17. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia. How will we live together? – Una passeggiata emozionale

immagine per 17. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia
How will we can live together, Giardini della Biennale (ph Manuela De Leonardis)

Anice menta, origano, salvia, lavanda: piccoli semi pronti per essere piantati, portatori di nuova vita vengono dati nel padiglione della Danimarca dal titolo con-nect-ed-ness, curato da Marianne Krogh ai Giardini alla 17. Mostra Internazionale di Architettura, dove è centrale la riflessione sull’acqua, impiegata anche per offrire una tazza di tè ai visitatori.

Il profumo del legno chiaro è accogliente come la struttura che avvolge la facciata del padiglione degli Stati Uniti (American Framing curato da Paul Andersen e Paul Preissner). All’insegna di un percorso domestico questo breve excursus che accompagna la photogallery realizzata nelle giornate inaugurali di How will we live together?

Sia chiaro: il punto di vista è soggettivo e questa passeggiata – che tale è, appunto – ha un carattere emozionale, non certo di analisi critica delle opere dei 112 partecipanti provenienti da 46 paesi.

Il tema della memoria appartiene alla visione condivisa dal presidente Roberto Cicutto e dal direttore Hashim Sarkis. Proprio Sarkis, nell’immaginare spazi del presente e del futuro, nella sua dichiarazione ha sottolineato l’importanza del vivere insieme (il together che compare nel titolo):

insieme come esseri umani che, nonostante l’individualità crescente, desiderano ardentemente connettersi tra loro e con altre specie attraverso lo spazio digitale e reale; insieme come nuovi nuclei familiari alla ricerca di spazi abitativi più diversificati e dignitosi; insieme come comunità emergenti che reclamano equità, inclusione e identità spaziale; insieme oltre i confini politici per immaginare nuove geografie di associazione; insieme come pianeta che sta affrontando crisi che esigono un’azione globale affinché tutti noi continuiamo a vivere.”

Oltre ai padiglioni dei diversi paesi, la mostra è organizzata in cinque “scale” (o aree tematiche), allestite all’Arsenale e al Padiglione Centrale ai Giardini: Among Diverse BeingsAs New HouseholdsAs Emerging CommunitiesAcross Borders e As One Planet.

Il concetto di casa, anche in chiave di simbolica evoluzione di micro-società, è fondamentale in particolare in Co-ownership of Action: Trajectories of Elements, il padiglione del Giappone, prodotto e sostenuto dalla Japan Foundation con la curatela di  Kozo Kadowaki e la partecipazione di Jo Nagasaka, Ryoko Iwase, Toshikatsu Kiuchi, Taichi Sunayama, Daisuke Motogi, Rikako Nagashima, e nel padiglione dell’Uzbekistan al suo debutto in laguna con la partecipazione dell’Art and Culture Development Foundation under the Ministry of Culture of the Republic of Uzbekistan con tanto di taglio del nastro alla presenza di Saida Mirziyoyeva, figlia del presidente Shavkat Mirziyoyev.

In Mahalla: Urban Rural Living (i curatori sono Emanuel Christ e Christoph Gantenbein) all’Arsenale è ricostruita una mahalla (tradizionale nucleo abitativo e quartiere urbano) di Tashkent in chiave minimal: la struttura di tubi gialli lascia spazio ad un’immaginazione resa ancora più coinvolgente dalle fotografie dei dettagli delle decorazioni interne realizzate da Bas Princen e dal sound della quotidianità di Carlos Casas. La ricerca scientifica è stata condotta in collaborazione con gli studenti del Center for Contemporary Arts di Tashkent che hanno prodotto anche la fanzine Mahalla 40 in cui vengono esplorati i diversi aspetti della tradizione uzbeka: dal cibo (kuk somsa, qurt, xonim) al rito del tè (choy) ai ricami tradizionali Palak.

Poetico, ma non retorico, il padiglione giapponese con la Takamizawa House (dal nome del proprietario), costruita a Tokyo nel 1954. Una storia che si evolve nel tempo fino al 2019, quando la casa viene abbattuta per lasciar spazio a nuove costruzioni. Ogni pezzo – dalle travi lignee alla vasca da bagno, dai fusuma ai tatami – è stato smontato, catalogato e spedito a Venezia, dove è esposto nel padiglione progettato negli stessi anni in cui veniva costruita Casa Takamizawa dall’architettoTakamasa Yoshizaka. Alla fine della Biennale sarà riassemblato ad Oslo, dove la costruzione avrà una nuova vita.

Guarda al futuro anche il progetto Life Beyond Earth firmato dallo studio SOM – Skidmore, Owings & Merrill in collaborazione con l’ESA – European Space Agency nell’esplorare nuovi ambienti domestici sulla luna per gli astronauti: una sfida che, decisamente, va oltre i confini dell’immaginazione.

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Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Scrive di fotografia e arti visive sulle pagine culturali de il manifesto (e sui supplementi Alias, Alias Domenica e L’ExtraTerrestre), art a part of cult(ure), Il Fotografo, Exibart. È autrice dei libri A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (Postcart 2011); A tu per tu con grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (Postcart 2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (Postcart 2013); A tu per tu. Fotografi a confronto - Vol. IV (Postcart 2017); Isernia. L’altra memoria (Volturnia Edizioni 2017); Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco (Postmedia Books 2019); Jack Sal. Chrom/A (Danilo Montanari Editore 2019).
Ha esplorato il rapporto arte/cibo pubblicando Kakushiaji, il gusto nascosto (Gangemi 2008), CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (Postcart 2013), Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (Ali&No 2015), Jack Sal. Half Empty/Half Full - Food Culture Ritual (2019) e Ginger House (2019). Dal 2016 è nel comitato scientifico del festival Castelnuovo Fotografia, Castelnuovo di Porto, Roma.

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