Cerimonia d’addio. Dove inizia il momento della rinascita.

Cerimonia d'Addio - foto Piero Bonacci

Cerimonia d’addio è l’eufemismo banale della nostra società per descrivere quella pantomima di convenevoli e di sentimenti più o meno celati che si rappresenta alla morte di un parente, di un amico o di conoscenti vari.

Giovanni Bonacci e Matteo Quinzi, autori dell’atto unico visto alle Carrozzerie.not, con questo titolo hanno spostato lo sviluppo degli eventi fuori del teatrino della società, parlando del dolore, del disorientamento, delle verità nascoste, delle chiarificazioni e delle rinascite personali di tre fratelli privati del padre e della fidanzata di uno di essi.

Un teatro del reale che, da un inizio funereo e depresso, si trasforma via via in un percorso umano ironico e liberatorio, con forti picchi di alta drammaturgia. L’abbraccio iniziale di dolore che accomuna i fratelli ritrovati e le cadenze dei discorsi convenzionali ai presenti alle esequie, che scandiscono i pseudo-capitoli, sono solo il viatico che porta alle rivelazioni di tre personalità nascoste o ritrovate, alla loro liberazione ed alla speranza di un nuovo futuro fuori degli schemi precostituiti della vecchia famiglia, regolata in fondo dalla personalità e dalle abitudini del padre.

I caratteri dei personaggi sono così attraversati da complessi elementi di discrasia. Matteo, il fratello maggiore sembra fatto tutto d’un pezzo, concreto, sicuro di sé, fattivo, ed invece si rivela fragile, facilmente irritabile, pieno di complessi e reazioni incontrollate ed è sempre l’ultimo a sapere le cose.
Daniele, il fratello di mezzo, sembra inconcludente, instabile, capriccioso, non porta niente a buon fine, non è presente nei momenti importanti, eppure si dimostra un ottimo mediatore, un saggio, una persona affidabile, l’unico che vede nel futuro ed in questo legge la speranza di una nuova vita.
Luca, il più giovane, il Peter Pan della famiglia, è il ritratto del padre, studioso e pignolo, solitario e forse depresso, ma con una gran voglia di vivere, di viaggiare e di amare.
Laura, la fidanzata di Matteo, la donna da sposare, sempre presente, vicina, affettuosa, pronta a sacrificarsi ed invece una situazione, uno sguardo, un bacio la trasformano e non è più la stessa, si sente un’altra, diventa un’altra. Quella che da sempre stava cercando malgrado il suo amore per Il fidanzato.
Questo per dire che siamo tutti qualcosa di cristallizzato in un certo momento della nostra vita ma un evento dirompente può farci capire che siamo diversi e stiamo cambiando.

La regia di Matteo Quinzi, vuoi per l’attualità del tema vuoi per l’alternanza di registri dai più drammatici ai più divertenti, vuoi per la perfetta interazione degli interpreti, bene amalgamati in un gruppo in piena sintonia, ha tenuto altissima la partecipazione degli spettatori.
Lo stesso Matteo Quinzi, quale fratello maggiore e responsabile di una ex famiglia patriarcale, in contrapposizione al fratello-rivale più piccolo ha dato corpo alla parte più impegnativa con tutte le sue incrollabili certezze, contraddizioni e sconfitte.

Giovanni Bonacci ha dimostrato, invece, di saper ben trattenere le nevrosi latenti di un sensibile intellettuale contemporaneo, che legge letteratura nordica e si innamora della futura cognata, in una sua complessa visione interpretativa.

Emanuele Gabrieli ha sviluppato il suo ruolo mediano tra i due fratelli di personalità più esuberanti, trovando una recitazione equilibrata, a tratti trovando un suo spazio nel nucleo familiare, a tratti ribadendo la sua estraneità.

Ed infine Ambra Quaranta, in uno spettacolo tutto al maschile, ha avuto il coraggio, con un filo di voce ma con tanta forza interiore, di porre in primo piano il problema della faticosa ricerca di se stessa da parte di una donna. E da qui inizia la rinascita e finisce “Cerimonia d’addio”(Atto unico per famiglia senza padre). Messo in scena dalla Compagnia LABIT alle Carrozzerie.not.

 

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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