Paint in black. Al di là del nero di Hilary Mantel

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Cover

L’Aldilà di Hilary Mantel è inquietante perché profondamente connesso con l’Aldiqua; anzi, verrebbe da dire che è una logica conseguenza di questo. Gli spettri si evolvono seguendo il ritmo dei vivi e le cose cambiano perché noi cambiamo; e il cambiamento non è mai facile, per loro come per noi.

Al di là del Nero (Fazi Editore) mostra che sì, ci sono più cose in cielo e in terra che nella nostra filosofia, ma illustra anche come sia la proprio la filosofia, ovvero la ricerca di una saggezza derivante da una sincera e cosciente accettazione dello stato delle cose, a dare un senso a tutto ciò che accade nel suddetto cielo e nella suddetta terra. Immergersi nel proprio dolore e riscoprire le proprie disperate e desolate radici per quello che sono, allontanando ogni, seppur legittima e comprensibile, autocommiserazione sembra essere l’unico modo per barcamenarsi in mezzo a forze che altrimenti risultano incomprensibili; e il peccato più grave che possiamo commettere, nei confronti di noi stessi e del cosmo tutto, sembra essere negare e negarci lo scandaglio, spietato e crudo, di quella che è la nostra situazione. Gli spettri della Mentel si nutrono di ambiguità.

Il Nero che bisogna oltrepassare non rappresenta soltanto la morte: la metafora va intesa nel significato più ampio di inconsapevolezza, di incoscienza, di oscurità soprattutto interiore; e il romanzo si rivela affascinante proprio come opera di investigazione, di progressiva rivelazione in cui va incontro ogni personaggio, e soprattutto la protagonista Alison, che cresce proprio nella misura in cui accetta le origini crudeli e violente della sua medianità, la sua propria crudeltà e violenza, il suo non essere completamente vittima della sua vita, dei suoi poteri e delle circostanze.

Hilary Mantel impregna le sue pagine, anche nei momenti più rilassati, anche dove fa capolino una certa leggerezza (le varie fiere paranormali, le specializzazioni occulte), di un miasmatico senso di minaccia; e anche nel finale sembra quasi che l’atmosfera pacificata sia solo apparente, e si finisce per chiudere il libro con la forte impressione che tutto il marciume eruttato durante la lettura sia solo momentaneamente rientrato (ma mai ripulito), e che ci sarà da scavare ulteriormente, e che non sarà piacevole, e che si uscirà da questo scavo dannatamente sporchi, anche se liberi; e liberi sempre fino a un certo punto.

E forse proprio questa sensazione di catarsi mancata, o risoluzione incompleta, è lo spettro più tetro che continua ad aleggiare, e inquieta il lettore anche a romanzo concluso.

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Sono toscana, ed ho sempre letto molto da quando ho imparato a farlo, ovvero a quattro anni. Oltre alla lettura ho una passione per gli sport da combattimento e le arti marziali, per il cinema e la birra.
L'indirizzo del mio blog è www.winteraubergine.it.
Il mio nick è, ovviamente, Winter Aubergine.

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