La Presa di Cristo è un Caravaggio ritrovato, attribuito, restaurato e mostrato ad Ariccia.

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L’eccelso Caravaggio (Michelangelo Merisi da C., Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610), è da tempo anche diventato un nome e un tema blockbuster in ogni ambito, sia di settore che non, spendibile per libri, mostre, lezioni, Visite guidate, trasmissioni video e Tv e contributi Social di sicuro successo e valanga di Like. Anche in questo caso, dunque, sarà un trionfo: stiamo parlando della sua (discussa, travagliata, replicata) Presa di Cristo che, oggetto di una storica mostra nel 1951, curata dal grande Roberto Longhi a Palazzo Reale di Milano, torna a mostrarsi: ad Ariccia (Rm) nello storico Palazzo Chigi, dal 14 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024, in attesa della prossima tappa a Napoli.

Blockbuster, si diceva: ma non è sempre stato così. Quella Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi milanese, riunì tutte insieme tante opere di Caravaggio come mai prima – e nemmeno dopo –, oltre a molti emuli o che al grande maestro della luce si sono ispirati. Proprio grazie a quell’esposizione e al Longhi, che ritrovò l’opera nel 1943 rintracciandovi la paternità del Merisi, e supportato dai suoi eruditi studi e alle sue argute comparazioni,  le opere, la storia e la figura del Caravaggio raggiunsero il giusto podio all’interno della Storia dell’Arte, e decretando come la sua originale ricerca e gli esiti pittorici fossero unici e pionieristici.

L’opera in questione, della quale si erano perse le tracce, poi ricomparsa nel 2003, palesatasi anche in più copie – una alla National Gallery of Ireland a Dublino, un’altra trafugata nel 2008 dal Museo di Odessa e ritrovata due anni dopo danneggiata, sotto sequestro per circa nove anni e quindi restaurata a Kiev – risulta essere la prima versione.

Se ha destato dubbi di attribuzione, con una lunga vicenda giudiziaria da circa il 2004 al 2022, dopo il recente e laborioso restauro e una diagnosticata accurata, a indagine conclusa può mostrarsi in tutto il suo splendore e  la sua certezza di attribuzione. Dunque, quei dubbi parrebbero quindi fugati: a meno di nuove clamorose e provate smentite.

L’olio su tela, che raffigura la cattura di Cristo nell’orto del Getsemani dopo il tradimento di Giuda ed è tratto dal racconto biblico della Passione, nasce dopo radicali cambiamenti e vasti pentimenti, come hanno dimostrato restauratori e studiosi, ed è databile al periodo dell’attività romana di Caravaggio (più precisamente, è stato individuato l’anno 1602).

Presenta una notevole articolazione sia estetica, sia poetica e sia nella strutturazione, che risulta piuttosto complessa. Il pathos c’è, come la teatralità della composizione, la luce riconoscibile e, se possibile, accentuata; insomma, l’opera in sé ha un suo perché. Bellissima, bella, così così?

La mostra di Ariccia è di fatto costruita su questo unico quadro, che sarebbe bastato a tenere da protagonista indiscusso l’evento, che può però a ragione considerarsi anche reso da una faticosa e corposa trattazione monografica; è stata ricostruita, ad esempio, la filiera storica che l’ha vista protagonista: va dall’iniziale committenza ai vari passaggi di proprietà, compresa la notifica dello Stato Italiano con Decreto del 2 dicembre 2004 del Ministro dei Beni Culturali, “in ragione della sua eccezionalità” e del suo essere di “particolare interesse per la Nazione”.  

Come ci indica Francesco Petrucci, curatore della mostra di Ariccia, “si va dalla collezione Mattei (n.d.R.: Ciriaco Mattei sarebbe stato il primo mandatario) alla collezione Colonna di Stigliano, a quella Ruffo di Calabria, per il cui tramite è pervenuta presso all’attuale proprietario”: nel 2003, l’antiquario romano Mario Bigetti.

Per arricchire l’allestimento e approfondire anche il tema iconografico, sono esposte pure una Presa di Cristo del Cavalier d’Arpino, un dipinto rinascimentale attribuito a Giorgione e una messa a confronto con una versione della Baruffa di Bruttobuono, uno dei riferimenti per la composizione caravaggesca; c’è anche una riproduzione della versione di Dublino.

Decisamente inutile e poco efficace la presenza di copie più attuali tratte da celebri dipinti del Caravaggio, quasi falsi d’autore dei quali non solo non sentivamo proprio il bisogno me che in qualche modo depotenziano tutta l’operazione..

Interessante, invece, la radiografia dell’opera e la sua riflettografia che rivela ciò che l’occhio umano non avrebbe potuto scoprire.

Informazioni

La mostra, sostenuta anche dall’intervento dell’associazione culturale “Comitato di San Floriano” di Illegio – nota per le mostre internazionali d’arte che annualmente propone nella località alpina del Friuli –, è sponsorizzata dalla Fondazione Meeting del Mare – C.R.E.A. (cultura religioni e arte), istituto di cultura che ha sede nel Cilento, a Camerota – realizza importanti progetti d’arte e mostre in tutta Italia, in particolare modo nelle regioni del Sud, con lo scopo di fare, della Bellezza, un potente veicolo di promozione umana e sociale –.

Il catalogo è finanziato con contributo della Fondazione BCC dei Castelli Romani e del Tuscolo. L’allestimento è curato da Glocal Project Consulting, che promuove mostre d’arte in molti paesi del mondo.

  • dal 14 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024
  • Palazzo Chigi, Piazza di Corte, 14
  • Orari: 10,00-13,00 / 15,00-18,00 lunedì chiuso
  • Biglietto: € 5,00
  • Sito: https://www.palazzochigiariccia.it
  • Telefono: 06 933 0053
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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