Eleonora Di Marino abbatte la porta e apre al Wilson Project Space di Sassari

Eleonora Di Marino, aperto!, W.P.S., Sassari
Eleonora Di Marino, aperto!, W.P.S., Sassari

“L’artista dei veleni del Sulcis apre uno spazio aperto a Sassari”: così titola in apertura l’articolo de “L’Unione Sarda” in riferimento alla mostra di Eleonora Di Marino (Carbonia 1990).

La mostra-azione, che doveva inaugurare il 21 novembre e che la giovane sarda ha posticipato come reazione al disastro che ha colpito la sua terra e come personale solidarietà con la popolazione vittima, allo stesso tempo, delle precipitazioni climatiche, dello sfruttamento selvaggio (molto spesso battezzato da sanatorie scriteriate) e dell’incuria istituzionale, si inaugura il 27.

Dove? In uno spazio che, ci dice Eleonora, è:

“libero, gratuito e deprivatizzato”.

Si trova a Sassari, aperto 24 h su 24: è il Wilson Project Space:

“E’ un vero no-profit, dedicato alla ricerca e alla sperimentazione indipendente; da poco più di un anno, ha visto il susseguirsi di progetti site-specific di artisti del territorio sardo, nazionale ed internazionale…”

La scelta della Di Marino è stata radicale, aggettivo e prassi che le appartiene da quando ha iniziato a muovere i primi passi alla GiuseppeFrau Gallery di Normann a Iglesias, uno spazio no-profit postosi come una galleria ma anche come un collettivo.

In questa sua nuova azione, l’artista ha deciso di scardinare letteralmente e rimuovere la porta del Wilson Project Space, lasciandolo vuoto e potenzialmente riempibile grazie ad una partecipazione attiva della collettività. Arte partecipativa allo stato puro: la galleria è aperta alla cittadinanza e a chiunque desideri utilizzarlo in qualsiasi modo e l’artista si attiva per favorire vere inter-azioni. Non a caso, il titolo di questo lavoro è aperto!, con punto esclamativo alla fine…

Ci ha detto:

“Desidero si proporre una breccia tra pubblico e privato, alla ricerca di una ridefinizione di comune”.

Non paga, c’è un blog  – http://aperto-wps.blogspot.it/ – a documentare ogni giorno ciò che succede o non succede:

“Non farò nessun intervento, neppure quelli di ordinaria manutenzione: lascerò tutto anche in balia degli agenti atmosferici, alla polvere della strada, a eventuali gesti di incontinenza fisiologica o vandalica…”

La scelta si fa, quindi, anche una sorta di esperimento socio-antropologico e street ed è un’apertura (aperto!, appunto) anche alla speranza che le persone, la società, voglia e sappia riempirlo di attività e di contenuti, restituendolo alla sua mission integro ed arricchito di azioni, di cose, di senso…

O vincerà la polvere? O, peggio, l’indifferenza:

“…a testimoniare un ancora immaturo impegno alla partecipazione di chi, solo a parole, rivendica quotidianamente la scarsità di luoghi destinati all’espressione ed alle iniziative culturali, sociali, spirituali?”

La giovane artista porta avanti una ricerca atta al superamento dei confini tradizionali tra arte e vita ma, più specificamente, tra arte e consapevolezza politica e sociale, ripensando il ruolo della funzione-fruizione dell’opera e dei luoghi deputati a mostrarla e ad accoglierla. Nel suo percorso ha più volte attivato  questi confini, spesso disinnescandoli in un abbraccio totale: si è candidata alle elezioni amministrative, creando moduli e piattaforme di lotta e di rivendicazione per i lavoratori del Sulcis, ha dato luogo a performance e sit-in per la tutela dell’ambiente e per la riconversione culturale dei territori compromessi e nell’ultimo anno il suo fare arte – veramente militante – ha adottato persino i codici della comunicazione e dell’inchiesta giornalistica, pubblicando regolarmente (su globalist.it) articoli sui numerosi scandali (politici, economici, sociali ed ambientali) della sua provincia d’origine, quel Sulcis-Iglesiente che vanta il triste primato di territorio più povero, depresso ed inquinato d’Italia.

Come bene puntualizzano dalla GiuseppeFrau:

“Seppur l’arte contemporanea esercita un ruolo importante, rischia spesso, in alcune sue manifestazioni eccessivamente autoreferenziali e di nicchia, di collocarsi ai margini della progettazione economica e sociale: qui interviene l’artista che, nelle sue azioni, propone l’arte nell’attivazione non solo di modelli estetici o morali, ma nella partecipazione della costruzione del mondo stesso. Aprendo l’arte alla partecipazione sociale, Eleonora Di Marino non vuole sminuire la peculiarità dei codici e dei linguaggi espressivi caratteristici della ricerca contemporanea, rendendoli più semplici, popolari e comprensibili, ma al contrario vuole ribadirne la portata rivoluzionaria e di utilità per la collettività.”

Del resto, non fu Pablo Picasso, nei suoi Scritti, a sostenere che l’arte (nel suo caso la Pittura, ma il risultato non cambia perché il concetto è lo stesso) è strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico? Eleonora ha individuato questo nemico (uno alla volta ma più spesso più associati insieme: una certa politica, il lassismo collettivo, il mondo della finanza, i palazzinari, lo sfruttamento del territorio e di chi lo vive, un’attitudine non virtuosa della gente…) ma oltre alla guerra propone alternative e punti di vista altri sul mondo. Che è il nostro, che siamo noi.

Info

  • ELEONORA DI MARINO | aperto!
  • opening: 27 novembre 2013
  • 7 pm – All day
  • chiude il 9 dicembre
  •  Wilson Project Space
  • Via marsiglia n°35 a , 07100 Sassari
  •  t. + 39 393 9989850 www.wilsonprojectspace.com Aperto 24 ore su 24
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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