Gli Emirati Arabi Uniti alla 56. Biennale di Venezia. In conversazione con Sheikha Hoor Bint Sultan Al Qasimi

Hassan Sharif_Colourful File No. 2

Trentacinque anni, un’età di passaggio: ripercorrere questi anni è la mission che si è posta la Sheikha Hoor Bint Sultan Al Qasimi, curatrice del Padiglione degli Emirati Arabi Uniti presente con la mostra 1980 – Today: Exhibitions in the United Arab Emirates al terzo appuntamento dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia.

Al 2008, infatti, risale la fondazione del Padiglione Nazionale degli Emirati Arabi Uniti (il Commissario è la Sheikha Salama bint Hamdan Al Nahyan, fondatrice della Salama bint Hamdan Al Nahyan Foundation) che ha partecipato ad ognuna delle tre edizioni successive della più importante kermesse internazionale d’arte contemporanea, debuttando nel 2014 anche alla Mostra Internazionale di Architettura.

Uno scenario artistico decisamente giovane quello dei paesi del Golfo, che ha saputo imporsi a livello internazionale investendo con lungimiranza nell’arte contemporanea: basti pensare al successo della Biennale di Sharjah, di Art Dubai, alla diffusione di una piattaforma come Universes in Universes che include il Nafas Art Magazine, nonché alla presenza di musei stratosferici come il Qatar National Museum di Doha o il Louvre Abu Dhabi.

Ma per guardare al presente, indirizzando lo sguardo anche più in là, è importante fare un passo indietro ad un anno significativo come il 1980, quando è stata creata la Emirates Fine Art Society al fine di stimolare l’interesse ed educare all’arte contemporanea.

Afferma sorridendo la Sheikha Hoor Bint Sultan Al Qasimi, presidente e direttore della Sharjah Art Foundation.

Il 1980 è anche l’anno in cui sono nata! Ho fatto molte ricerche d’archivio con l’idea di far conoscere sia gli artisti meno conosciuti, che il loro stesso percorso. Ci sono infatti pittori che sono diventati scultori, qualche artista magari prima lavorava su carta e ora dipinge soltanto, oppure chi dipingeva figurativo è passato alla calligrafia e magari all’astrazione. Di ognuno dei quindici artisti sono stati esposti lavori che ne rappresentano i diversi passaggi.

Due, in particolare, sono le linee guida per la curatrice.

Per prima cosa la consapevolezza di una mostra di respiro museale: a conclusione della Biennale di Venezia, nel gennaio 2016, la tappa successiva sarà Sharjah. Poi, la scelta delle opere basata sui propri canoni estetici, frutto di numerose visite negli studi degli artisti e andando a scovare lavori “datati” all’interno di collezioni pubbliche e private.

Con ognuno dei quindici artisti, appartenenti a generazioni diverse – Ahmed Al Ansari, Moosa Al Halyan, Mohammed Al Qassab, Abdul Qader Al Rais, Abdullah Al Saadi, Mohammed Abdullah Bulhiah, Salem Jawhar, Mohammed Kazem, Abdulraheem Salim, Ahmed Sharif, Hassan Sharif, Obaid Suroor, Mohamed Yousif, Abdulrahman Zainal e Najat Meky – la curatrice ha dialogato direttamente.

Precisa Sheikha Hoor Bint Sultan Al Qasimi:

Era importante far conoscere all’esterno anche artisti meno noti.”,

Il padiglione, che si trova nelle Sale d’Armi dell’Arsenale, contempla opere pittoriche, fotografiche scultoree, calligrafiche, ceramiche e anche libri d’artista. Così, lavori più legati ad una rappresentazione figurativa di matrice orientalista, sono in relazione con opere più metaforiche, come  la serie fotografica ai sali d’argento Tongue (1994) di Mohammed Kazem (1969), documentazione dell’azione performativa dell’artista che ha rappresentato l’UAE alla precedente edizione della Biennale di Venezia. Mentre del suo amico e mentore, Hassan Sharif (1951), presente anche in occasione del debutto veneziano del padiglione dell’UAE nel 2009, sono esposti anche libri d’artista di rara intensità, tra cui Colourful File No. 2, Sewing Notebook No. 1, Sewing Notebook No. 2, Book of Numbers, Eight very small horizontal lines and X, Book of Different Pens, The Human Factor—Graham Greene. E’ certamente Sharif, con il suo lavoro concettuale, che ha saputo emanciparsi da una visione nostalgica e, in un certo senso romantica, della tradizione locale per creare un linguaggio che tende all’universale, con un suo ritmo che sa essere istintivo e sonoro, provocatorio e poetico.

Info

  • 9 maggio-22 novembre 2015
  • Biennale d’Arte di Venezia
  • 1980 – Today: Exhibitions in the United Arab Emirates
  • a cura di Sheikha Hoor Bint Sultan Al Qasimi
  • Padiglione degli Emirati Arabi Uniti
  • Arsenale, Sale d’Armi

 

 

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Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Scrive di fotografia e arti visive sulle pagine culturali de il manifesto (e sui supplementi Alias, Alias Domenica e L’ExtraTerrestre), art a part of cult(ure), Il Fotografo, Exibart. È autrice dei libri A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (Postcart 2011); A tu per tu con grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (Postcart 2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (Postcart 2013); A tu per tu. Fotografi a confronto - Vol. IV (Postcart 2017); Isernia. L’altra memoria (Volturnia Edizioni 2017); Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco (Postmedia Books 2019); Jack Sal. Chrom/A (Danilo Montanari Editore 2019).
Ha esplorato il rapporto arte/cibo pubblicando Kakushiaji, il gusto nascosto (Gangemi 2008), CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (Postcart 2013), Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (Ali&No 2015), Jack Sal. Half Empty/Half Full - Food Culture Ritual (2019) e Ginger House (2019). Dal 2016 è nel comitato scientifico del festival Castelnuovo Fotografia, Castelnuovo di Porto, Roma.

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