Meravigliosa Latifa Echakhch con Le jardin mécanique. NMNM Nouveau Musée National de Monaco

immagine per Latifa Echakhch
Latifa Echakhch Le prestidigitateur, 2018 Vidéo couleur et son Video color and sound 3:06 © Latifa Echakhch, Courtesy kamel mennour, Paris/Londres, kaufmann repetto, Milan/New York, Galerie Eva Presenhuber, Zürich/New York, Dvir Gallery, Brussels/Tel Aviv

Un paesaggio fortemente connesso con la memoria è quello che Latifa Echakhch (El Khnansa, Marocco, 1974, vive e lavora a Martigny, Svizzera) assorbe attraverso la conoscenza diretta del luogo, procedendo sulle tracce del passato che affiora in parte dalle ricerche d’archivio e dai depositi museali.

Uno sguardo, quello dell’artista franco-marocchina che ha esposto in musei internazionali come il MoMA di New York, il Lacma di Los Angeles e la Tate Modern di Londra (nel 2011 ha partecipato anche alla Biennale d’Arte di Venezia e nel 2013 le è stato assegnato il prestigioso Prix Marcel Duchamp) che, anche nella costruzione della mostra personale Le jardin mécanique a Villa Sauber studia, analizza e decostruisce il presente assorbendo e restituendone la componente emotiva attraverso un’interpretazione che gioca sulla dualità e sulla messinscena. Stratagemmi con cui viene messa a confronto la percezione dello spazio e del tempo in relazione alla duplicità della natura del luogo, sempre in bilico tra vero e falso.

Anche l’elemento stupore è presente in questa definizione di un paesaggio che si proietta nella dimensione metaforica: questa mostra è anche l’ultima ospitata nell’edificio Belle Époque appartenuto al pittore inglese Robert Sauber e che, attualmente insieme a Villa Paloma è una sezione distaccata del NMNM – Nouveau Musée National de Monaco (diretto da Marie-Claude Beaud).

Entrambi gli edifici fanno parte dell’ambizioso progetto urbano firmato da Renzo Piano che trasformerà lo skyline del Principato di Monaco con una nuova estensione ecosostenibile che prevede, oltre al polo residenziale, aree verdi pubbliche con la promenade sul mare e un nuovo museo.

Ecco, quindi, che la mostra si carica di ulteriori significati che vanno ad intrecciarsi con l’attrazione di Echakhch per il paesaggio di rovine di impronta romantica. Un dialogo che è sempre filtrato dalla messinscena teatrale basata in parte sul concetto di mimesis.

Spiega la curatrice Célia Bernasconi, conservatrice del Nouveau Musée National de Monaco:

“Latifa Echakhch è venuta a Monaco per la prima volta nel 2016″.

La Bernasconi accenna all’esperienza personale dell’artista, la cui famiglia si trasferì in Francia quando lei era molto piccola. Suo padre lavorava per il Casino Grand Cercle di Aix-les-Bains con l’annesso teatro, luogo che ha sempre avuto grande fascinazione per Echakhch. E prosegue nel racconto:

 “Abbiamo parlato a lungo della storia di Monaco e lei ha camminato tanto a piedi per la città, rimanendo molto colpita dalla grande presenza di cemento ma, allo stesso tempo, anche dalla crescita dei cactus e di una vegetazione riglogliosa.”

In le jardin mécanique la ricerca di Latifa Echakhch è focalizzata, in particolare, su luoghi emblematici come l’Opéra House (realizzata nel 1879 dal noto architetto Charles Garnier), il Giardino Esotico e la stessa Villa Sauber che, in passato, ha ospitato la straordinaria collezione di Madame de Galéa dedicata agli automi meccanici e alle bambole antiche. Nella sua abitazione parigina la collezionista aveva disposto i pezzi facendo sì che gli automi si trovassero uno di fronte all’altro, immersi in un ipotetico dialogo. L’artista ha ripreso quest’idea riallacciandola a quella del doppio – del doppelgänger – specie nella realizzazione dei video (tutti datati 2018) inseriti all’interno del percorso installativo: Le prestidigitateur, Pacha fumeur de narguilé, Zulma la charmeuse de serpent e Clown aux masques.

In questi lavori che conservano la memoria dell’originale sonorità degli automi (quando girando la manovella si mette in moto l’azione) lo spettatore si ritrova ad osservare in maniera ravvicinata dettagli dei vari personaggi:  palpebre che si aprono e chiudono, la mano che avvicina alla bocca la tazza del té, maschere che si mettono e si tolgono… insomma, azioni che investono di un’apparente « umanità » quei personaggi-giocattolo.

La scala è ribaltata in tutte le opere in mostra: il dettaglio diventa macroscopico, invade lo spazio prendendo possesso del tempo e l’ambiguità attraversa anche l’idea di realtà e finzione, perché gli automi che si animano nei video dell’artista sono sempre due –  quello antico, originale, delicatissimo e la sua replica moderna, fatta realizzare dal museo per garantire all’osservarore una possibile fruizione continua (in occasione della fiera d’arte contemporanea Art Monte-Carlo, nelle giornate del 27-29 aprile scorso, una sala del Forum Grimaldi ha ospitato alcuni automi della collezione, presenti anche nei video di Echakhch) – ma le differenze sono impercettibili.

Ogni paysage/paesaggio è attraversato da percorsi percorribili in cui i dettagli scenici diventano strutture che da un lato sono sempre dipinte di nero. Il nero cancella, ma definisce anche un nuovo spazio su cui riscrivere la storia.

Dalle pareti questo non colore passa sul retro delle opere, stimolandone una lettura molteplice. Sul lato opposto le installazioni rievocano frammenti di scenografie, in alcuni casi si tratta di disegni preparatori, in altri delle maquette, come la decorazione realizzata da Alphonse Visconti (capo scenografo dell’Opéra de Monte-Carlo tra il 1903 e il ’24) per Masques et Bergamasques (1919).

Il tema dell’orientalismo è particolarmente presente, subordinato alla mentalità e agli stereotipi dell’epoca colonialista che l’artista, puntualmente, smonta con delicatezza e altrettanta fermezza.

Procedendo per cancellazioni ci ritroviamo nella sala dedicata al Giardino Esotico, realizzato dall’ingegnere monegasco Louis Notari e inaugurato nel 1933. In questo caso la fonte è quella delle cartoline d’epoca.

Le dieci grandi tele, realizzate nell’atelier in Svizzera, sono state dipinte prima con una mano di nero, poi con uno strato di cemento e in ultimo la rappresentazione degli scorci (attraverso la proeizione delle immagini delle cartoline) sono state affifdate a rapide pennellate. Asportando con una spatola gli strati di pittura è nato il contrasto tra i colori brillanti delle piante esotiche e il grigio compatto, affiorante dall’interno e in cui non è difficile scorgere la metafora del luogo stesso – Monaco – assediato dalla cementificazione. Lo stesso Giardino Esotico, del resto, pur essendo realizzato su una roccia a strapiombo, è la summa di elementi artificiali perfettamente integrati con la natura più autentica: ancora una volta il confine tra vero e falso è estrememente labile.

L’illusione fa parte della messinscena e accompagna ad oltrepassare la soglia dell’immaginifico anche quando, accanto al Salon de Lecture che ospita l’opera Salon géologique I di Yto Barrada (in collaborazione con Stéphanie Marin) si scorgono i profili compatti delle nuvole dell’opera già presente nelle collezioni del NMNM, parte della grande installazione L’Air du temps – Prix Marcel Duchamp 2013 esposta al Centre Pompidou di Parigi nel 2014. Nuvole che svelano la loro doppia natura, associate come sono ad oggetti ricoperti d’inchiostro nero che appartengono alla memoria personale di Latifa Echakhch: qui il nero cancella i libri e i manuali della collana Les Que sais-je?, che – come i nostri Bignami – offrono una conoscenza in pillole del sapere. Un solo libriccino si salva: Le théâtre antique.

Info mostra

  • Latifa Echakhch, le jardin mécanique
  • a cura di Célia Bernasconi
  • Dal 20 aprile al 28 ottobre 2018
  • Nouveau Musée National de Monaco – Villa Sauber
  • 17, avenue Princesse Grace, 98000 Monaco
  • http://nmnm.mc

 

 

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Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Scrive di fotografia e arti visive sulle pagine culturali de il manifesto (e sui supplementi Alias, Alias Domenica e L’ExtraTerrestre), art a part of cult(ure), Il Fotografo, Exibart. È autrice dei libri A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (Postcart 2011); A tu per tu con grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (Postcart 2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (Postcart 2013); A tu per tu. Fotografi a confronto - Vol. IV (Postcart 2017); Isernia. L’altra memoria (Volturnia Edizioni 2017); Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco (Postmedia Books 2019); Jack Sal. Chrom/A (Danilo Montanari Editore 2019).
Ha esplorato il rapporto arte/cibo pubblicando Kakushiaji, il gusto nascosto (Gangemi 2008), CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (Postcart 2013), Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (Ali&No 2015), Jack Sal. Half Empty/Half Full - Food Culture Ritual (2019) e Ginger House (2019). Dal 2016 è nel comitato scientifico del festival Castelnuovo Fotografia, Castelnuovo di Porto, Roma.

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