La mostra che non ho visto #51. Francesca Romana Pinzari

Francesca Romana Pinzari in un autoritratto
Francesca Romana Pinzari in un autoritratto

Zurigo 1916, sono una ragazza perbene, la mia famiglia mi ha permesso di studiare musica, letteratura e arte.

Con un gruppo di amici mi reco spesso a mostre e concerti per poi discuterne nelle settimane successive nel salotto buono dei nostri genitori.

Non ero preparata ad assistere alla mostra al Cabaret Voltaire quel pomeriggio. Strani oggetti, anarchia e volgarità sono ovunque. Mi sento sconvolta e infastidita ma allo stesso tempo stimolata e divertita. E’ stato in quel momento che iniziai ad aprire gli occhi.

Dieci anni dopo a Parigi mi perdevo nella bellezza di forme oniriche e surreali, liberavo le mie emozioni e davo libero sfogo al mio subconscio.

Ho seguito quegli artisti fino a New York, dove ho imparato ad apprezzare la gestualità del segno e l’assenza della forma.

Ma la mostra che ha segnato più di tutte la mia formazione doveva ancora arrivare.

E’ nel 1972 che camminando all’interno di una galleria ascolto Vito Acconci masturbarsi sotto il pavimento. Uno dei più celebri body artist di tutti i tempi sta usando il suo corpo per comunicare con me. Non è palesemente nudo davanti ai miei occhi, non si sta ferendo o mordendo. E’ nascosto eppure la sua presenza è totale, il suo essere corporale permea tutta l’architettura della stanza.

Non sono scandalizzata dal suo gesto forse perché non vedendolo non ne percepisco tutta la carnalità.

Mi sdraio sul pavimento per sentire meglio il suo respiro, i suoi gemiti, le sue parole. So che sta parlando a me, solo a me. La mia parte razionale mi dice che ogni fruitore della mostra ha le mie stesse sensazioni ma voglio crogiolarmi nell’idea di essere l’unica. Le assi di legno del pavimento ci dividono ma è come se fossimo uniti allo stesso tempo.

Mi assopisco e muoio, svanisco adagiata sul pavimento per poi nascere in carne e ossa solo qualche anno dopo, neofita di nuovo.

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Nato mezzo secolo fa a Roma e morto nel futuro, non attraversa di buongrado la strada senza motivo. Impiegato prima in un forno in cui faceva arte bianca poi del terziario avanzato, da mancino dedica alle arti maggiori la sola mano sinistra. Allestisce, installa, fa deperire, dimostra, si confonde, è uno scadente imbonitore, intelligentissimo ma con l’anima piuttosto ingenua. Ha fondato in acqua gli artisti§innocenti, gruppo di artisti e gente comune, che improvvisa inutilmente operette morali. Tra suoi progetti: la Partita Bianca (incontro di calcio uguale), una partita notturna tra due squadre vestite di bianco, a cura di ViaIndustriae, Stadio di Foligno 2010 e, in versione indoor, Reload, Roma 2011 e Carnibali (per farla finita con i tagliatori di carne), Galleria Gallerati, Roma 2012.
Ha contribuito alla performance collettiva TAXXI (Movimento di corpi e mezzi al riparo dalle piogge acide contemporanee) prodotto dal Dipartimento Educazione del Maxxi nel 2012. Sua la cura del Premio città etica (per l’anno duemilae...) e del Premio Retina per le arti visive.

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