I 150 anni dell’École Française de Rome

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Ci sono a Roma alcuni storici istituti stranieri di ricerca che hanno svolto nel tempo un ruolo fondamentale nella crescita culturale, nella formazione scientifica di generazioni di studiosi e nello sviluppo di progetti in ambito accademico, ma tra questi centri di ricerca solo uno è in procinto di festeggiare il 150° anniversario della propria fondazione, ed è l’École Française de Rome.

Conosciuta come una delle più importanti istituzioni straniere della capitale, l’École Française è stata fondata a Roma nel 1875 ed ebbe come prima sede lo splendido Palazzo Farnese; ha una lunga storia di attività di studio in varie discipline riguardanti le scienze umane e sociali, con una grande tradizione nella ricerca archeologica in svariati siti della penisola e del Mediterraneo.

Molteplici le attività di studio che abbracciano un arco cronologico che va dalla Preistoria ai giorni nostri; ricchissima la sua biblioteca, aperta alle personalità scientifiche, ai ricercatori di tutti i paesi, a dottorandi e borsisti: oltre ai circa 215mila volumi, la biblioteca possiede anche delle pubblicazioni proprie, come lo storico periodico Mélanges, stampato dall’École a partire dal 1881.

La storia delle biblioteche degli istituti stranieri a Roma è stata al centro di un recente incontro organizzato dall’École française e dalla British School at Rome, conclusosi con un intervento di Andrea De Pasquale (Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del MIC).

Tra le biblioteche invitate a confrontarsi hanno partecipato: l’Academia Belgica, la Escuela Española de Historia y Archeología, il Deutsches Archäologisches Institut, l’American Academy in Rome e il Koninklijk Nederlands Instituut te Rome, eccellenze che hanno reso più disponibile l’accesso a fonti documentarie, soprattutto nel campo delle discipline storiche e archeologiche.

Si è potuto scoprire che alcune di queste biblioteche nacquero a seguito di un provvedimento del pontefice Leone XIII che nel 1881 aprì alla consultazione l’Archivio Vaticano, rendendo così necessario individuare una sede stabile per ciascuna comunità di ricerca delle varie nazionalità.

Al di là della gratitudine collettiva, che chi ha frequentato quelle sale ha avuto modo di esprimere anche ufficialmente nel corso degli anni, un recente riconoscimento all’École Française de Rome è giunto in occasione della XXV edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, appuntamento immancabile per gli operatori culturali e turistici del settore, realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Le motivazioni del Premio Paestum Mario Napoli 2023 sono stati “i suoi 150 anni di impegno dedicato agli studi archeologici nel segno della ricerca, della formazione e delle missioni, fondamenta necessarie per la valorizzazione del patrimonio e la cooperazione culturale nel Mediterraneo”.

Molti anni sono trascorsi da quelli pioneristici risalenti ai primi passi dell’Italia dopo il suo processo di unificazione, quando le autorità della penisola erano un po’ riluttanti a concedere agli stranieri la possibilità di effettuare campagne di scavo (difatti, quello di Vulci, diretto da Stéphane Gsell sul finire del XIX secolo, ebbe luogo in un terreno privato di proprietà del principe Torlonia).

Ad oggi, l’elenco dei siti archeologici che, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, sono stati al centro di indagini svolte in Italia sotto l’egida dell’École è piuttosto fitto; per citare quelli più noti, alcuni dei quali ancora in corso: Megara Iblea (in Sicilia, a partire dal 1949) Bolsena (dal 1946) e poi a Roma, sul Pincio (1981) e Vigna Barberini (sul Palatino, dal 1985) e poi ancora ad Arpi, Levanzo, Paestum, Pompei, Tricarico, etc.

La parallela vocazione agli studi contemporanei, che caratterizzò l’École fin dalla sua prima direzione (Auguste Geffroy era uno studioso dell’Europa contemporanea) conobbe un formale riconoscimento nello statuto del 1974, fortemente voluto dal direttore George Vallet.

Già dalla fine degli anni Sessanta, con l’acquisto dell’edificio al civico 62 di piazza Navona, l’attività di ricerca scientifica si intensifica sempre di più, estendendo il proprio campo d’interesse alle scienze sociali.

I restauri, da quelli eseguiti nel primo decennio degli anni duemila nella sede di piazza Navona a quelli recentissimi in corso a Palazzo Farnese, sia sulle strutture architettoniche (con le impalcature in facciata caratterizzate dall’intervento illusionistico dello street artist JR) che quelli effettuati sugli splendidi affreschi dei Carracci, hanno dato vita a incontri, seminari, pubblicazioni e altre iniziative in partenariato con istituti italiani (Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti Paesaggio di Roma, Fondazione Centro conservazione e restauro «La Venaria Reale») e francesi (Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, Ambasciata di Francia in Italia, Institut français Italia, etc.).

Ma per farci illustrare meglio la programmazione di questo evento celebrativo appena iniziato, abbiamo rivolto alcune domande alla direttrice dell’École Française de Rome, Brigitte Marin:

Gentile direttrice, è in corso oggi il convegno sulle Biblioteche di ricerca a Roma (1860-1930), uno degli eventi promossi dall’ École française de Rome per celebrare i 150 anni dalla sua fondazione. Molte generazioni di studiosi si sono formati e hanno condotto le loro ricerche presso istituti come il vostro. Nel corso del convegno stanno emergendo le storie appassionanti di questi preziosi spazi di cultura nella città. La domanda è: avete contezza dell’importanza di queste biblioteche e del ruolo che hanno avuto e tuttora hanno nell’integrare le pur ricche sedi accademiche locali?

Gli istituti italiani o stranieri romani lavorano nello stesso settore e con scambi, interrelazioni, complementarietà, tanto è vero che l’Unione Internazionale degli Istituti di Storia e di Storia dell’Arte e di Archeologia comprende sia istituti stranieri che quelli italiani operanti nello stesso campo disciplinare, alcuni di essi fanno anche parte della rete URBIS.

Non si tratta quindi di un gruppo chiuso, come una bolla di documentazione straniera a Roma, ma ci relazioniamo a reti più complesse, anche perché lo scopo di questi istituti non è quello di portare sul suolo romano la propria storia nazionale, non vogliamo essere, per esempio, un deposito di documenti sulla storia della Francia, la nostra missione riguarda proprio l’archeologia, la storia e la storia dell’arte italiane.

Il calendario delle iniziative per il cento-cinquantenario è già iniziato e abbraccerà tre anni di celebrazioni, è un elenco fitto e interessante: potrebbe segnalare ai lettori e alle lettrici alcuni dei prossimi appuntamenti da non perdere?

Il 28 maggio 2024 sarà inaugurata nella sede di piazza Navona una mostra di oggetti antichi che si concluderà alla fine dell’anno; attorno a questa mostra ci saranno incontri e manifestazioni, come il convegno dedicato al destino degli oggetti al centro della nostra ricerca e fulcro di un programma che collega tra loro diverse Écoles françaises à l’étranger.

Questo sarà uno dei momenti più importanti tra le manifestazioni previste per il prossimo anno, ce ne sarà una in autunno, ma è presto per annunciarla, posso solo dire che sarà in partenariato con la Farnesina.

Infine, nel complimentarci con lei per la recente conferma nel ruolo di direttrice dell’École française, segnale di un impegno unanimemente riconosciuto e apprezzato, le andrebbe di raccontare quali sono stati finora i momenti che non dimenticherà di questa sua esperienza professionale?

Il primo mandato di quattro anni è stato inaspettato, complicato e reso difficile a causa della chiusura dovuta alla pandemia.

Oltre alla chiusura vera e propria nella prima metà del 2020, c’è stata la fase successiva, i due anni nei quali abbiamo avuto delle ripercussioni sulla vita culturale e professionale, nelle nostre attività, sulle capacità di accoglienza dei giovani studiosi che venivano da noi.

È stato un periodo nel quale mi sono trovata a lavorare e a gestire attività che andavano oltre le competenze del mio ruolo.

L’altro momento significativo che ricordo, sicuramente più positivo, è stato l’inizio dei lavori di restauro a Palazzo Farnese, un avvenimento che di certo non si ripresenterà più nei prossimi decenni e per me è stata anche un’opportunità straordinaria di ripensamento del ruolo che ha giocato il Palazzo Farnese nella vita dell’École française, prendendo in considerazione il patrimonio che rappresenta sia per le nostre comunità di ricerca, che per tutti i cittadini, europei e oltre, nella celebrazione dei nostri 150 anni.

È anche un’occasione per avviare studi e recuperare dati completamente nuovi sulla storia del Palazzo proprio attraverso i restauri, sia quelli architettonici, che quelli eseguiti nel 2015 nella Galleria dei Carracci.

Concludiamo con un’anticipazione della direttrice Marin: è previsto un futuro progetto per la realizzazione di interventi da parte di artisti e artiste contemporanei negli spazi della foresteria della sede di Piazza Navona, non sono ancora state rese note le modalità, ma si suggerisce di tenere d’occhio il sito: https://www.efrome.it/it/

Per chi invece volesse approfondire alcune delle tematiche contenute nell’intervista:

Le foto sono state quasi tutte scattate in occasione della visita guidata a cura di Brigitte Marin a Palazzo Farnese per le Giornate Europee del Patrimonio, in collaborazione con l’Ambasciata di Francia.

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Maria Arcidiacono Archeologa e storica dell'arte, collabora con quotidiani e riviste. Attualmente si occupa, presso una casa editrice, di un progetto editoriale riguardante il patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno.

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