Zurigo. Il Pavillon Le Corbusier non smemorando Heidi Weber

immagine per Le Corbusier
Le Corbusier Pavillon - foto pubblicata su Domus 1967

A Zurigo ha riaperto al pubblico il Pavillon Le Corbusier. Il già importante panorama artistico-culturale della ricca, elegante città svizzera si è arricchito – dall’11 maggio – di un gioiello che, situato sulla riva orientale del lago, in una incantevole posizione a pochi passi dal centro storico, diventa la terza sede del Museo für Gestaltung, la più importante istituzione di design e di arte visiva della Nazione, con la sua collezione di oltre 500mila opere.

Il Pavillon, che fu oggetto di un interessante approfondimento nell’ottobre del 1967 su “Domus” (n.455), fu completato proprio allora, due anni dopo la morte del suo autore: il grande architetto, designer, urbanista e artista svizzero-francese Le Corbusier (pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris: La Chaux-de-Fonds, 1887 – Roccabruna, 1965), figura chiave nell’internazionalizzazione dell’architettura e dell’urbanistica, influenzando a livello mondiale i panorami urbani del XX secolo. Anche per questo le sue opere nel mondo sono entrate a far parte del Patrimonio Unesco.

Il pavillon, che quindi Le Corbusier non ebbe la soddisfazione di veder completamente finito, fu da lui realizzato su idea e commissione della collezionista e gallerista Heidi Weber; i due iniziarono la progettazione nel 1961 a quest’anno risalgono i primi connessi disegni di Le Corbusier – e la messa in opera fu complessa, variò in corso e durò cinque anni; alla morte di Le Corbusier fu il team del suo atelier agli architetti Taves e Aebutato che, nella primavera del ’66 portò avanti tutto e in un anno giunsero al termine del cantiere.

Heidi Weber, imprenditrice capace e persona colta e tenace, fu una pioniera nel suo genere e fu anche femminista attivissima in Svizzera, militando tra le suffragette per il diritto di voto del 1971 alle donne. Fu la prima, a Zurigo, a produrre, intorno al 1959, le serie di mobili di Le Corbusier del 1927 e a esporre nella sua galleria anche i suoi arazzi, dipinti e sculture, e come mecenate, volle “un edificio di Le Corbusler per le opere di Le Corbusier” e lo fece realizzare , quindi, proprio al suo autore, facendone uno spazio espositivo per i suoi lavori artistici, dai dipinti a olio ai disegni, dai mobili alle sculture.  Lunghe sono poi state le vicissitudini legali che la Weber ha dovuto sostenere per cercare di non vedere omessa nella titolazione del Pavillon il suo nome anche in considerazione di un “controverso buyout forzato” e relativa, sfibrante battaglia legale

Ad ogni modo, oggi il sito è fruibile a tutti e nel pieno del suo splendore: in riva al lago, svetta e si distingue per originalità, funzonalità e bellezza. E’ anche l’unico edificio interamente in vetro, acciaio e cemento di Le Corbusier: l’opera è ancor più significativa perché per l’autore proprio il cemento era non solo una materia costruttiva ma anche espressiva; ed è innovativa per la scelta di adottare elementi industriali nella sua edificazione e di poggiare completamente sul suo sistema Modulor, una scala di proporzioni da lui stesso sviluppata e più volte applicata nei suoi progetti, elogiata anche da Albert Einstein («È una scala di proporzioni che rende difficile l’errore, facile il suo contrario»). Tutto rispetta il concetto di “casa come macchina per abitare” che l’architetto portava avanti, con una fiducia enorme nell’ingegneria e nell’industrializzazione ma senza mai dimenticare la necessità estetica: i lucidi pannelli smaltati a colori, che fanno parte della struttura, sono connessi alle composizioni pittoriche di Piet Mondrian – astrazione dalla purezza neoplastica con echi teofisici… – e anche questo conferma la visione di questo genio che credeva nella sintesi, che concretizzò, tra architettura, vita e arte. In pieno spirito avanguardista.

Le Corbiusier disse scrisse di questo sodalizio e dell’edificio, e riferendosi a Heidi affermò:

“Nessuno dei miei migliori amici ha mai fatto tanto per me e il mio lavoro come te”.

Sappiamo quanto ciò rappresentasse una sorta di investitura, un riconoscimento importante dato che, tra l’altro – vuoi per i tempi, vuoi per la mentalità dominante all’epoca, ancora maschilista, vuoi per l’indole di Le Corbusier -, l’architetto avesse raramente e a malincuore coinvolto le donne nel suo lavoro.

 

Il padiglione Le Corbusier è aperto da maggio a novembre (orari: da martedì a domenica 12.00 – 18.00; giovedì 12.00 – 20.00); allestite dal Museo di arti figurative, diverse mostre temporanee, manifestazioni e workshop illustrano le opere e l’enorme influenza di Le Corbusier nel mondo dell’arte.

 

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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