Julio Le Parc. La Melodia ottico-cinetica nell’Expanding Universe. Galleria Continua Roma

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L’artista argentino Julio Le Parc è tra i protagonisti dell’Optical Art, noto per le sue sperimentazioni visive cinetiche e – oggi diciamo – partecipate: tanto i suoi dispositivi semoventi e luminosi quanto le sue opere pittoriche astratte, coloratissime, intricate e con stesure ed effetti flat, incantano lo spettatore e ne stimolano e confondono la percezione portandolo a interrogarsi sulle illusioni ottiche generate, sulla visione e sulla realtà reale e/o percepita, intervenendo più attivamente alla decodifica delle immagini e dei fenomeni osservati.

Di questo sperimentatore è in corso una mostra alla Galleria Continua nella sua sede romana nel lussuoso St. Regis Hotel, in cui sono esposte 18 sue opere che vanno dagli anni ’60 ai nostri giorni. In parte, almeno nelle opere più storiche, emerge anche una sua attitudine giocosa, pur se tenuta a bada da un rigore quasi scientifico per una miglior resa della sua investigazione.

Nato a Mendoza nel settembre 1928, Le Parc si forma nella sua Argentina dove inizia anche a seguire la politica e a impegnarsi come attivista, un coinvolgimento che durerà negli anni; interessato al gruppo dell’Arte Concreto-Invención e allo Spazialismo di Lucio Fontana, grazie a una Borsa di Studio, nel 1958 si reca a Parigi dove prosegue il suo percorso artistico.

Due anni dopo pronto per affermarsi: con altri artisti francesi e latinoamericani, tra cui François Morellet, crea il Groupe de Recherche d’Art Visuel (GRAV) che, nel 1960, credeva nella funzione sociale e collaborativa dell’arte e dell’artista e generatrice di quella che lo storico e critico Giulio Carlo Argan definì “arte gestaltica”, fondata sui temi della psicologia della forma, della percezione e dell’esperienza.

In sostanza, Le Parc e i suoi sodali realizzavano oggetti semoventi o che muovevano la visione, secondo le esperienze di Victor Vasarely e senza dimenticare Alexander Calder, Jean Tinguely e altri pionieri di simile ricerca.

Tale sperimentazione lo portò nel 1966 alla Biennale di Venezia – insieme al venezuelano Jesús Raphael Soto – con una serie di opere fantasmagoriche che diffondevano e proiettavano ovunque la luce attraverso progetti semoventi, con piastre riflettenti, dispositivi in bassa tecnologia, specchi rotanti etc. che sbaragliarono candidati eccellenti e assai appoggiati l’americano Pop Roy Lichtenstein.

Fu infatti le Parc ad aggiudicarsi il Gran Premio della Biennale, quello dato alla pittura, meravigliano molti, primo tra tutti lo stesso vincitore. Da quel momento in poi, la sua parabola sarà sempre più ascendente e l’eccezionalità della sua produzione portata ovunque nel mondo.

In questa mostra a Roma, nello spazio della Continua, ne vediamo una liofilizzazione, ovvero opere di diverso periodo e datazione, oltre che tipologia.

Così, ci sono – in una stanza oscurata che facilita la concentrazione e l’effetto meraviglia – Continuel lumière cylindren, del 1962, un congegno visivo con luce motorizzata; Continuel lumière avec formes en contorsion, del 1966 (metallo, plastica, legno e luce); Lumière alternées, 1993-2011, spettacolare e quasi teatrale organismo con specchi e lampadine con accensione alternata e controllata. Ognuna, diversamente, risponde a quel che Umberto Eco – nell’Almanacco Letterario Bompiani 1962, del 1961 – indicava come la “forma del disordine” in oggetti costituiti sulla “compresenza delle varianti”.

Tra le sue sperimentazioni ci sono progetti di opere sospese realizzate con aggregazione di elementi pensati per incidere nello spazio e suddividere la luce creando, attraverso la compartecipazione della ricomposizione percettiva, altre forme.

Ne è un esempio l’accattivante installazione Sphère Noire, 2023, fatta da tantissimi piccoli, quadrati bidimensionali, lucidi e neri appesi con fili di sottile nylon trasparente a creare una sorta di sfera instabile che ad ogni minimo movimento intorno, un refolo d’aria, il passaggio di un osservatore, dondolano creando articolazioni casuali, sempre diverse, di effetti ottici e forme.

Ci sono poi una serie di dipinti della serie Modulations anni ’80, con elementi a-simbolici, astratti, che si intersecano sinuosamente creando illusionismo visivo attraverso parvenze di circuiti di tubi e collegamenti che di fatto non rappresentano se non se stessi, il rapporto tra elementi, superficie e colori: sempre caratterizzando la composizione, cromaticamente e matericamente piatta e quasi asettica, come un dispositivo per produrre e testare la percezione.

Quel che vediamo è meno retinica e con effetto psichedelico di tanta Optical Art ma sicuramente il linea con quel Manifesto Giallo, pubblicato nel 1955 da Vasarely con Pontus Hulten.

L’esposizione è – ça va sans dire – bellissima, coinvolgente, prova provata di un’avanguardia irripetibile e necessaria in anni in cui – è bene ricordarlo – non c’era tutta l’enorme produzione di stimoli visivo-luminosi e di sollecitazione percettiva come oggi (tra schermi accesi ovunque, ad esempio) e la relazione fertile tra arte, scienza e (allora) nuove tecnologie non era così scontata (pur se con una strada indicata dal 900esco Futurismo) come non lo era la verifica sulla percezione e il rapporto reale/virtuale, vero/verosimile.

Se poi si volesse apprezzare a 360 gradi la versatilità coerente – no, non è un controsenso – di Julio le Parc basta uscire dalla galleria e fare circa 200 o 300 metri, verso la fermata Repubblica della metropolitana A, e scendere nell’area antistante la biglietteria (quindi a ingresso libero, senza biglietto di viaggio): vi troverete davanti e quasi illusoriamente dentro un grande mosaico di Julio Le Parc (parte di un bel progetto, ma non sempre coerente per qualità nella scelta degli artisti, titolato Arte-Metro-Roma, voluto da Francesco Rutelli, sotto la guida di Piero Dorazio e il coordinamento di Paolo D’Orazio nel 1994 e fino al 2000, mirato a ad “abbellire” le stazioni sotterranee delle metro A e B).

L’immagine, su ampio sfondo grigio, richiama i getti dell’acqua della fontana delle Naiadi (by Alessandro Guerrieri e di Mario Rutelli, bisnonno dell’allora Sindaco di Roma) che si trova al centro della Piazza soprastante.

Nel mosaico gli schizzi si trasformano in coriandoli colorati. Il gioco e l’illusionismo percettivo tipico della sperimentazione cinetica e optical di Le Parc qui indietreggiano leggermente per dar modo all’astrattismo vivace e compositivamente e cromaticamente dinamico di primeggiare e portare per mano lo spettatore non necessariamente avvezzo all’arte e stimolarne la curiosità e la partecipazione visiva.

L’Arte qui, in questo mosaico, e su, nella mostra da Continua, e più in generale nel suo lungo procedere e in ogni caso, è per Le Parc una possibilità di abitare un “expanding universe” (cit. U. Eco, 1961) e di rivoluzionare il modo di guardare e di intendere in modo meno certo e omologato tutto. Non è roba da poco.

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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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