I borsisti di Villa Medici fanno scintille. Étincelles all’Académie de France

immagine per I borsisti di Villa Medici fanno scintille. Étincelles all'Académie de France

È in corso a Villa Medici – Accademia di Francia a Roma, la mostra annuale dei Borsisti, 16 pensionnaires che, nel corso di un’intera stagione hanno sviluppato progettualità inerenti alle loro specifiche competenze.

Si tratta di professionisti che attraverso questa esposizione, mettono a frutto le proprie idee e la propria creatività con messaggi rivolti ai visitatori e interrogativi sul senso di certe argomentazioni.

Non a caso la mostra proposta in questo 2022 si intitola Étincelles, ovverosia scintille, come quelle che scaturiscono da incontri o scontri tra persone, aldilà di ogni isolazionismo; e questo lavoro di gruppo, per dodici mesi, è stato sicuramente frutto di una condivisione artistica partecipativa che ha portato a collaborare più artisti, nel corso dell’anno, su vari progetti, dentro e fuori Villa Medici, senza annullare ma anzi consolidando la propria personalità professionale.

A guidarli e a coordinare le loro opere negli spazi espositivi della Villa in un itinerario decisamente originale è stato Saverio Verini, già curatore de La nuit blanche con la quale ogni anno i nuovi pensionnaires arrivati presentano le loro specifiche attività.

Una mostra in cui Roma fa capolino e nelle quali vengono ben espresse le relazioni tra la città e le singole sensibilità e che propone un percorso in cui diverse realtà del territorio sono state sviluppate in diverse tipologie, offrendo indicazioni più dirette o subliminali sulla comunicazione generata da ogni lavoro.

Una esposizione, al tempo stesso, divisa in microsezioni con luoghi che rappresentano delle accumulazioni di dettagli e materiali o riflessi simbolici di un concetto mentale dell’artista.

Le scintille artistiche che illuminano il visitatore sono frutto di una evoluzione espressa con cognizione soggettiva e che vedono l’opera parlare, con provocazione o sperimentazione, al posto dell’artista, ma che sicuramente sanno ben trasmetterci il suo pensiero, più o meno condivisibile a seconda della propria esperienza socio-culturale.

La prima sala, entrando a sinistra, induce immediatamente ad un’immersione totale in cui suono, partiture e disegni realizzati da Hèctor Parra, anche autore delle musiche, si ispirano ad alcune opere museali e al testo pasoliniano Orgia.

Ispirandosi a modelli romani di bronzo e marmo, Hector è andato alla ricerca dei gesti nel disegnare che potessero cristallizzare la musica che componeva.

Più avanti, in un cunicolo sotto una loggia la scrittrice Kaouther Adimi è uscita dal suo campo per cercare una visualizzazione e formalizzazione di alcune delle atmosfere che sono parte del suo nuovo libro, Au vent mauvais, in uscita a settembre.

L’argomento è Versailles, che fa riferimento a un episodio non molto conosciuto legato alla II guerra mondiale in Francia, reso visivamente con paglia, scatole di archivio e carta, con l’obiettivo di far interrogare lo spettatore sulle storie singole che la Storia contiene.

Il regista Guy Régis Jr ha scelto la cisterna di Villa Medici, luogo già di per sé carico di suggestioni per collocare un’installazione video con una colonna sonora molto forte sul tema della violenza come componente inevitabile dei rapporti tra gli esseri umani.

Così vanno le cose è il titolo del lavoro di Charlie Aubry che rappresenta in qualche modo una traduzione del contesto dello studio che l’artista ha abitato per un anno.

Ci si trova infatti davanti ad un’accumulazione di oggetti e di incontri di un vissuto che si attivano e dialogano anche in modo aleatorio. Una sorta di estetica del fai da te che vede convivere in simbiosi una parte artigianale e una sezione tecnicamente sofisticata.

Marta Gentilucci, unica italiana fra i sedici pensionnaires, si è cimentata in un intervento installativo dal titolo Cartografie del corpo: il gesto ossessivo di una signora anziana, ripresa di seguito per un’ora a disegnare spirali, fa riflettere sul tema del diventare vecchi che, al contrario della sua emblematicità negativa, può far trasparire azioni ricche di grande creatività e bellezza.

La visita dei luoghi d’arte in questo anno è stata fondamentale nello sviluppo progettuale di ogni borsista. In particolare, per Noemie Goddard è stato l’incipit di una ricerca che ha investigato sull’interiore e l’interiorità.

Un’inchiesta che propone di farci riflettere sulla modalità e funzione di certi spazi in cui viviamo, da piccoli elementi a grandi architetture sperimentali in relazione alla nostra spiritualità e senso interiore.

Accedendo al maestoso corridoio espositivo in salita, entriamo in una dimensione del paesaggio in cui convivono, in forma astratta o tecnica, elementi terrestri, atmosferici e liquidi.

Il primo artista a scatenare una multipercezione del punto di vista visivo è Benoit Mairie, che propone, in tre differenti tele, un ripensamento della pittura e di alcune tradizioni della storia della pittura.

La sua arte cita al contempo il concetto architettonico degli artisti italiani cosiddetti “primitivi”, maestri della prospettiva intuitiva, ma diventa più sperimentale con l’uso in parti di bombole spray e mani realizzate con retino serigrafico, producendo quindi una vera e propria scintilla tra arte classica e tecniche contemporanee.

La traslazione del linguaggio è alla base del lavoro di Marielle Macé, che ha deciso di dare un corpo diverso alla scrittura espressa nella pagina di un libro ispirandosi ad un suo saggio sulla respirazione.

In pratica, con l’aiuto del grafico Francesco Arniti, ha cercato di evidenziare il sentimento dell’irrespirabilità del tempo e dell’habitat intossicato in cui sono prigionieri gli esseri umani nella società attuale proprio attraverso un rapporto nella spazialità tra i caratteri testuali.

Mathieu Peyroulet Ghilini sviluppa, sulla parete, un itinerario ricavato dal linguaggio delle forme utilizzando assi numerici in varie dimensioni. Una scala, realizzata con grafica tridimensionale, si poggia sul muro sotto a una serie di disegni composti in materia seriale.

Il gioco, guardandole in successione, è quello di comprendere che, all’apparenza diverse, queste immagini fanno tutte parti di un unico insieme.

Un altro cammino è l’imponente opera realizzata da Ivàn Argote, colombiano di origine, che esprime bene il concetto di passaggio e di ponte come elemento spirituale.

Una grande massa di cemento color chewing gum, ai lati della quale sono inseriti elementi vegetali trovati nei giardini di Villa Medici, evoca il dialogo tra natura e progresso in cui l’uomo, calpestando il percorso, si interroga.

Dal luogo mentale a quello fisico: la successiva proposta, a cura di Théodora Barat, si sofferma sul paesaggio urbano e periferico della Capitale, interesse derivato dal suo amore per i luoghi raccontati da Federico Fellini in molti suoi film.

La sua “scultura documentaria”, filtrata dagli elementi preesistenti del paesaggio architettonico viene espressa attraverso dei video che riprendono l’opera montata nel suo contesto urbano e dai singoli materiali che l’hanno composta, smontati nelle parti, quali fossero attori recitanti nella messinscena mostrata nell’audiovisivo.

Aude Faurel inizia la terza sezione della mostra proponendo una serie di filmati legati alla resistenza palestinese e curda nei quali si innesta e sovrappone la figura di una regista contemporanea, la tedesca Monica Maurer, che la filmò in prima linea a Beirut tra il 1976 e il 1982.

Un racconto visivo che offre un confronto tra passato e presente e stimola da un’analisi riflessiva su tre schermi, che evidenziano gli aspetti diversi della vicenda.

Di fronte alla piccola cripta degli audiovisivi, il pubblico troverà una serie di fascicoli da poter portare via: è l’opera realizzata da Julie Pellegrin, una pubblicazione corposa con una lunga intervista ad una figura chiave della storia recente legata a Roma: Fabio Sargentini.

Fondatore della galleria L’Attico, la sua rivoluzionarietà protesa a modificare il sistema dell’arte e la cognizione percettiva di essa, è assimilabile al concetto di performance creativa sul quale ha a lungo indagato la borsista nelle sue pubblicazioni ed esperienze precedenti.

Anomalo e curioso al contempo, è l’esperimento compiuto invece da Samir Boumediene, che ha concentrato la sua ricerca su un motivo iconografico pressoché noto: la verità messa a nudo dal tempo.

In questo caso ha cercato e trovato delle corrispondenze tra il tema proposta e la fermentazione degli alimenti, un processo che ne rivela la natura e le proprietà proprio attraverso il passare del tempo.

Il dialogo tra passato e presente continua con la regista Evangelia Kranioti, di origine greca, che ha fatto riprodurre delle teste di gesso dalle statue dei giardini medicei della Villa per farle trasportare dai migranti, filmandone il percorso, in tragitti della Roma notturna.

I contesti silenziosi e fantasma delle rotaie sotto ai cavalcavia della tangenziale sono il luogo perfetto per descrivere atmosfere tetre che ben legano le erme scultoree – Hermes è il protettore dei viandanti – ai migranti, in un percorso che parte dalla mitologia per arrivare a trattare tematiche contemporanee di estrema attualità.

L’ultima opera in esposizione è quella di Nidhal Chamekh, riferita ad un personaggio francese dalla grande storia, Jean-Baptiste Colbert, che incise molto sulla politica del tempo e fu iniziatore del cosiddetto code noir, la famigerata legge secondo la quale si stabiliva un riconoscimento legale della schiavitù nei possedimenti francesi d’Oltreoceano.

L’artista, per criticare e porre un’ombra sulle sue gesta, ne ha riprodotto un calco da un busto conservato in Villa e vi ha fatto colare un liquido nero, proprio a scuotere questo “immaginario positivo” appartenutogli finora.

Ètincelles chiuderà il 7 agosto: un’occasione di confronto e riflessione sull’arte e sul pensiero di questi creativi cittadini del mondo artistico, che a settembre lasceranno spazio  ai nuovi pensionnaires. Villa Medici li aspetta.

Website | + ARTICOLI

Laureata in Lettere e dottoressa di ricerca in Storia, teoria e tecnica del teatro e dello spettacolo, è stata per diversi anni cultrice della materia nella cattedra di Metodologia e critica dello spettacolo all’Università La Sapienza di Roma. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come pubblicista, ha collaborato per molte riviste e web magazine e attualmente scrive di cultura per “Dazebao”, “Leggere: tutti” e “artapartofcul(ture)". Curatrice artistica di alcune manifestazioni e rassegne culturali, ha lavorato come promoter musicale per artisti, music club, festival ed etichette discografiche. Dal 2001 è titolare dell’agenzia a suo nome specializzata in promozione, ufficio stampa e pubbliche relazioni.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.