Nascita dell’Avanguardia. Imminente grande mostra sul Futurismo. Da ottobre a Palazzo Zabarella, Padova

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Nel Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo, pubblicato a Milano l’11 marzo 1915 a opera di Giacomo Balla e Fortunato Depero, “astrattisti futuristi”, come loro stessi si firmano, così è scritto:

“Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto…”

Sappiamo quanto tale avviso e proclama confermi una maturazione della volontà di articolare la propria azione in tutti i campi artistici e creativi del futurismo, che comprende la Fotografia e il Cinema, la moda, l’arredo e il design, il teatro, la musica, la danza, la letteratura, la poesia, la comunicazione pubblicitaria, l’editoria; e quanto sia, di fatto, come sottolineano Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca, curatori della mostra Futurismo 1910-1915. La nascita dell’avanguardia, da ottobre a Palazzo Zabarella, Padova:

“la prima teorizzazione e testimonianza della tendenza non figurativa dell’arte d’avanguardia in Italia”, che prefigura “un’arte polimaterica, un’arte nuova che diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione, possesso, penetrazione, gioia, splendore geometrico delle forze, proiezione in avanti.”

Questo Manifesto, quindi, proprio in quanto basilare messa a punto della stagione artistica del Futurismo, è il cuore della grande esposizione prevista nella nuova stagione espositiva italiana; i curatori hanno concentrato i loro sforzi analitici per esplorare al meglio le origini di questo movimento che ruppe schemi e consuetudini nei primi di un Novecento d’Avanguardie storiche. Affermano un’originalità nel proprio operato:

“Sebbene negli ultimi quarant’anni si siano succedute molteplici rassegne dedicate al Futurismo, nessuna si è mai focalizzata in termini critici ed esaustivi sui presupposti culturali e figurativi, sulle radici, sulle diverse anime e sui molti temi che hanno concorso prima alla nascita e poi alla deflagrazione e alla piena configurazione di questo movimento che ha caratterizzato in modo così dirompente le ricerche dell’arte occidentale della prima metà del Novecento.”

Dobbiamo però rendere il merito a mostre straordinarie, differenti e diversamente impostate, ognuna con alcuni limiti e mancanze, ma certamente pionieristiche, quali Ricostruzione Futurista dell’universo del 1980 alla Mole Antoneliana di Torino, curata da Enrico Crispolti, e, nel 1986, Futurismo & Futurismi di Palazzo Grassi a Venezia, a cura di Pontus Hulten (e con un catalogo strepitoso), di aver dato inizio a una serie di mostre e più recenti studi sul Futurismo, proiettandolo verso una conoscenza globale e cosmopolita nuova e al gradimento del grande pubblico.

In particolare, la mostra di Palazzo Grassi, più di tutte, ha liberato in modo ufficiale e definitivo quella limitante – non corretta, preconcetta, spesso ideologica – identificazione del Futurismo come un movimento artistico italiano, affermandone (o ribadendone) la portata internazionale.

Quello che l’attuale impostazione espositiva di Padova vuole, per ora sulla carta, sottolineare con maggior enfasi, è quella che definirei un’impalcatura benjaminiana, dell’occhio del tempo: leggere la storia, gli accadimenti, la politica e ogni espressione umana – quindi anche l’arte – considerando ogni circostanza, ciò che ha influenzato l’emergere del pensiero e le sue concretizzazioni. Pertanto, anche, evidentemente, i prodromi.

Già proponendo e attuando una vera rivoluzione artistica e concettualistica, il Futurismo vede quale ideale un’opera d’arte “totale”, che superi, cioè, i confini ormai intesi come angusti del quadro e della scultura attraverso una contaminazione linguistica e sensoriale ed entri nella vita: coinvolgere tutti i sensi è la soluzione, facendo del massimo contrasto cromatico, della simultaneità (per determinare l’effetto dinamico) e della compenetrazione (per liberare l’oggetto dai suoi confini), i suoi tratti salienti. Tutto è chiarito nel Manifesto:

“Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile.”

Più di 100 opere compongono l’imminente progetto di Palazzo Zabarella, alcune, oggi sappiamo, sono inedite o esposte raramente, tutte provenienti da gallerie, musei e collezioni internazionali, per un totale di oltre 45 prestatori; sono state scelte considerando in un arco di tempo circoscritto, dal 1910 al 1915, quando, cioè, sottolineano i curatori:

“la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo e l’ingresso in guerra dell’Italia tracciarono un netto spartiacque nelle ricerche artistiche del movimento”.

Così, Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca hanno inteso partire dagli inizi:

“…dalle radici simboliste del Futurismo e dai legami con l’arte divisionista grazie al confronto tra i lavori di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo tra gli altri, e quelli dei padri fondatori del movimento da Umberto Boccioni a Giacomo Balla, da Gino Severini a Carlo Carrà, da Luigi Russolo a Mario Sironi“, in un “dialogo che attesta come questi primi futuristi siano accomunati da una formazione artistica di natura secessionista, legata alla tecnica divisionista e alla temperie simbolista di tardo Ottocento e di inizi Novecento.”

“Poi si scoprirà lo Spiritualismo con la meraviglia di Stati d’animo di Boccioni del 1911-1912 e Mercurio transita davanti al sole di Balla del 1914, quali punte di diamante”

Di sala in sala si giungerà al cuore della mostra:

“protagonista è il Dinamismo, in cui si fronteggiano le opere di Boccioni, Balla, Severini, Sironi, Carrà, Russolo e quelle di Gino Rossi, Gino Galli, Ardengo Soffici e Ottone Rosai.

Ed ecco la Simultaneità, altrettanto protagonista dell’esposizione, con opere di Carrà, Boccioni, Depero, Russolo ed Enrico Prampolini.

Ecco, quindi, Lo spirito rivoluzionario, di completa rottura con i canoni del passato, che ci sarà mostrato con Vita moderna, che mette in campo opere di Sironi, Carrà, Boccioni, Antonio Sant’Elia, Fortunato Depero; ma anche, ci evidenziano i curatori:

“di Aroldo Bonzagni e Achille Funi, emblemi del desiderio di una nuova vita, lontana da immobilismo e tradizione.”

L’attenzione ai nuovi concetti quali la Tridimensionalità della scultura e del Polimaterismo è centrata; così:

“…a testimonianza dell’utilizzo in arte di materiali diversi, troveremo Forme uniche della continuità nello spazio e Sviluppo di una bottiglia nello spazio di Boccioni, i complessi plastici di Balla e Depero appositamente ricreati per questa rassegna poiché andati perduti.”

Dopo una sezione sulle Parolibere, il percorso si snoderà fino a toccare il tema della Guerra che, sappiamo, era intesa dagli indomabili avanguardisti come un mezzo (!!!) che poteva portare alla sostituzione del vecchio, noioso, castrante passato con il nuovo, con la gioventù, la modernità e con alternative forme artistiche e del pensiero che la esprimessero.

Volevano una “sola igiene del mondo” e la ebbero, talmente devastante, terribile e netta che mise a repentaglio tutto. È noto il mutamento che intorno alla fine proprio della guerra ci fu nel movimento; Boccioni e Sant’Elia morirono, il rinnovamento – sia nel bene che nel male – giunse, si tornò a viaggiare e altro stava conquistando giovani artisti e intellettuali di tutto il mondo: Dada, che aveva assorbito molto dai futuristi. Il Movimento proseguì ma molto era ormai cambiato.

In questa parte della mostra, la guerra figurerà in alcuni capolavori firmati Carrà, Balla, Sironi e Severini.

Il percorso si chiuderà con la sezione che dà il titolo alla mostra, appunto, con la Ricostruzione Futurista dell’Universo:

“con il concetto di arte totale, che si impossessa del mondo degli uomini e delle cose e che ha trovato proprio con i futuristi la prima, piena configurazione in seno ai movimenti d’avanguardia.”

Info mostra Futurismo1910-1915. La nascita dell’avanguardia

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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