I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria

Postacci, gentaglia, risse, truffe e festini, la mostra I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria a Villa Medici ci conduce in luoghi promiscui di una Roma cosmopolita seicentesca che, per alcuni aspetti, non sembra così distante da quella del nostro tempo.

Curata da Annick Lemoine e Francesca Cappelletti, la mostra propone il frutto di un’attenta ricerca che, attraverso una selezione scrupolosa di opere, apre uno squarcio sugli aspetti grotteschi, violenti, malinconici e irriverenti di una Roma dove artisti apprezzati da cardinali e ricchi committenti, frequentavano, con la massima disinvoltura, sia i fastosi palazzi patrizi, che le bettole dalla pessima reputazione.

Si scoprono trasgressioni e raggiri, feste sfarzose che regolarmente finivano in rissa, sodalizi goderecci di artisti di varia provenienza che riscoprivano i culti dionisiaci. E una intera sala è dedicata a una di queste associazioni, la Schildersbent, i cui membri si chiamavano Bentvueghels; l’adesione prevedeva un’iniziazione al culto di Bacco, (divinità già in antico associata all’ispirazione creativa) attraverso un rituale allestito in maniera un po’ teatrale con rappresentazioni sul genere del tableau vivant, come nella tela di Roeland van Laer (fratello di Pieter) o nelle incisioni di Mattys Pool presenti in mostra.

Le due studiose hanno selezionato con attenzione le opere allo scopo di presentarci un’istantanea della vita romana del Seicento, vista nei suoi aspetti miseri e violenti da pittori noti e meno noti, quali, tra gli altri: Bartolomeo Manfredi, Giovanni Lanfranco (sua la sorprendente e ammiccante Venere maschile della Walpole Gallery di Londra), Pieter van Laer, Jan Miel, Jusepe de Ribera e Angelo Caroselli (con la tavola raffigurante Vanitas-Prudenza, appartenente alla Fondazione Longhi di Firenze).

Eredi della poetica caraveggesca e riconducibili in gran parte al gruppo dei Bamboccianti, questi artisti – di diversa provenienza geografica, per lo più nordica – decidono di spostare l’attenzione dalla Roma della Chiesa e dell’aristocrazia a quella notturna delle osterie malfamate, dei giocatori d’azzardo, delle chiromanti.
L’Urbe, in quel tempo capitale europea delle arti, conosce così le provocazioni ironiche e la doppia vita di personaggi del calibro di Claude Lorrain, Nicolas Régnier, Dirck van Baburen, Gerrit van Honthorst (noto anche come Gherardo delle Notti) e Artemisia Gentileschi, tutti presenti in mostra in alcuni ritratti a matita attribuiti a Leonaert Bramer. Travestiti e con accessori che sembrano ricondurli a una messa in scena teatrale o carnevalesca, – la Gentileschi in abiti maschili – si mostrano con uno sguardo per nulla intimidito, come del resto sfrontatissimo e triviale è il gesto della fica – il pollice tra indice e medio – che compare in diverse opere in mostra. Un insulto pesante e volgare (di cui parlano Dante ed Erasmo) che trova piena esibizione in un dipinto poco conosciuto, attribuito a Simon Vouet, Bravo che fa il gesto della fica; uno sguardo, anche questo, spiazzante, un gesto decisamente ingiurioso, soprattutto per l’epoca, (lo potremmo paragonare al dito medio alzato): un tema che si può senza dubbio definire volgare, tuttavia era molto apprezzato dai nobili e facoltosi collezionisti, l’opera proviene infatti dalla raccolta medicea e giunse nell’Ottocento a Palazzo Mansi di Lucca.

C’è spazio anche per i diseredati, mendicanti e zingari che, dai margini ai quali sono stati relegati, ottengono, grazie all’intensità dei ritratti, una fiera dignità.
Alcune opere, che hanno al centro la musica, sono altresì pervase da una malinconia palpabile, tra esse spicca il Concerto con bassorilievo di Valentin de Boulogne proveniente dal Louvre; il carattere libertino e burlesco cede il passo a un’atmosfera dal registro più intimo e inquieto, quasi un invito a riflettere sul piacere momentaneo e sulla brevità della vita.

Una sala è dedicata al paesaggio, dove prospettive riconoscibilissime di luoghi pubblici (l’ambasciata di Spagna e il Campidoglio, per esempio) e scorci della vicina campagna romana, fanno da sfondo a scene violente di aggressioni, a cronache impietose di episodi di prostituzione, persino un innocente paesaggio con rovine è“insolentito dalla presenza di un uomo che orina su un antico piedistallo di marmo, del tutto indifferente allo sguardo severo della statua sovrastante.

L‘allestimento, che distribuisce con equilibrio opere di medie e piccole dimensioni, dà respiro alle stesse, nonostante le notorie difficoltà legate alla presenza della scalinata; pur focalizzando e separando tra loro i diversi argomenti, mantiene una sua eterogeneità e armonia.
Per via dei saggi approfonditi e delle schede esaustive, merita infine un elogio il catalogo: un volume che, perdonate lo slogan, nuoce gravemente all’ignoranza e si sconsiglia di sfogliare distrattamente.

Info

  • I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria
  • Accademia di Francia a Roma – Villa Medici
  • Viale Trinità dei Monti, 1
  • Dal 7 ottobre 2014 al 18 gennaio 2015
  • Orari d’apertura della mostra: da martedì a domenica 11.00-19.00 (ultimo ingresso alle 18.30).
  • Visite guidate alla mostra: tutti i martedì, mercoledì, venerdì, sabato, domenica ore 17.00 (in francese), 17.45 (in italiano).
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Maria Arcidiacono Archeologa e storica dell'arte, collabora con quotidiani e riviste. Attualmente si occupa, presso una casa editrice, di un progetto editoriale riguardante il patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno.

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