Es-senze a Palazzo Mocenigo. Una mostra da vedere anche ad occhi chiusi

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Venezia, 59° Biennale d’Arte. La città è ricca di mostre interessanti. Mostre impegnate su temi di attualità, ricche di contenuti, in linea con le scottanti tematiche correnti. Ma ce n’è una, nel sestiere di Santa Croce, che si distingue dalle altre. Che, invece di utilizzare l’arte per veicolare un contenuto, compie il processo inverso, ovvero: si focalizza sulle opere facendone significato e significante. Si tratta di Es-senze, a cura di Pier Paolo Pancotto con Chiara Squarcina, in corso al Museo di Palazzo Mocenigo, fino al 27 novembre.

Per usare le parole del curatore, con cui ho avuto l’opportunità di visitare la mostra:

Lo scopo di Es-senze è ricucire un rapporto emotivo tra il visitatore e l’opera d’arte che, a volte, rischia di essere sottostimato alla ricerca di un significato altro.

Spesso, a forza di inseguire un contenuto si tende a perdere l’immediatezza dell’arte; si perde di vista l’opera stessa; mentre è proprio quella l’origine del contenuto, non solo fisico ma anche emotivo.”

Es-senze rappresenta un unicum nel panorama espositivo nazionale e, forse, anche internazionale perché, come ha sottolineato Pier Paolo Pancotto:

“Per la prima volta, la mostra a Palazzo Mocenigo presenta un corpus di opere, realizzate da artisti visivi che coinvolgono il pubblico oltre la visione, attraverso l’olfatto, in un percorso multisensoriale che non ha precedenti.

Le mostre dedicate, in passato, al profumo ne offrivano una traduzione visiva; basti pensare alle esperienze futuriste o surrealiste; oppure, erano esposizioni non tanto legate all’arte, quanto piuttosto ad altri contesti, come il mondo della moda, della cosmesi o della profumeria”

Es-senze è un percorso multisensoriale ma uni-disciplinare, alla scoperta delle opere di dodici artisti – disseminate nei suggestivi ambienti dello storico palazzo – non solo tramite la vista ma anche, e soprattutto, attraverso l’olfatto, per amplificare, in una maniera del tutto inedita, il proprio rapporto con la creazione artistica.

Nel corso della sua esperienza, infatti, il curatore si è imbattuto più volte in opere multisensoriali, da contemplare non solo attraverso la vista ma anche tramite altri sensi.

In particolare, egli è sempre stato affascinato dall’olfatto, sedotto dal profumo inteso come catalizzatore di memorie, amplificatore di esperienze, cassa di risonanza delle sensazioni. Anche perché le immagini si possono dimenticare ma gli odori, seppur respirati fugacemente, rimangono per sempre impressi nella memoria inconscia.

Es-senze è una mostra nata dall’esigenza e dalla curiosità di esplorare le enormi potenzialità delle opere d’arte e che trova le sue radici nell’esperienza vissuta, nel rapporto con gli artisti che, per Pier Paolo Pancotto è sempre prioritario, anche se arriva dopo un primo contatto “autonomo” con l’opera.

Negli anni, il curatore ha catalogato mentalmente gli artisti che hanno esplorato la percezione olfattiva, fino a trasformare questo archivio mnemonico in questo progetto, Es-senze, proposto a Palazzo Mocenigo.

Tale museo è la location ideale per accogliere questa mostra, dal momento che, in quanto Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo, ha come vocazione, insita nel proprio DNA, l’attenzione per un’esperienza artistica che vada oltre la canonica visione.

L’esposizione deriva, dunque, da un lavoro di ricerca, in cui il curatore ha messo insieme le opere di dodici artisti che avevano già palesato l’interesse ad andare oltre la visione per sperimentare nuove forme di fruizione dell’opera, in particolare olfattive.

Pancotto ha inoltre precisato:

“Chiaramente, Es-senze rappresenta un progetto in fieri, non ha una pretesa di esaustività; anche perché, in corso d’opera, si sono aperti nuovi filoni di ricerca”.

In mostra sono presenti sia lavori realizzati diversi anni fa, come Dialogo di Eva Marisaldi oppure Born to be burnt di Mircea Cantor o ancora Spazio di luce di Giuseppe Penone, per citarne alcuni, sia opere recentissime, realizzate per l’occasione; tra queste: Riverberi di Bruna Esposito, Spirit di Nico Vascellari o 37 Old Road #1, #2, #3 di Mateusz Choròbski. Poi c’è il caso di Florian Mermin, il più giovane in mostra, cha ha fatto dell’olfatto uno dei tratti distintivi della sua ricerca.

Il motivo per cui le opere risalgono a periodi così diversi tra loro deriva da quella che, a mio parere, è stata una delle difficoltà più curiose ma anche stimolanti e costruttive poste da questo progetto: la necessità di “musealizzare” i lavori.

In altre parole, per organizzare Es-senze il curatore ha dovuto conciliare esigenze agli antipodi: da una parte, rispettare lo spazio museale pubblico, soggetto come tale ad una serie di normative e vincoli volti alla tutela dei visitatori; dall’altra, installare opere particolarissime, caratterizzate da profumi e odori, spesso composti, tra gli altri ingredienti, anche da sostanze alcoliche, logicamente vietate in ambienti pubblici.

La mostra ha poi posto altre avvincenti sfide, da una parte, legate alla meravigliosa location. Un luogo antico, con una forte personalità, in cui le opere hanno dovuto trovare un “loro spazio”, in sintonia con l’ambiente circostante.

Dall’altra, connesse alla natura stessa delle opere esposte che, in quanto odorose, occupano uno spazio fisico ben più vasto del loro volume.

La sfida principale per il curatore è stata quella di creare un’armonia olfattiva tra i lavori, calibrando le presenze degli artisti in base all’intensità delle singole profumazioni, in un delicato gioco di equilibri e bilanciamenti, affinché ogni lavoro emergesse valorizzato da quelli adiacenti.

Così ha affermato Pancotto:

Dal momento che  il lavoro sugli odori è così intimo che penso veramente che ogni opera si possa considerare come una sorta di autoritratto traslato del suo autore.”

Tutto questo è stato declinato in un virtuoso lavoro di ricerca e brainstorming attraverso il quale, ragionando con gli artisti e grazie al sostegno tecnico di MAVIVE, azienda veneziana specializzata nella realizzazione di profumi, Pancotto è riuscito a trovare soluzioni brillanti ed efficaci, per un allestimento curato in ogni minimo dettaglio.

Nella mia visione, il percorso si struttura in tre parti, andando a costruire, come ha affermato anche il curatore, una sorta di dialogo tra interno ed esterno.

La prima parte, intima e delicata, a mio parere induce ad una riflessione personale, privata; la seconda, più provocante e aggressiva è come se portasse prepotentemente il mondo esterno nelle sale del palazzo; la terza, aulica ed evocativa, apre ad una dimensione di carattere trascendente e spirituale.

La mostra si apre, dunque, con Eva Marisaldi e Mircea Cantor, le opere dalle fragranze più morbide ed accoglienti, come per invitare i visitatori ad una riflessione sulla memoria intima.

Da qui, si passa ad una dimensione domestica e familiare con le opere di Florian Mermin, e Paola Pivi strategicamente collocata al termine di questo primo capitolo espositivo, con il suo accattivante “Untitled (small sofa in Wien)” che apre ad una dimensione più social.

Poi, i visitatori sono condotti idealmente fuori: prima dolcemente, nella natura, con il profumo di resina e legno di Penone; subito dopo, bruscamente.

Le opere di Luca Vitone, Nico Vascellari, Jason Dodge, in un crescendo di odori, a tratti anche disturbanti, scaraventano simbolicamente nelle sale del palazzo una dimensione urbana, portando i fruitori ad una riflessione di carattere ampio, politico, pubblico; per poi tornare a Venezia con Nuovo Positivo (Testa) di Namsal Siedlecki che allude alla laguna.

Nella terza fase del percorso, dopo essere stati immersi nella brulicante umanità, i visitatori ascendono ad una dimensione evocativa e aulica, richiamata dall’alloro di Bruna Esposito e dagli incensi di Achraf Touloub.

Infine, la mostra si conclude con l’unica presenza storica della mostra, il manifesto: La flora futurista ed equivalenti plastici di odori artificiali (1924) di Fedele Azari.

Al termine di questo percorso così intenso, ricco di stimoli e spunti di riflessione, sorge spontaneo chiedere al curatore se, a parte la visita canonica alla mostra, supportata dai materiali informativi, come, didascalie, brochure, e catalogo, Es-senze si presti anche ad un’altra modalità di fruizione.

Ebbene, la risposta è indubbiamente sì. Trattandosi di un’esposizione multisensoriale, che coinvolge il visitatore “prendendolo per il naso” nel senso buono del termine, il curatore ne suggerisce, oltre a quella tradizionale, anche una visione irrazionale; per usare le sue parole:

Immagino che i visitatori, più che seguire un percorso prestabilito, percorrano liberamente le sale abbandonandosi alle sensazioni suscitate, di volta in volta, dalle scie olfattive delle opere”.

Del resto, l’olfatto è un senso altamente evocativo che, avendo il potere di richiamare alla mente esperienze quasi dimenticate, intime e personali, ci porta ad andare a fondo. Quindi, perché non lasciarsi andare a questa innovativa mostra e alle Es-senze che la popolano?

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Napoletana di nascita, romana di adozione. Appassionata di arte, cultura e benessere. Dopo un percorso universitario in Lettere e filosofia, con indirizzo in Storia dell’Arte, prima Contemporanea, poi Moderna, a Roma Tre e un Master alla Luiss, ho iniziato ad esplorare il mondo dell’arte e della comunicazione, sviluppando una visione critica personale. Oggi scrivo per diverse testate, perché non posso fare a meno di riflettere, rielaborare ed interpretare internamente ciò che vedo.

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