La Vucciria di Renato Guttuso sbarca a Roma alla Camera dei Deputati. Tanti spunti virtuosi in un unico quadro

Renato Guttuso, La vucciria

La Vucciria del celebre artista siciliano Renato Guttuso sbarca a Roma: esposta dal 29 novembre 2019 e fino al 12 gennaio 2020 alla Camera dei Deputati, nella Sala della Lupa, lasciando, quindi, temporaneamente il Complesso Monumentale del Palazzo Chiaramonte – Steri sede del Rettorato dell’Università di Palermo, dove è abitualmente allocata da quando fu donata dallo stesso autore.

Perché un simile spostamente ed evento? Promossa dall’Università degli Studi di Palermo e dalla Fondazione Sicilia, l’iniziativa è volta a una sorta di sensibilizzazione collettiva verso il  patrimonio culturale siciliano e l’arte in particolare, mirando quindi alla vlorizzazione e promozione di un’intera Regione e dell’Italia tutta.  Dalla Sicilia, infatti, inizieranno a susseguirsi appuntamenti per illuminare anche le altre regioni italiane.

 

Renato Guttuso, La vucciria

Ciò sembrerebbe anche una voluta sottolineatura di unità nazionale – e il luogo espositivo eccezionale lo farebbe pensare a maggior ragione – in un momento storico come l’attuale, piagato da venti populisti e isolazionisti, chiusure localistiche e di confini territoriali e di divari regionali come quello, insanato, tra Nor e Sud Italia.

La Vucciria è un grandioso dipinto di 3 metri quadri realizzato da Guttuso nel 1974 nel pieno della sua maturità artistica ed è tra i più conosciuti dell’artista. Rappresenta uno dei più caratteristici mercati di Palermo che ricorda moltissimo i suk, quei mercati organizzati in corporazioni, nati dalla cultura degli arabi, che furono i padroni della Sicilia tra il IX e il X secolo. La sua titolazione corrisponde al vero mercato e rione palermitani, ed è connesso a un lemma che ha derivazione francese, come molte parole siciliane: boucherie, in italiano macelleria, poi italianizzato in bocceria e infine sicilianizzato con il significato di confusione, cioè quel miscuglio incomprensibile di voci, suoni,  persone, oggetti, espressioni e azioni tipiche del mercato e di assembramenti simili.

Il capolavoro porta idealmente lo spettatore dentro uno spaccato di vita quotidiana, altrui  e allo allo stesso tempo condivisibile da tutti, come può essere fare la spesa in un mercato rionale; immerge quindi in una scena brulicante di personaggi, cruda e sanguigna  – come le carni esposte, e che palesa una delle caratteristiche del capoluogo siciliano – e rende protagonista non più l’eccezionale ma l’ordinario innalzandolo a qualcosa di degno d’essere raccontato ed eternato: in pieno spirito del Realismo ‘800esco e poi del Neorealismo cinematografico.

Non a caso, la raffigurazione sembra un fermo-immagine di pellicola, o un’istantanea fotografica – ve ne dirò meglio più avanti – e in tutto ciò risiede, a mio modesto parere, la sua grandezza, insieme alla capacità di provocare un effetto sinestetico.

Infatti, per il tramite del cromatismo e del segno, entrambi fotissimi ed esaltanti, dell’efficacia della composizione, della densità di persone presenti, del loro affaccendamento nella normalità di una mattinata dedicata alla spesa per la cucina, è resa l’atmosfera di quel luogo che immaginiamo e sentiamo carico del vocio e della cantilena quasi araba dei vanniaturi  e dei profumi dei prodotti locali esposti sui banchi e che sono  gli “ingredienti saporosi per la cucina siciliana”

“Lo spazio viene scandito ritmicamente dalle cassette ricche di pesci e di crostacei a sinistra, dal marmo, dove il pescivendolo mette in bella mostra le teste dei pescispada, fino alle casse di frutta e verdura che circondano i passanti, senza dimenticare la macelleria con il realismo crudo delle carni appese sugli uncini da carnezziere”, ci descrivono gli organizzatori dell’evento.

In tutta l’ambientazione si intravede solo un pezzetto di strada, visibile ai piedi della donna al centro. E’ lei, con il suo abito bianco e luminoso, il vero attivatore del punctum che nel linguaggio fotografico è teorizzato da Roland Barthes (La chambre claire, Paris 1980)?

Già, perché una Fotografia la ricorda, un suo dettaglio, per la precisione: avete presente la celeberrima Gli italiani si voltano scattata da Mario De Biasi  a Milano nel 1953 (per ” Bolero”), dove è centrale l’incedere carnale di una donna di spalle e di bianco-vestita (la modella era una giovanissima Moira Orfei) che accende la scena? Ecco. In quella era espresso, nel cono di un ottimismo postbellico,  il… carattere italiota, la sensualità muliebre, lo stereotipo e un maschilismo ancora imperante in attesa di una liberazione femminile di là da venire; nell’opera di Guttuso quella protagonista dipinta sembra decisamente averla raggiunta, qualla liberazione – siamo pur sempre negli anni Settanta! -, consapevole di sè, della sua autonomia.

Si incammina, semplicemente, nel tran tran della vita moderna come ognuna di noi.

Mario De Biasi, Gli italiani si voltano, Milano, 1953
  • La Vucciria di Renato Guttuso
  • Camera dei Deputati – Sala della Lupa
  • Ingresso da Piazza del Parlamento, 25
  • 29 novembre 2019 – 12 gennaio 2020
  • Ingresso libero
  • Ufficio stampa Civita – Barbara Izzo Tel. 06 692050220, e-mail: b.izzo@operalaboratori.com
  • L’evento è promosso dall’Università di Palermo, dalla Fondazione Sicilia e organizzato da Civita, con il contributo di Igea Banca
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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