesso risultato dovrebbe verificarsi nella consultazione del 5 Novembre per il governatorato dello stato, che vede in lizza nel campo democratico l’ex capo del comitato nazionale democratico, Terry McAuliffe, un uomo d’affari con qualche risvolto economico negativo. Non è certamente uno scontro titanico, ma McAuliffe conta un margine di superiorità del 24 per cento tra le donne che dovrebbe bastare ad eleggerlo. Quanto agli italo-americani, il cui voto non sarà decisivo (come del resto anche a New aYork), c’è da scommettere che si divideranno, con una leggera prevalenza del voto repubblicano.

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Marino de Medici è romano, giornalista professionista da una vita. E’ stato Corrispondente da Washington dell’Agenzia ANSA e Corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano Il Tempo. Ha intervistato Presidenti, Segretari di Stato e della Difesa americani, Presidenti di vari Paesi in America Latina e Asia. Ha coperto la guerra nel Vietnam, colpi di stato nel Cile e in Argentina, e quaranta anni di avvenimenti negli Stati Uniti e nel mondo. Ha anche insegnato giornalismo e comunicazioni in Italia e negli Stati Uniti. Non ha ancora finito di viaggiare e di scrivere dei luoghi che visita. Finora è stato in 110 Paesi e conta di vederne altri.

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