Dimora di Ak2deru. Installazione per perdersi e ritrovarsi

Dimora è l’installazione multimediale di Ak2deru (nome d’arte di Francesco Careddu, Tempio Pausania, 1975; vive e lavora a Roma) a PrimaLinea Studio di Roma a cura di Domiziana Febbi ed Eliseo Sonnino.

Dalla parola Dimora nasce il coinvolgente ambiente creato dall’artista dove perdersi e poi ritrovarsi. La galleria è completamente trasformata, dai soffitti, alle pareti, al pavimento; diventa quindi un luogo completamente consacrato ad opera d’arte.

Parola, pittura, un video dal titolo Domus ardet, e suono ti portano in un ambiente che crea la relazione tra infinitamente piccolo e infinitamente grande, un ambiente che è costituito da una tenda in cui trascorrere un tempo personale.

Coinvolge nell’esperienza individuale che può partire dal sentirsi un singolo in un contesto intimo al sentirsi coinvolto in un contesto cosmogonico.

La tenda è costruita con teli in polietilene e pittura acrilica e Ak2deru utilizza anche catramina, gomma liquida, carbone, polveri metalliche, cenere, inchiostro giapponese, argilla, terra e sandracca.

“Il sangue della terra”, fiumi che attraversano la superficie delle composizioni, porta, nelle pitture, al significato che parte dal microbiologico per arrivare all’interplanetario, dove appaiono forme organiche, batteri, insetti, vegetali e meteoriti che impattano al suolo.

Sulle tele le scritte che reinterpretano la parola Dimora: dio ōra, radio raid, io mi armo dai maori, imo imo, mi ami Ø mi odi, a roma ridi a roma mori.

Le scritte sono declinate in una lingua tribale con inserimento di simboli. Il concetto di abitare si amplia a dismisura, riesce ad invitare lo spettatore a prendere il proprio tempo, ad immergersi cercando di assumere una propria relazione emotiva con ciò che vede e sente.

Il tempo è particolarmente importante per l’artista che si rifà ad una concezione non lineare, dalle sue parole:

“Non credo alla sua ‘linearità’ e alla sua unidirezionalità. Ho piuttosto una percezione ciclica e randomica del suo scorrere… anzi, per dirla tutta, sono sempre meno convinto del suo stesso scorrere, avvicinandomi sempre di più alle teorie che in qualche modo giungono a negare persino la sua stessa esistenza: l’illusione del tempo è generata esclusivamente dallo spazio che si trasforma.”

Da queste idee che attingono alle filosofie orientali all’antica Grecia: soprattutto nel video, psichedelico e trasfigurante, compaiono demoni che nella tradizione cristiana indicano il demonio, ma essi rimandano anche all’antica concezione greca di daimon che li considerava una presenza tra umano e divinità che guidava gli uomini ad essere retti, che dava loro dei consigli, come l’angelo custode cristiano, a cui si possono accostare.

La duplice natura umana crea una relazione tra questi due opposti che si rifanno alle energie più oscure e profonde. L’artista commenta:

“In questo caso, all’interno di questa visione dualistica, mi riferisco da un lato alle energie più distruttive e devastanti, dall’altro a quelle creative e rigeneratrici che inducono alla liberazione.

Da un punto di vista iconografico sono attratto dalle raffigurazioni artistiche del demoniaco, in particolare da quelle rappresentate da uno dei miei (tanti!) artisti preferiti, Hieronymus Bosch.

In ambito filosofico sono invece da sempre legato al daimon greco, in particolare a quello socratico… “come il mio demone comanda”.

Nel video, che inizia con una sorta di big bang, oltre ai demoni appaiono figure religiose, teste e corpi di vari animali, immagini interstellari e cosmogoniche, esplosioni di luce, colate laviche ed eruzioni vulcaniche, tabernacoli di fuoco, sciamani, maschere, antri oscuri e notturni, templi buddisti in fiamme, etc.

Tornando all’installazione nel suo complesso, riappare un leit motiv dell’artista, il tema del doppio, che si presenta anche dove è meno evidente e che qui è rappresentato su vari livelli: ad esempio la luce temporizzata per cui ogni quindici minuti la stanza è in penombra, data dalla retroilluminazione dei teli in politene, che si alternano a quindici minuti di luce forte data da due fari accesi che illuminano a giorno l’ambiente; oppure la relazione del doppio dittico alle pareti dove le tele sono le une di fronte alle altre, mentre le stesse frasi sui teli si rispecchiano.

Per definire le sue opere Careddu ha coniato il termine “Monosema” che deriva dalle parole greche “monos” e “seme” ovvero “unico” e “segno”, quindi “segno unico” su cui lavora da molti anni. Il segno è ripetuto e variato: è un comun denominatore della struttura del suo comporre.

Ci spiega Careddu:

“È un segmento, quindi una porzione di linea, e dunque, al tempo stesso, una porzione del concetto stesso di infinito. – … – Diventa polisemico nella sua iterazione, sia perché sottoposto alla mutazione continua della variazione perpetua che per il fatto di costruire potenzialmente infinite strutture e codifiche della realtà, dal micro al macro, includendo, ovviamente, anche una pluralità di livelli, di contenuto e significato”.

Dal testo critico di Domiziana Febbi:

“Le tracce audio Codex 121101 e Codex 229002, sono il limen che accoglie i visitatori. In esse l’artista utilizza esclusivamente il suono della voce modulato da particolari tecniche di emissione vocale che si stagliano sul tappeto sonoro dato dai suoni di combustione.

Le basse frequenze, il suono spazializzato, i ritmi ipnotici e ripetitivi creano un’esperienza sonora che dilata lo spazio e induce alla trascendenza, dinamica figlia del rapporto ancestrale tra canto e meditazione comune alle culture di tutto il mondo”.

La coscienza viene chiamata in causa perché tutti questi input invitano a riflettere, a condurre verso una rivalutazione dei concetti che ci accompagnano quotidianamente o sui quali ci soffermiamo nei momenti personali: sono coinvolti quindi lo spazio e il tempo in una interrelazione contigua e costante.

I contrasti espressi attraverso video, scritte, pittura raccolgo l’idea di quelli che dominano la vita e ci spingono ad essere partecipi di trasformazioni che forse neanche noi sappiamo essere in atto.

Info mostra Dimora, Ak2deru

  • PrimaLinea Studio spazio indipendente per l’arte contemporanea
  • Via Giovan Battista Gandino 31, 00167, Roma, RM
  • La mostra è prorogata fino al 5 gennaio 2024
  • Orari: solo su appuntamento – Ingresso libero
  • info: +39 3896904704; primalinea@mail.com
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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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