Massimo Minini, la grazia che si ringrazia ma non ti ingrazia

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Il gallerista più colto e poetico del mondo, erede e genitore di memoria che attiva sapienza e relazione: Massimo Minini.

C’è stato un tempo in cui tutti sapevano che poesia e intelligenza sono la stessa cosa; costruiscono nuovi modi e nuovi mondi, uniscono punti distanti per dare forma a realtà tanto inedite quanto vitali, segnalano la presenza dell’eros nelle nostre esistenze, una spinta che non ha né nome né categorie ma che ci fa alzare ogni giorno per provare a trovare Godot, radice di godere, estensione di God.

Di quel tempo, a giudicare dagli strumenti infernali dei social che ci danno l’illusione di conoscere il mondo anche a milioni di chilometri, non sembra essere rimasto molto. C’è rimasto Massimo Minini, qualche grandissimo artista, molti poeti, alcuni scrittori che conoscono il segreto del ritmo erotico che ci informa sulle cose essenziali per via esoterica e non cognitiva, e poco altro.

Per verificare che questa barbarie non sia del tutto reale e vincente, quindi ritrovarsi nella community dove l’accoglienza nelle alcove dell’intelligenza ancora esiste, e ti sei perso la serata magica che gli hanno dedicato la sera dell’8 novembre al MAXXI, basta andare alla VideoGallery del museo romano fino a domenica 12 novembre, per vedere il ritratto filmico dedicato a Minini da una magistrale, quanto poetica anch’ella, Manuela Teatini.

Oppure frequentare galleristi fatti così, a trovarli, e poi artiste e artisti geniali, poeti e poetesse generosi, professionisti della cultura che siano acuti, visionari ed evolutivi. Certo non gli accademici né i teorici che, fino a ora, hanno dato dimostrazione di quanto l’egosistema sia capace di sistemare solo amici, figli e nipoti.

I professionisti invece sono mercanti di arte e di cultura, e mercato ha la radice di merçi che, per chi non ci avesse mai pensato, in francese vuol dire grazie. L’arte è poesia professionale e merita riconoscimento.

Senza mercato non c’è nessuno scambio, e senza professionisti non c’è etica, non ci sono selezione, qualità, discernimento, guida, suggerimento, assistenza, competenza, complicità, eccellenza.

C’è il deserto velenoso del dilettantismo, quello che da 30 anni divora il Paese dell’arte che il mondo ama solo per l’arte, cioè quella pratica di vita che innesta poesia ed estetica (non cosmetica) in ogni processo, da quelli imprenditoriali alle relazioni quotidiane con gli altri e con il mondo.

A volte l’arte produce anche opere dalle quali, a tenerle appese per sempre sulle proprie pareti, si indaga il proprio IO e, quando si tratta di e con Minini, si imparano i propri limiti e i confini imposti, quelli che puoi superare senza problemi e che invece credevi insormontabili.

Perché l’interdizione della norma pragmatica ferma l’immaginario, non è una cosetta da niente; ferma la neurotrasmissione delle informazioni tra neuroni che, ovviamente, rallenta le sinapsi. Certo l’arte ce lo insegna da sempre, adesso però ci sono le prove neuroscientifiche, per tutti quei timorati di Dio che non oltrepassano il Creato per paura delle punizioni, e non usano l’istinto perché hanno sempre paura di sbagliare.

Adesso si può, lo dice la scienza: ogni procedura ferma lo sguardo e lo relega a semplice vista, mentre certi artisti, certi galleristi che fanno avanguardia vera, certi critici, certi curatori e certi art consultant indipendenti alimentano la visione.

Errare humanum est. Vagare senza meta conduce alla propria Via.

Nessuna storia, se non quelle di Kahnweiler o di Theo Van Gogh, di Leo Castelli e di alcuni mitici galleristi italiani del secolo scorso, somiglia a quella di Massimo Minini, perché lui dà forma a quei limiti e con la sua dolcissima espressività, sempre poetica e geniale, sempre laterale, ti indica anche i tuoi confini.

Mentre ascolti le sue incredibili storie, fatte di 50 anni di arte al massimo livello mondiale, salvo che tu non soffra di narcisismo cronico o di complessi di inferiorità che si trasformano in non ascolto, impari cose che non credevi esistessero o fossero possibili, dialoghi con lui come fanno nelle favole, vedi strade nuove fatte apposta per te, le prendi e lo ringrazi per quella grazia che ha voluto regalarti senza chiederti nulla in cambio.

Certo, se compri un’opera lui ti ringrazia, ma non è mai necessario; lui sa che avrà ragione, prima o poi, ad averti suggerito un acquisto, perché non vende merci ma merçi, cioè infiniti grazie a chi la grazia la usa per graziarti dalla banalità, e ringraziarti con opere d’arte immortali.

Io ringrazio sempre per vivere al tempo di Massimo Minini, ringrazio per la sua amicizia, per essere per me gallerista di riferimento per molti miei collezionisti, e poi padre, fratello, maestro e amico, ringrazio dei nostri viaggi, dall’Africa alla Puglia, dove Massimo vede cose che nemmeno gli archeologi hanno mai visto, perché guarda con il cuore, non con la mente, e con il cuore parla a cose e persone che gli rispondono sempre, ognuno a suo modo.

I Masai lo chiamavano Papa quando, all’alba, mi trascinava assonnato e stanco alla ricerca dei bastoni da collezione delle tribù del Parco. Lo chiamavano Papa come Papà perché il rispetto, la grazia e la professionalità con cui dialoga con chiunque sono ormai cosa unica e rara.

Perché uno dei galleristi più influenti del mondo si ferma a Brescia, gli ha chiesto ieri al MAXXI Angela Vettese. Perché, risponde Massimo, quando ti accorgi di essere Minini vorresti andare a Milano, poi ovviamente Milano diventa stretta e vorresti andare a New York. Poi arrivano i trend, tu li segui perché sai come fare, quindi ti trasferisci a Città del Messico, ma quando sei tra smog e 18 milioni persone ti manca Brescia e vorresti tornare. Allora tanto vale non essersi mai mossi.

Già, ho pensato mentre lo ascoltavo ieri sera, commosso e ammirato come fosse la prima volta, perché tu sai essere Minini, è il mondo che viene da te. E ti ringrazia.

www.galleriaminini.it

 

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Nato Matera, laureato in Scienze politiche nel 1989, dal 1990 al 2000 è Direttore delle Risorse Umane in tre diverse multinazionali (Montedison, SNIA e Ace Int.l). Oggi è un Contemporary Art Consultant e Cultural Projects Curator e si occupa di arte da parete e arte da processi: arte da collezione a beneficio di privati, appassionati e collezionisti, arte come pratica e approccio progettuale art thinking oriented per imprese di ogni genere, istituzioni e rigenerazione culturale, urbana e territoriale.

Come Art Consultant in_forma e supporta le scelte di collezionisti, acquirenti e appassionati di arte contemporanea nella selezione di opere d’arte di ricerca e di alta qualità, nell’analisi del miglior rapporto qualità prezzo e nella progettazione di intere collezioni, in Italia e nel mondo.

Come Cascino Progetti si occupa di strategie, ideazione e realizzazione di contenuti, interventi temporanei, installazioni permanenti, inserimento di arte e artisti a monte dei processi di ogni tipo di azienda e attività, di rigenerazione culturale e urbana di città, borghi, territori e paesaggio (insieme al mio Advisory Board e ai miei Partner che si occupano di heritage management digitale, architettura, design, economia della cultura e diritto societario).

È stato ideatore, promotore e co-autore del Manifesto Art Thinking siglato al MAXXI a Giugno 2019 insieme a scienziati, artisti, imprenditori, architetti, ingegneri e professionisti di ogni genere. Tra le altre cose ha ideato e curato la prima e la seconda edizione del Premio Terna per l’arte contemporanea con Gianluca Marziani (2008-2009). È stato membro della Commissione dei quattro esperti della Regione Puglia per il Piano strategico per la cultura (2016-2017: riallocazione di 480 MLN di Euro), ideatore e curatore del progetto Matera Alberga per Matera Capitale Europea della Cultura 2019, curatore di diversi progetti culturali per ENEL, Deutsche Bank, Helsinn, SAS Business Intelligence, UBI Banca, Bosch Security System, Fiera Milano, Macro Roma, MAXXI, Comune di Roma, Comune di Matera e altri.

Ha insegnato Organizzazione del Mercato dell’Arte e Progettazione culturale per i Master del Sole24Ore e della RUFA (Roma University of Art), e visiting professor di alcune università italiane e americane. Infine si occupa anche di education & edutainment; progetta e realizza workshop e webinBar sull’arte e la sua relazione con la psiche, sui benefici per l’intelligenza degli individui e la crescita e lo sviluppo di sistemi, territori e imprese. Scrive per Art a Part of Cult(ure), magazine on line inserito nel Codex dell’ADI (Associazione Design Industriale) per le valenze culturali del format, dove cura una sua rubrica su arte, evoluzioni ibride e mostre nel mondo, chiamata I racconti del Cascino.

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