Giuseppe Penone. Tra le righe (Entre les lignes) ad Arles

Giuseppe Penone - Rovesciare i propi occhi, (Les yeux retournés), 1970

Si gira l’angolo e ci si trova davanti, in una curata aiuola quadrata rialzata contenuta da un muretto bianco, un albero spoglio e rinsecchito. Bloccato e incastrato tra i suoi rami un pezzo di marmo (e non un masso roccioso levigato dall’acqua di un fiume). Un marmo bianco e antico, di fattura romana. E, seppure non si è sicuri di essere arrivati alla Chapel du Méjan di Arles, si è certi di essere innanzi a un’opera di Giuseppe Penone (1947, Garessio). Di fronte a Idee di pietra – Olmo (2008-2013), cioè a uno dei suoi alberi talmente realistici che si stenta sempre ad accettare che siano tronchi realizzati in metallo. Quell’albero che sin dal suo esordio artistico, Penone ha posto al centro della sua produzione artistica, rendendolo protagonista di sculture, quanto di performance perché, come lui stesso è solito affermare:

“l’albero, come essere vivente, memorizza il suo vissuto e le sue necessità nella sua forma”.

E, nelle sculture lignee, sembra far proprio quell’insegnamento michelangiolesco che affidava allo scultore il compito di tirar fuori e liberare, dal blocco -in quel caso di marmo, qui nel legno- la forma che al suo interno è contenuta e imprigionata; così l’artista piemontese estrae la forma primigenia dell’albero, la sua essenza, la sua reminiscenza, come in Albero di metri 8 (2011). Superando un portone che permette l’ingresso anche a un cinema, per accedere alla mostra, si attraversa una fornitissima e accogliente libreria. E solo una volta entrati si comprende pure perché tale esposizione è entrata a far parte del programma di Les rencontres d’Arles photographie, una manifestazione fotografica giunta quest’anno alla sua 44^ edizione che propone un folto programma che, tra incontri, dibattiti, workshop e conferenza, presenta ben cinquanta mostre fotografiche. Una manifestazione che, pur volgendo la sua attenzione esclusivamente alla fotografia, scandaglia ad ampio raggio tutte le sue diverse declinazioni e utilizzazioni, dimostrando così l’ampia apertura mentale degli organizzatori che ovviamente non tengono in considerazione le diverse categorizzazioni di cui invece molto spesso è ancora afflitta la nostra concezione della fotografia (recente, e purtroppo non sarà l’ultimo, esempio è l’attardata proposta di creare a Roma un museo della fotografia). Tuttavia, per Penone non è il primo riconoscimento francese, basta infatti ricordare che già lo scorso anno fu il primo artista italiano contemporaneo ad esporre a Versailles, dopo Jeff Koons, Takashi Murakami, Bernar Venet e Joanna Vasconcelos (in quell’occasione propose una ventina di sculture di alberi in bronzo).

Curata da Frédéric Paul, Tra le righe (titolo tassativamente in italiano come tutti quelli delle sue opere, indipendentemente dal luogo espositivo) consente una lettura dell’opera di Penone, perché sono stati proposti lavori recenti e non, offre cioè l’opportunità di cogliere la sua evoluzione, anche attraverso opere che ne hanno fortemente segnato la ricerca. Sono stati infatti raccolti, in una sorta di piccola retrospettiva, alcuni disegni che permettono di rintracciare la genesi delle creazioni dell’artista piemontese insieme alla documentazione fotografica dei suoi primi interventi performativi divenuti poi la base delle sue sculture. E il titolo stesso vuole sottolineare quanto la riflessione dell’artista si sia concentrata sull’impronta, attestazione anche del suo rapporto empatico con la natura.

Si possono così osservare le documentazioni fotografiche senza le quali non sarebbe rimasta traccia di cinque degli interventi che l’artista, all’età di ventun anni, realizzò tra il 16 e il 20 dicembre del 1968 in un bosco di Garresio appartenente alla sua famiglia: Pane alfabeto; Ripetere il bosco; Scrive, legge, ricorda (con il relativo cuneo); L’albero crescendo ricorderà i punti del mio contatto e Ho intrecciato tre alberelli. Queste fotografie sono intervallate da lavori incentrati, come detto, sull’impronta: Soffio di foglie (1979, un cumulo di foglie di bosso che conservano l’impronta del corpo della moglie che vi si era abbandonata); Svolgere la propria pelle (1970, l’indagine antropometrica che Penone svolse sul suo corpo con oltre seicento foto ottenute per contatto della pelle sulla carta fotografica, e qui presentate solo quattordici); Patate (1977, foto accompagnate dalle sculture in bronzo con parti anatomiche del corpo dell’artista sotterrate accanto a delle vere patate). Oppure Geometria nelle mani (2004) in cui fotografia e scultura convivono senza alcuna gerarchia. O le azioni congelate nella serie Alpi Marittime (1968); come lo scorrere del tempo di Soffi (1975, diciannove fotografie di nuvole bianche fluttuanti nel sottobosco). E poi la famosa serie di Rovesciare i propri occhi (1970). Al piano superiore c’è il grandissimo lavoro Pelle di grafite – Riflesso di ambra (2007), un’immensa tela nera disegnata con la grafite dove si distingue la parte inferiore di un volto.

Il cursore diretto sulle immagini visualizzerà le didascalie; cliccare sulle stesse per ingrandire.

Info mostra

  • Giuseppe Penone,  Tra le righe (Entre les lignes)
  • Les rencontres d’Arles photographie – Arles in black
  • 1° luglio – 22 settembre 2013
  • Chapel du Méjan, Place Nina Berberova – Arles
  • orari: tutti i giorni 10 – 19,30
  • ingresso: € 5; per tutte le esposizioni € 36; giornaliero € 28; per il mese di settembre € 31
  • info: www.rencontres-arles.com
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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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