Dove finisce la città. Vol II. A Viterbo la collettiva come mappatura partecipata

Sara Basta

Recupero, valorizzazione, rigenerazione, accoglienza, partecipazione e l’arte come punto di connessione. Promosso da AUCS Onlus e Arci Viterbo, curato da Cantieri d’Arte e diretto da Marco Trulli, l’evento collettiva Dove finisce la città fa parte di Limine, percorsi tra urbano e Rurale. A Viterbo coinvolge i luoghi liminali in un percorso pubblico ed itinerante individuato con una mappatura partecipata in collaborazione con Interazioni urbane aps.

San Faustino, quartiere della città sottoutilizzato, è diventato da qualche anno centro di convivenza di diverse etnie modificando tradizionale carattere dell’area che ha perso inevitabilmente un po’ della sua identità: la ricerca di Cantieri d’arte è quella di individuare la coesione e dargli nuova luce.

Poi c’è Valle Faul, nome che proviene dall’acronimo FAVL creato da uno storico falsario, Giovanni Nanni detto Annio, che si inventò l’origine mitologica della città di Viterbo.

È un posto ora un po’ parcheggio e un po’ parco frequentato comunque da giovani. Tre sono gli artisti che si sono inseriti con estrema delicatezza ma in maniera incisiva e partecipativa in questo tessuto urbano: Sonia Andresano, Sara Basta e Angelo Bellobono.

A Cura di (Piazza San Faustino), è un lavoro di Sonia Andresano sulla comunità, tre monitor allestiti dietro la vetrina su strada, di una ex banca concessa momentaneamente dai proprietari all’arte contemporanea.

Fumosa volutamente la visione dei video con un suono che riprende il rumore di elicotteri in volo, una ricostruzione precisa di luoghi  cari alla città di Viterbo: le piscine termali. Le Pozze, così sono chiamate queste grandi vasche in cui l’acqua sulfurea ribolle a varie temperature. La visione è quasi lunare, la Andresano riprende persone, volontari che amano e rispettano la natura e il bene pubblico e che  puliscono questi luoghi, se ne prendono cura.

In una sorta di scambio,  l’artista prima di installare la sua mostra entra nella ex banca e con tuta bianca e mascherina anche lei ripulisce tutto lo spazio. Apre con forza la Porta Allarmata ed entra a prendersene cura. E un gioco di riflessi su molti livelli sia emotivi che concreti. La costruzione dei video di Sonia è una ricerca lei stessa la definisce scultorea. Quello che non è proiettato, ma che si vede comunque è l’amore e la passione condivisa tra l’artista e un territorio da lei avvicinato in maniera profonda e molto rispettosa.

Sara Basta realizza invece, un progetto partecipativo che fa parte della serie di lavori Moto Perpetuo Combinatorio. Diversi gli incontri e laboratori con educatrici e genitori dei bimbi del nido comunale di Viterbo (zona San Faustino), che è stato per un periodo chiuso per problemi strutturali, daranno modo di produrre riflessioni riscritte poi insieme all’artista. Ricami, tessuti e frasi come Diritto di Crescere.

Lo stare insieme e creare relazioni, cucire parole generando tessiture tra persone e luoghi. Linguaggi legati insieme da un filo di lana, trame personali e globali che si uniscono.

Il lavoro di Sara Basta sarà finalizzato con un evento che prevede l’esposizione dei tessuti ricamati durante i laboratori e la realizzazione di un “Manifesto della Cura”, in cui confluiranno le riflessioni prodotte durante gli incontri.

Angelo Bellobono realizza due interventi che riconnettono il centro storico con l’ambito periferico. Una porta (zona San Faustino) magica, alchemica, che rimanda allo storico portale di Villa Palombara a Roma. La leggenda racconta che l’alchimista Francesco Giuseppe Borri, scarcerato da Castel sant’Angelo a seguito di un’accusa di eresia fu ospite dal Marchese Palombari e una notte nei giardini della villa la passò nella ricerca di un’erba misteriosa capace di produrre oro, fu visto la mattina dopo sparire dalla porta lasciando dietro di se pagliuzze d’oro.

Così Bellobono come un alchimista inserisce in un portale di peperino di un palazzo antico abbandonato, una cornice d’oro con al centro un dipinto del monte viterbese Palanzana. Mentre un’altra tela situata a ridosso delle mura cittadine (Valle Faul), iniziata durante  degli open studio, è stata realizzata grazie anche alle suggestioni e ai feedback ricevuti dai partecipanti. C

ome la definisce Bellobono, però è una delle sue trappole pittoriche, che lasciata all’aperto diventa una fonte ricettiva di tutto quello che il tempo, la natura o le persone possono lasciare su di essa, in maniera partecipativa più o meno consapevole.

Info: Dove finisce la città

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Serena Achilli, studiosa appassionata d'arte contemporanea, è curatrice indipendente e direttore artistico di Algoritmo Festival. Scrive per raccontare la propria contemporaneità cercando con cura pensieri e parole. Ha un Blog in cui c'è tutto questo e altro ancora.

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