Juno Calypso: autoritratti fotografici sospesi tra noia, narcisismo e black humor

immagine per Juno Calypso
Juno Calypso, Disenchanted Simulation, 2013,152x102 cm, Archival pigment print, Ed 4 di 5+2Ap

Sarcasmo e ironia negli autoritratti fotografici dall’estetica apparentemente pink e caramellosa nella mostra personale di Juno Calypso (Londra, 1989) che arriva per la prima volta in Italia negli spazi dello Studio Giangaleazzo Visconti di Milano.
Fotografie che danno corpo ad ambientazioni surreali, stranianti e decisamente démodé, in cui emergono espressioni sospese tra la noia e l’esaurimento nervoso seppur con il chiaro intento di raccontare i pregiudizi legati alla femminilità contemporanea grazie all’alter-ego dell’artista. Un personaggio immaginario che rappresenta una donna di casa soffocata all’interno di stanze insolite e oniriche.

La mostra personale presenta una selezione di immagini provenienti da tre serie: Joyce, The Honeymoon e What to do with a Million Years. In Joyce incontriamo la casalinga sola e alla ricerca spasmodica della perfezione attraverso l’uso di trattamenti di bellezza e congegni diabolici per il miglioramento del corpo; negli ambienti della serie The Honeymoon del 2015 scopriamo la sua valigia piena di parrucche e lingerie sino al suo ultimo progetto del 2018 What to do with a Million Years, in cui la casa-bunker è “una via di mezzo tra una tomba e un mausoleo” come afferma la stessa artista.

Juno Calypso è una giovane fotografa nata e cresciuta a Londra, laureata al London Collage of Communication nel 2012 e già vincitrice del prestigioso Photography Awards 2016, il premio di fotogiornalismo più ambito al mondo indetto dal British Journal of Photography.

È durante gli anni di università che Juno inizia a lavorare all’idea degli autoritratti e a fotografarsi travestita da un personaggio di fantasia chiamato Joyce, il suo alter-ego, con cui indaga la fisicità femminile, raccontando una bellezza stereotipata e artificiale grazie a diete e cosmesi.

Così, attraverso la fotografia, mette in scena il corpo della donna all’interno di scenari paradossali, ma al contempo reali, come il Penn Hills Resort in Pennsylvania dalla suite rosa confetto o la villa-bunker a Las Vegas dal pratino sintetico appartenente a Jerry Henderson, amministratore delegato dell’Avon Cosmetics. Ambienti reali e kitsch che simboleggiano, per Juno, tutti i cliché e gli stereotipi tipici dell’America, oltre ad evocare gli scenari metafisici e provinciali di un film cult per eccellenza come Twin Peaks. All’interno di questi particolari luoghi si muove sempre lo stesso personaggio femminile, Joyce, che interpreta ruoli diversi di progetto in progetto: dalla casalinga alla donna in carriera passando per la donna in viaggio di nozze autogame.

La sua fotografia richiama un’estetica pop pink degli anni ’60 e ’80, ispirandosi alle inquadrature accuratamente costruite di Jeff Wall, ogni elemento – infatti – è collocato al posto giusto dalla scelta dell’ambiente alle luci fino agli oggetti in scena. Gli stessi autoritratti, sebbene ricordino i lavori di Cindy Sherman, raccontano di una donna più contemporanea e spettacolare.

Infatti nel ciclo Untitled Film Still di Cindy le fotografie, oltre a essere in bianco e in nero, sono più vicine all’immaginario femminile di Alfred Hitchcock costituito da donne algide e fredde dall’eleganza controllata. In Juno Calypso l’utilizzo eccessivo di trucco e accessori, i colori  edulcorati e il gusto per il trash e il kitsch evocano, invece, i primi film di Pedro Almodóvar o le pellicole anni ’70 di Jhon Waters (da Mondo Trasho a Pink Flamingos, da Multiple Maniacs a Polyester) dove i personaggi sono spesso dirompenti, eccessivi e figli di una società consumistica perversa. Il registro su cui si muove è sempre un’atmosfera di estrema malinconia e solitudine, in cui il tempo sembra sospeso tra oggetti fuori moda e improbabili espedienti per la cura del corpo.

Un lavoro – dunque – tutto da scoprire, quello di questa giovane artista ma già affermata, capace di calamitare un significativo seguito sia online attraverso i suoi canali social, sia di persona per precedenti esibizioni e performance all’estero a New York, in Sud Corea, Messico, Canada e Cina.

Info

  • Juno Calypso
  • 24 ottobre – 11 gennaio
  • Studio Giangaleazzo Visconti
  • Corso Monforte 23, Milano
  • dal lunedì al giovedì, dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 18.30 – venerdì dalle 10 alle 15
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Sonia Patrizia Catena si laurea in Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università di Bologna con una tesi in semiotica dell’arte. Ha collaborato con enti e associazioni culturali in ambito artistico e teatrale. Ha contribuito alla formazione e all’inaugurazione della Biblioteca Dürrenmatt, prima biblioteca teatrale specializzata del nord Italia. Collabora con un gruppo di comunicazione e semiotica presso lo IULM di Milano e, parallelamente, segue l’immagine e la comunicazione per un’importante azienda orafa. Coordina la programmazione artistica presso gli spazi dell’Associazione Circuiti Dinamici, segue dei progetti curatoriali alla Sassetti Cultura di Milano. Esperienze preziose e stimolanti che le permettono di entrare in contatto con realtà sempre nuove, senza mai rinunciare alla sua grande passione: la scrittura. Da sempre appassionata di arte, moda, design, architettura e scultura.

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