Chris Rocchegiani, l’esperienza profonda dell’Oltre

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La pittrice Chris Rocchegiani, nata nel 1977 a Jesi, dove attualmente lavora e risiede, mi ha aperto le porte del suo luminoso studio dove si dipana il mondo che l’appartiene e dove medita sull’Oltre e sul concetto di Morte.

Quel laboratorio è anche la sua casa. Uno spazio intimo e sacro dove le porte non circoscrivono il pensiero e la creatività che fluiscono tra l’attività pittorica, quella privata e quella lavorativa come progettista grafica e docente di Basic Design presso l’Università di Camerino.

Tutto lì è in permanente contaminazione, entra e converge dove l’arte si esprime come volontà di potenza e come mezzo di trasformazione della realtà, per questo lo studio d’artista rappresenta un luogo del confronto con la propria interiorità.

Il “luogo” nell’arte è rivelatore della verità d’essere. Allo stesso modo per il pensatore Michel Foucault lo spazio d’artista è un’istanza di “eterotopia”, fuori dal tempo e dall’ambiente ordinario in cui le regole convenzionali sono sospese e dove si possono sperimentare nuove possibilità di realtà.

L’artista lo descrive…

Mi ritrovo nell’essere del mio studio imperfetto e sghembo, consumato dal tempo, con il legno che scricchiola, la carta da parati macchiata e le porte che non chiudono. Mi perdo nella sua forza, nel suo aspetto mai neutro e generico, ha i suoi umori, le sue brutalità, la sua estrema tenerezza.

Come me e come le mie tele, ogni suo punto si è lasciato coinvolgere dal colore, anche là dove non c’è perché le macchie bianche dei materiali intonsi accatastati sono apnee gentili che fanno entrare alla visione il piccolo, le tenui tonalità e le impercettibili variazioni. Sa fare vuoto, il vuoto delle possibilità.

Mi permette di vagare, stare a terra a osservare le geometrie degli affreschi, correre, scrutare da lontano, nascondermi negli angoli, guardare senza essere vista per poi tornare di fronte alla tela ad agire.

Il mio studio è anche casa. Uno spazio che non comincia in un punto definito e non coincide esattamente con la soglia di una porta, aperto al flusso di tanta vita che la pittura custodisce.

Da lei sono stata accompagnata delicatamente in un luogo fisico per tracciare un ritratto su una tematica difficile da raccontare, da sviscerare e da meditare: la Morte, un argomento tabù, soprattutto in Occidente, a cui associamo sentimenti di dolore, paura, separazione e vuoto.

Ci sentiamo impotenti di fronte a un’ombra che sembra avere un immenso potere su di noi e, pur sapendo che un giorno ci raggiungerà, preferiamo allontanarla e non parlarne. La Morte è il mistero che spinge a chiederci chi siamo, a interrogarci sulla vita cercando di comprenderne il senso.

Per l’artista ogni volta che abbiamo timore di evolvere, lì si nasconde la mancanza di comprensione del significato della vita. La sua arte è semplice e schietta e ha la capacità di penetrare, con naturalezza, nelle grandi questioni esistenziali.

Dalle campiture cromatiche affiora la sua capacità di valicare ogni limite verso altri spazi indefiniti dove avverte un nuovo universo. Questo approccio denota la sua apertura di profonda comprensione della sacralità di ciò che non possiamo ancora spiegare, ma intimamente immaginare e sentire in modo soggettivo e unico. Conoscere il passaggio della Morte significa riconnettersi alla Vita.

Osservando le sue opere sembra di sbirciare tra le pagine di una vita carica di frammenti di un’altra dimensione. È così che mi sono lasciata catturare dal suo narrare di luoghi, spazi, immagini, colori, animali e materia.

I suoi quadri ci offrono un salto tra la dimensione prettamente fisica e quella metafisica, afferrando lo spettatore per mano e conducendolo dentro a una narrazione ai confini della Vita, tra le leggi del tempo e dello spazio. È un viaggio verso le frontiere dei misteri dell’Esistenza che conduce alla sua personale e possibile verità.

Ci mostra ciò che vede che è più vero del vero. La sua esperienza l’ha spinta ad andare oltre i suoi limiti, abbracciando la sorte e il dolore in tutti i suoi aspetti senza averne paura. È questo moto che la porta a dipingere visioni e immaginazioni.

La sua tecnica è sgrammaticata, tendenzialmente non utilizza il disegno. Prima si relaziona con il colore che si fa scegliere da lei e poi le forme emergono dalla pittura stessa.

Il disegno è semplicemente l’ultima parte che interviene, è una traccia legata al mantenere viva la gestualità, la potenza del tratto che segue un’energia vibrante e si esprime liberamente, aldilà della rappresentazione, ma visibile nella tensione che si percepisce nella raffigurazione. Il progetto esiste nella sua capacità di ricerca.

La sua formazione come designer partecipa all’opera nella sottrazione impositiva, nella modalità di lettura della superficie che è legata a un equilibrio di pesi di tipo ottico e percettivo su cui lei lavora costantemente.

Ogni suo quadro è un continuum con gli altri. Tutta la sua magia creativa parte dalla tematica della Morte che si palesa come trasformazione continua che ci porta a un incessante cambiamento, è il mezzo che permette di mutare, come per la farfalla quando nasce dalla sua crisalide. È un passaggio, un’apertura, un nuovo inizio.

La pittura per lei rappresenta lo stare nella materia, è un mezzo per canalizzare il suo processo di ricerca, da cui poi i sensi si amplificano, strabordano e trascendono. Il risultato finale ottenuto sulla tela è un crocevia di tecniche e di soluzioni esecutive che si sovrappongono e si alternano senza giudizio sull’errore, sui ripensamenti.

Le sue tele non hanno l’imprimitura, di fatti non esiste un procedimento di pianificazione dell’opera, non troveremo nascondimenti, gli errori non vengono rimossi, ma si integrano in un processo sempre attivo di evoluzione della trama narrativa tracciabile.

Come in antichità, quando il rapporto tra gli uomini e gli animali era molto più intimo e le espressioni culturali delle civiltà, dall’arte alla filosofia, erano gremite di presenze di animali e di figure zoomorfe e teriomorfe con finalità ideologiche e comunicative, allo stesso modo gli animali selvatici sono figure ricorrenti nella poetica istintiva della pittrice che esigono la loro presenza e in particolare l’archetipo della lupa perché salvifica, saggia e intuitiva.

È un animale mentore che nella mitologia romana donava nutrimento a Romolo e Remo e nella mitologia greca allevava e proteggeva il dio Apollo. Altro elemento attivatore di una tensione verticale ascetica è l’uccello rappresentato posato, in attesa, non distratto dal volo, ma radicato, concentrato sulla scena e sul presente.

Le linee azzurre degli strofinacci con cui pulisce i pennelli disegnano le verticali e le orizzontali che ritroveremo nei quadri. Queste coordinate tratteggiano il piano da cui la narrazione si scolla e si eleva.

Nelle liriche oniriche di Chris si ritrova lo scopo primigenio delle pitture rupestri, si presume tracciate anche per scopi magico-religiosi, come espressioni della coscienza umana, della connessione con la natura, della ricerca di significato e della rappresentazione simbolica del mondo circostante.

Nelle sue tele le forme si frantumano, sono immagini poetiche in divenire che possono assumere tanti significanti. Chris ci dona “un’opera aperta” attraverso la quale gli osservatori, nell’atto di fruire, saranno coinvolti attivamente trasformandola in una delle sue manifestazioni possibili.

Dalle sue straordinarie narrazioni lei lascia che ognuno possa trarre ciò che fondamentalmente cerca, regalando una traccia reale di un’esperienza profonda che si presta a essere letta con gli occhi dell’anima.

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Barbara Caterbetti si è laureata in Storia e Conservazione dei Beni Culturali con una tesi in Museologia, ha conseguito diversi Master tra cui uno in ricerca storica e un altro in comunicazione e valorizzazione del patrimonio letterario, documentario e vocale. È critica d’arte, docente di Lettere e organizzatrice di eventi culturali. Ha contribuito come storica alla produzione di film-documentari. Redige cataloghi d’arte. Scrive di arte contemporanea e di cultura in generale. Collabora con alcune gallerie private e istituzioni museali. Cura il blog “Ipsumars” dedicato all’arte.

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