Preraffaelliti. Rinascimento moderno. Ma della Donna no

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In un giorno del rivoluzionario autunno 1848, un gruppo di giovani artisti decise di avviare una rivoluzione culturale, “ispirandosi ai tratti genuini di espressione sincera e spontanea grazia che avevano reso l’arte italiana così essenzialmente vigorosa e progressista, fino a quando gli appariscenti seguaci di Michelangelo non innestarono il loro frutto del Mar Morto sull’albero vitale proprio quando aveva raggiunto la perfetta maturazione autunnale per il mondo risvegliato”.[1]

Questo l’atto di nascita con cui Dante Gabriel Rossetti, ‎John Everett Millais e ‎William Holman Hunt, all’epoca ancora studenti alla Royal Academy, decisero di allontanarsi dalla linea formativa imposta dall’Accademia per rivolgersi all’insegnamento dei grandi maestri italiani, andando a fondare il movimento Preraffaellita, per loro un vero e proprio sodalizio artistico, una confraternita, come indica anche il titolo dello scritto di Hunt: Pre-Raphaelitism and and the Pre-Raphaelitsm Brotherwood.

Tuttavia, come confraternita il Preraffaellitismo ebbe un ciclo di vita breve, di soli 5 anni, dal momento che alcuni dei suoi membri andarono all’estero, altri vennero assorbiti da quel mondo accademico che volevano contrastare; come Frederic Leighton e Millais che non solo entrarono nella Royal Academy of Arts ma ne divennero anche presidenti, l’uno nel 1864 e l’altro nel 1896.

Mentre, come movimento, il preraffaellismo si affermò fino a diventare scuola, andando ben oltre i confini del Regno Unito, arrivando persino ad influenzare la stessa arte italiana da cui aveva preso le mosse; in una tempere culturale che si espresse oltre che in pittura, anche in scultura, arti applicate, design e fotografia, perdurando fino agli anni trenta del Novecento.

Tutto questo è rappresentato nella grandiosa mostra dall’eloquente titolo: Preraffaelliti. Rinascimento moderno, organizzata dal Museo Civico San Domenico di Forlì, istituzione che, da diversi anni, indaga i rapporti tra l’Ottocento e i linguaggi artistici precedenti.

La mostra forlivese, in corso fino al 30 giugno 2024, a cura di un comitato scientifico composto da studiosi italiani e stranieri[2], grazie ad un imponente corpus di oltre 320 opere offre un’esaustiva panoramica del movimento, dalle origini alle sue più tarde manifestazioni, mettendone per la prima volta a confronto le opere con quelle degli “Old Master” italiani.

Il percorso espositivo, allestito dallo studio Lucchi & Biserni, sullo sfondo di un avvolgente verde pavone, elaborato, in tre anni di lavoro, secondo un validissimo progetto scientifico, segue una struttura cronologica che procede per sezioni e approfondimenti, talmente accurati da potersi leggere come singole mostre monografiche.

Tra queste spicca il focus dedicato a Edward Burne-Jones, protagonista del gruppo, capace di fondere, con maestria e agilità, erudizione e ispirazione letteraria, nella cui sala trovano spazio splendide opere del ciclo Rosaspina, meglio conosciuta come Bella Addormentata, e di quello, incompiuto, ma ugualmente efficace, dedicato a Venere.

L’esposizione Preraffaelliti. Rinascimento moderno si apre nella maestosa Chiesa di San Giacomo con le opere di maestri italiani come: Cimabue, Giotto, Simone Martini, Beato Angelico, Botticelli e, lungo il percorso, si arricchisce di esponenti della pittura veneta, come: Veronese, Tiziano, Palma il Vecchio che, seppur posteriori a Raffaello, furono importanti ispiratori per la voluttuosa rappresentazione della bellezza femminile.

Come emerge dalla mostra, il movimento Preraffaelita ebbe in John Ruskin, di cui sono presentati pregevolissimi lavori, un’essenziale figura di riferimento. Dal momento che: “Fu lui a lanciare l’arte del passato divulgandola attraverso testi, illustrazioni e acquarelli” per usare le parole della curatrice Cristina Acidini.

Ruskin, per quanto riconoscesse la grandezza dei maestri del pieno Rinascimento, in una lettera spedita da Firenze nel 1845 scrisse: “Raffaello e Michelangelo sono dei grandi, ma da tutto quello che vedo sono stati la rovina dell’arte italiana. Datemi un Pinturicchio o un Perugino e avrete tutti i Raffaello del mondo”.

I suoi disegni, tavole e libri, insieme a quelli di altri contemporanei, come Alexis Francois Rio (di una decina d’anni precedente, con il testo: De la poésie chrétienne) o Anna Jameson, furono preziosi modelli e fonti di ispirazione per gli artisti; specialmente per quelli che, come Dante Gabriel Rossetti, non ebbero mai l’occasione di visitare l’Italia. Parallelamente, la National Gallery, fondata nel 1824, grazie alla direzione di Charles Eastlake – dal 1855, si arricchì di un’importante nucleo di opere italiane, diventando uno strategico luogo di studio per gli artisti.

I preraffaelliti, per quanto ammiratori dell’arte rinascimentale, erano fautori di un’arte “pura”, genuina nella forma, priva di quel lezioso manierismo, da loro definito con il termine slushy – fangoso, tipico dell’arte inglese dell’epoca e per questo, rifiutando gli insegnamenti dei due padri metaforici della pittura britannica, ovvero: Raffaello e Reynolds, prendevano come modello i maestri del primo Rinascimento, gli artisti cosiddetti “primitivi”.

Quella Preraffaellita era una pittura portatrice di temi impegnati e di valori morali. In un’Inghilterra che era alla testa dell’impero coloniale più vasto del mondo, in cui erano in atto importanti cambiamenti sociali; con una classe operaia sempre più sofferente ed una borghesia in ascesa, assuefatta ad una pittura caratterizzata da soggetti piacevoli, decorativi e aneddotici, praticamente legata allo stesso ambiente a cui era destinata, i Preraffaelliti proponevano, a colpi di pennello, una rivoluzione etica, oltre che estetica, caratterizzata dalla volontà di trasmettere, attraverso soggetti impegnati, realizzati con la brillante chiarezza di colori e semplicità delle composizioni proprie degli Old Masters, dei valori morali.

Eppure, è bene precisare che, a differenza dei Nazareni, per quanto i loro modelli principali fossero dipinti di carattere religioso, i Preraffaelliti non erano fautori di una “rivoluzione religiosa”. Quanto piuttosto portatori di una forza rigenerativa nuova, data dai “tratti ingenui schiettamente espressivi e [dal]la grazia spontanea” per usare ancora le parole di Hunt; e lo dimostra il fatto che in molti casi cercarono di laicizzare i soggetti religiosi e che non tutti fossero intenzionati a convertirsi.

Un altro aspetto interessante su cui fa luce la mostra è quello del ruolo delle donne che, come rivelato da recenti studi, non furono solo muse ispiratrici ma componenti attive del gruppo: artiste e poetesse; come Christina Rossetti, sorella di Dante Gabriele e autrice dimenticata fino agli anni ’70 del Novecento.

Tra le pittrici, in mostra sono presenti Elizabeth Siddal, Marianne Stokes ed Evelin de Morgan, che però, per quanto abili nella forma e nella tecnica, mi pare che nella rappresentazione dell’immagine femminile non siano andate oltre le convenzioni della morale borghese dominante.

In generale, sebbene realmente innovativi e rivoluzionari sotto diversi aspetti, soprattutto nell’adozione di soggetti più seri ed impegnati rispetto a quelli in voga, i preraffaelliti per quanto riguarda la concezione delle donne non riuscirono a liberarsi completamente dai due stereotipi principali di santa e peccatrice: con un prevalere del primo modello, nella fase iniziale del movimento, legata alla dimensione letteraria dantesca, promossa soprattutto da Dante Gabriel Rossetti (che adottò persino il nome del sommo poeta) in una rappresentazione del femminile angelicata, emotiva e sentimentale; e della donna come peccatrice, pericolosa per sé e per gli altri, nella fase più avanzata dello stesso, anche a causa delle contaminazioni decadenti e simboliste.

Info mostra Preraffaelliti Rinascimento moderno

  • Diretta da Gianfranco Brunelli
  • Curata da  Elizabeth Prettejohn, Peter Trippi, Francesco Parisi e Cristina Acidini, con Tim Barringer, Stephen Calloway, Charlotte Gere, Véronique Gerard Powell e Paola Refice.
  • fino al 30 giugno 2024
  • Museo Civico San Domenico – P.le Guido da Montefeltro 12, Forlì
  • Uff. stampa Lara Facco
  • Per informazioni e prenotazioni tel. 0543.36217 – mostraforli@civita.art
  • www.mostremuseisandomenico.it

Note

1.  Wlliam Holman Hunt; John Everett Millais; Dante Gabriel Rossetti e suo fratello William Michael Rossetti; Thomas Woolner; James Collinsone e il letterato Frederick George Stephens. Con il contributo particolare di due donne: Christina Rossetti e Elizabeth Siddal, rispettivamente sorella, la prima; artista e sposa di G.D. Rossetti, la seconda.

2.  Elizabeth Prettejhon, Peter Trippi, Cristina Acidini e Francesco Parisi, con i contributi di Tim Barringer, Stephen Calloway, Charlotte Gere, Véronique Gerard Powell e Paola Refice

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Napoletana di nascita, romana di adozione. Appassionata di arte, cultura e benessere. Dopo un percorso universitario in Lettere e filosofia, con indirizzo in Storia dell’Arte, prima Contemporanea, poi Moderna, a Roma Tre e un Master alla Luiss, ho iniziato ad esplorare il mondo dell’arte e della comunicazione, sviluppando una visione critica personale. Oggi scrivo per diverse testate, perché non posso fare a meno di riflettere, rielaborare ed interpretare internamente ciò che vedo.

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