Stefano Cigada. Frammenti, luce e catalogazione del tempo perfetto nelle sue fotografie

immagine per Stefano Cigada
Museo Nazionale Romano, Roma 9.3.2019; 11.07 480x330 mm stampa fine art su carta d’archivio ©Stefano Cigada

Va da sé che quando ci si propongono fotografie in bianco e nero di eccezionale forza espressiva che immortalano la statuaria, è inevitabile ricordare Mimmo Jodice che dagli anni Ottanta ha sviluppato un’attenzione per l’archeologia e per l’antico producendo molte serie sul tema e disinteressandosi del Decisive Moment teorizzato ed esaltato da Henri Cartier-Bresson.

Pure Stefano Cigada non focalizza il suo lavoro sull’immediatezza, su quel momento decisivo, sullo scatto che eterna reportagisticamente; il suo è, al contrario, uno sguardo affilato ma lento, che cerca qualcosa che dovrà giungere e, una volta arrivato, riassumerà il pensiero dell’operator. Lento è quindi anche il ritmo del suo procedere.

Egli infatti, eterna l’archeologia statuaria di volta in volta esaminata – qui resa in ventuno preziose stampe – attendendo a lungo, anche tornando e ritornando sul luogo e sullo stesso soggetto, per centrare il momento per lui giusto in cui la luce dettaglia, indaga e svela, in modo preciso e perfetto, una frazione dell’insieme osservato in cui – egli ci dice – si rivela “l’infinito”: nel “frammento”.

Cigada è infatti interessato non al soggetto nel suo insieme ma a una sua parte perché per lui più evocativa e stimolo per uno sforzo immaginifico da parte dell’osservatore a completare l’immagine. Quando quella luce arriva, e fa brillare ed emergere lo spectrum – con l’uso di lenti molto luminose aperte al massimo e non usando il cavalletto – tutto si compie. A quel punto, titola le fotografie con l’orario esatto dello scatto e indicando il luogo in cui quello spectrum è stato immortalato.

“Museo Nazionale Romano, Roma 9.3.2019; 11.07”; “Musei Capitolini, Roma 22.3.2019; 13.17”; “Centrale Montemartini, Roma 16.6.2019; 15.59”; “Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, Siracusa 1.9.2019; 11.37” e così via.

Questo rende il lavoro diverso da altri del genere, lo posiziona nell’ambito concettualistico e sottolinea nella sua Fotografia il valore e la scansione del tempo: che la sostanzia. L’attimo fuggente in un reperto storico, e la sua essenza, è quello che l’autore cerca, e lo fa, come detto, rintracciandolo in una sua porzione. Sa bene che molte opere sono giunte a noi frantumate, spesso acefale, prive di alcuni pezzi, riuscendo, ciò nonostante, a comunicare una straordinaria profondità poetica e un’enorme bellezza: basti solo pensare alla famosa Nike di Samotracia attribuita a Pitocrito (circa 200-180 a.C. e oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi), o alla Venere di Milo (l’Afrodite greca priva di braccia e basamento, conservata pure al Louvre). La mancanza di integrità, la ferita, nulla toglie alla magnificenza e alla narrazione di quelle opere e anzi sembra quasi caricarle di umana fragilità, quasi commovente.

Così Cigada parte da questa constatazione e va ancora più dentro questo fenomeno in cerca di un piccolo frammento nell’opera che sta ammirando e fotografando: lo vuole esemplificativo, di indubitabile incanto e che possa attivare la sua e l’altrui immaginazione, portata a ricreare l’interezza dell’opera. La luce è ciò che permette questa epifania e quasi una rinascita e l’attesa che essa arrivi diventa quasi un rituale zen che rafforza il risultato finale.

“La luce del giorno, che cambia nel giro di un istante, fornisce una prova del dato scientifico, quasi come una performance.”, dice; e chiarisce: “Ad esempio alla Centrale Montemartini il 27 di settembre una delle mie statue preferite – il guerriero morente del tempio di Apollo Sosiano – è accarezzata per dieci minuti da un raggio di sole. Una settimana prima e una settimana dopo il sole passa oltre, e la fotografia è inutile. Solo durante quei 10 minuti succede qualcosa di magico. E quelli sono i miei dieci minuti, quelli che voglio acciuffare”.

Cataloga, quindi, ogni sua foto in cui porta questo processo estetico-contenutistico in modo quasi archivistico e ciò, come detto, rende questa sua ricerca unica, assolutamente autoriale e concettualistica.

Info mostra

  • Frammenti. Fotografie di Stefano Cigada
  • A cura di Jill Silverman von Coenegrachts
  • Dal 22 gennaio al 15 marzo 2020
  • L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali Zètema Progetto Cultura
  • Museo di Roma in Trastevere
  • Da martedì a domenica ore 10.00 – 20.00
  • Ufficio stampa mostra: Maria Bonmassar | ufficiostampa@mariabonmassar.com
  • Ufficio stampa Zetema Progetto Cultura: Chiara Sanginiti | c.sanginiti@zetema.it
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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