Gita al Faro. Due chiacchiere con gli autori. Evelina Santangelo

Tornano gli incontri con gli autori che partecipano al Festival Gita al FaroSi comincia con Evelina Santangelo.

È sempre più forte la sensazione che tutti noi desideriamo soprattutto farci raccontare delle storie, che abbiamo fame di racconti. Abbiamo davvero solo bisogno di narrazione?

Oggi viviamo in un tempo in cui più nulla si lascia abbracciare con un concetto. Il mondo è percepito come non-riducibile entro un ordine di senso condiviso e granitico. Dunque, forse per questo privilegiamo la forma narrativa in cui ogni esperienza conoscitiva, emotiva, affettiva, espressiva si manifesta sotto forma di trame: trame di parole, trame di esperienze intellettuali, affettive, umane, che non sempre generano un patrimonio di significati univoci. Insomma, è come se, una volta perduta la fiducia nella possibilità di elaborare un senso capace di dare una misura al mondo e al nostro modo di stare al mondo, la narrazione diventi l’unico modo per tradurre in esperienza e conoscenza un mondo sfuggente, franto, esploso e in continua mutazione.

Da dove nascono le tue storie?

«La narrazione, il racconto, le parole, – scrive Daniele Del Giudice in un suo saggio, – sono reti per agganciare la realtà, per inventarla». Ecco, a mio avviso, le storie nascono ovunque, ovunque si senta il bisogno di gettare quelle reti, poco importa se siano luoghi al centro del mondo, remotissimi o infimi.

Di cosa parli con maggior coinvolgimento quando vuoi raccontare la vita reale? Famiglia, amore, crescita personale, oppure hai un tuo percorso meraviglioso?

A me piace raccontare tutto ciò che riguarda l’umano: miserie, fragilità, gesti meravigliosi o feroci. A me piace l’imprevedibilità umana in qualsiasi forma si manifesti, e così a volte ho lavorato anche sul «meraviglioso», che è anch’esso parte fondamentale e imprescindibile della nostra esperienza delle cose.

Che faccia hanno i tuoi lettori? Cosa credi li affascini della tua scrittura?

Forse, non so, il mio modo, o tentativo, di calarmi nelle pieghe dell’esistenza. A me non piacciono i libri-manifesto che un lettore può brandire e sentirsi automaticamente nel giusto. A me piacciono le storie  dove i conti della vita non tornano mai (non come immaginiamo che dovrebbero tornare, almeno).

Perché hai deciso di partecipare a Gita al Faro? Cosa ti ha convinto a dire sì? Ti era già stato chiesto?

Mi ha convinto l’isola. Ho lavorato a lungo con la scrittrice Fabrizia Ramondino, e con lei ho rivisto le bozze di un libro molto bello proprio su Ventotene: L’isola riflessa.

È la prima volta che sei “costretto” a un eremitaggio letterario?

No. Quasi per ogni libro che ho scritto, tradotto o curato, a un certo punto del lavoro, mi sono isolata per alcune settimane nel tentativo di intrattenere un dialogo fitto ed esclusivo con le voci di quell’universo immaginario.

Sei mai stato prima a Ventotene?

No, anzi sì. Attraverso l’immaginario di Fabrizia Ramondino, che di Ventotene mi ha parlato a lungo in anni ormai remoti.

Cosa porti di te nell’Isola?

La mia curiosità e il mio amore per le isole, in generale.

Cosa cerchi nell’Isola?

Uno sguardo su un pezzo di mondo, che possa comporsi magari in un mosaico più grande.

Cosa pensi potrebbe mancarti (persone, cose, emozioni…) sull’isola e cosa invece non vorresti ti mancasse?

A me piace viaggiare o comunque scoprire quel che non conosco, o non conosco abbastanza. Dunque, non credo che qualcosa in particolare (in quei pochi giorni) mi mancherà. Beh, vorrei che non mi venisse a mancare il piacere di calarmi nel mondo in cui mi troverò. Ma questo attiene, più in generale, alla vita.

Conosci qualcuno degli altri scrittori? Pensi che sull’isola riuscirai a destrutturare o a confermare le impressioni sui tuoi compagni di confino?

Conosco qualcuno di loro. Un paio, in particolare, li conosco abbastanza bene, o almeno credo. La maggior parte li conosco soprattutto come scrittori. Spero sia una bella occasione di confronto anche umano. Di solito, non mi lascio condizionare dalle impressioni. Dunque, vado con il cuore e la mente aperti.

 

 

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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