Lucio Del Pezzo – Addio all’archivista di archetipi segni e oggetti

Lucio del Pezzo, opera

Lucio Del Pezzo nasce il 13 dicembre nel 1933 a Napoli e qui si forma alla Scuola Libera di Disegno di Storia dell’arte di Mario Napoli e poi all’Accademia di Belle Arti.

Ancora in debito, come moltissimi giovani artisti della sua generazione, con l’Espressionismo astratto e gestuale, che lo caratterizza ancora nella sua prima personale (1955, Galleria La Chiocciola, Padova), se ne affrancherà qualche anno dopo. Intanto, inizia a distinguersi come animatore d’avanguardia; sarà tra i fondatori del Gruppo 58, nato tra i sodali  Luca (Luigi Castellano) e i giovani pittori partenopei Guido Biasi, Bruno Di Bello, Sergio Fergola, Mario Persico e, appunto, Del Pezzo; il gruppo, che aveva rapporti con il Nuclearismo (Milano, 1952 – 1957), a cui aveva dato un suo apporto, espone alla Galleria San Carlo di Napoli nel 1958.

Del Pezzo, che con il Gruppo dà vita alla rivista “Documento Sud”, diretta da Luca, conosce Edoardo Sanguineti e da questo momento il sodalizio tra i due sarà produttivo: il poeta scriverà testi per Del Pezzo – era frequente, allora, la liason inellettuale tra poeti e artisti: Sandro Penna ed Emilio Villa tra i tanti, furono penne di critica d’arte eccezionali – e i due collaborarono anche per la  realizzazione di alcuni libri d’arte, oltre a firmare, insieme a protagonisti della neoavanguardia napoletana, milanese e a molti artisti sperimentali come Nanni Balestrini, Paolo Radaelli, Leo Paolazzi, Sandro Bajini, Giuseppe Alfano, Donato Grieco, Enrico Baj, Angelo Verga, Antonio Recalcati, Ettore Sordini, oltre ai sodali Luca, Fergola, di Bello, Persico,  Biasi, il Manifeste de Naples nel 1959.

Dopo un anno a Matera, città molto amata da Del Pezzo, si trasferì nel 1960 a Milano dove ha la sua prima personale nell’importante Galleria di Arturo Schwarz; l’anno dopo espone negli Stati Uniti ed è insignito del Premio Carnegie International Award. Nel 1962 su “Art International” compare un saggio su di lui a firma di Enrico Cripolti, che lo inviterà alla rassegna Alternative attuali a L’Aquila.

Nel decennio degli anni Sessanta il suo linguaggio esplicita una riflessione sui concetti di assemblage e di ready-made. La figurazione neodadaista degli inizi, piena di riferimenti alla cultura popolare partenopea, via via si orienta verso una geometria razionale ed essenziale di richiamo metafisico ma con un’attenzione all’archetipico pur se con aperture – inevitabili in quegli anni – verso postulati Pop, forse in ciò maggiormente influenzato dallo sbarco in forze e dal successo di New Dada e Pop Art alla famosa Biennale di Biennale di Venezia del 1964, dove è invitato ed espone per la sua prima volta.  La caratterizzazione articolata della sua ricerca permea le sue opere dipinte, i collage, i rilievi e i tanti oggetti-feticci ed è molto interessante l’organizzazione di ogni simbolo e oggetto da lui disposto come serie di reperti con una strutturazione architettonica e colori squillanti.

Dopo la partecipazione alla Triennale di Milano, nel 1965 è alla mostra inaugurale dello Studio Marconi: con Giorgio Marconi e la sua galleria nascerà una lunga collaborazione nell’ambito di quella che è stata definita “l’avanguardia in via Tadino”  in cui forse a Del Pezzo avrebbe avuto diritto a una maggior rilevanza, con una galleria alle spalle come quella, che avrebbe potuto e dovuto fare di più per fortificare le quotazioni dell’artista… ma tant’è. Le mostre e le sue personali da Marconi saranno comunque numerose.

Nel 1966 è nuovamente invitato alla Biennale di Venezia: ha una sala personale e la presentazione è di Gillo Dorfles.

In questo periodo crea oggetti in legno verniciato o in foglia dorata e li pone in più diretto rapporto con il fruitore, interessato al coinvolgimento dello spettatore, talvolta adottando il registro dell’ironia quando non della dissacrazione, mai abbandonando quella caratteristica quasi enciclopedica archivistica che lo contraddistinse sempre.

Nel 1967 partecipa all’organizzazione della mostra De Metafisica nella Galleria Kruger a Ginevra dove espone con de Chirico, Carrà, Morandi, De Pisis, Sironi e Gnoli e l’anno successivo ha la sua prima personale a Parigi. Qui soggiorna a lungo, risiedendo in quello che era stato lo studio di Max Ernst, e realizzando nel 1973 per il Centre Pompidou di Parigi Il muro, opera, che copre due lati della recinzione del cantiere di costruzione del Beaubourg, mentre lo Stato francese gli commissiona due grandi sculture all’aperto per un complesso di architetture scolastiche.

Nel 1970 ha, nel frattempo, iniziato, come progettista grafico, una fertile collaborazione con la Olivetti e poi con il gruppo automobilistico Renault Italia; e continua ad esporre: ha una rilevante antologica al Salone dei Contrafforti in Pilotta a Parma curata da Arturo Carlo Quintavalle e nel 1974 una retrospettiva alla Rotonda di via Besana a Milano curata da Guido Ballo.

Nel 1979 ritorna definitivamente in Italia stabilendosi a Milano, dove espone allo Studio Marconi le opere del ciclo De Chirico – Paraphrases, e iniziando poi a lavorare anche come scenografo.

Inizia a insegnare – anche in alcune università e college in California – e dal 1984 gli è assegnata la cattedra di Ricerche sperimentali sulla Pittura alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano: l’insegnamento lo coinvolge in modo appassionato e appassionante; ma le mostre proseguono: nel 1988 è a Mosca al Palazzo dell’Arte, nel 1994 alla Casa del Mantegna di Mantova; nel 1996 viaggia  lungo, va in India, Nepal e Polinesia; nel 1998 l’architetto Marco Zanuso gli commissiona una grande pittura per la sede milanese della casa di moda Gian Franco Ferré; nel 2000 l’Institut Mathildenhöhe di Darmstadt presenta la sua prima grande retrospettiva in Germania mentre Napoli torna in modo potente nella sua biografia: è infatti chiamato a realizzare quattro grandi rilievi ceramici e una plastica in bronzo per due delle stazioni della nuova metropolitana partenopea (rese nel 2001) ed ha una grande mostra antologica al Castel dell’Ovo.

Tra le mostre a  seguire, si segnala Sagittarius alla Fondazione Marconi, a Milano, tra il novembre 2014 e il gennaio 2015, e la mostra sulle opere anni Sessanta da Andrea Ingenito Contemporary Art – AICA. a cura di Ingenito e Piero Mascitti tra il novembre 2016 e gennaio 2017.

Lucio Del Pezzo si è spento qualche giorno fa, il 12 aprile a Milano, sua città d’adozione, in piena emergenza Covid-10, a 86 anni.

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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