Les Tombeaux – Mémoire et funérailles

Hieronymus Bosch, Garden of Earthly Delights tryptich, centre panel detail
Hieronymus Bosch, Garden of Earthly Delights tryptich, centre panel detail
Hieronymus Bosch, Garden of Earthly Delights tryptich, centre panel detail
Hieronymus Bosch, Garden of Earthly Delights tryptich,
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Con poco margine d’errore si può affermare che il culto dei morti (e della morte) hanno governato la presa di coscienza del genere umano sin dalle sue origini; il tutto attraverso le forme più disparate, legate alla geografia, al periodo storico, alle conoscenze scientifiche e, conseguentemente, all’evoluzione delle credenze religiose.

In Europa la celebrazione e la commemorazione dei defunti sono riuscite a mantenere una notevole varietà di declinazioni sulla base della sensibilità storica e culturale dei sopravviventi, nonostante l’affermarsi del pensiero religioso unico a partire dalla tarda antichità. La musica, da sempre parte integrante delle celebrazioni dei defunti, non fa eccezione a questa varietà e, nel corso dell’evoluzione storica del gusto, presenta spesso aspetti che la sensibilità contemporanea riesce ad inquadrare solo con difficoltà nella corrente idea di celebrazione funebre.

Scorrendo i cataloghi musicali, dal tardo medioevo ai giorni nostri, si riescono a distinguere due filoni principali di musica composta per la commemorazione dei defunti: da un lato vi sono le innumerevoli composizioni musicali a carattere religioso, scritte per gli officia defunctorum (messe da requiem, lamentationes, corali della riforma per il periodo pasquale, etc.) e più o meno rigidamente rispettose dei canoni testuali e strutturali previsti dalle liturgie; dall’altro esiste tutta una letteratura musicale profana scritta in memoriam, nella quale confluiscono ogni sorta di composizioni atte a commemorare il defunto (mottetti, cantate da camera, cantate corali, danze, fantasie e preludi strumentali, etc.) la cui struttura ed i testi eventualmente coinvolti godono della massima libertà stilistica e compositiva.

La visita alla tomba dell’amato, di un amico, di un maestro, di un mecenate o anche solo il suo ricordo è quanto viene celebrato nella liturgia profana della musica dei tombeaux, nome francese, esplicito o sottinteso, di buona parte delle composizioni scritte in memoriam e assurto a nome del genere. In essi l’immanenza del ricordo costituisce l’unica linea guida della composizione: accanto ai numerosi tombeaux per liuto e per viola, composti tra ‘600 e ‘700 in Francia, ne sono esempi memorabili tre composizioni per clavicembalo, tra le più celebri del genere i tombeaux per M. de Chambonnières e per M. de Blancrocher, rispettivamente di J.-H. d’Anglebert e di L. Couperin e la Lamentation faite sur la mort très douloureuse de sa majésté Imperiale Ferdinand 3me di J.J. Froberger. Composti nel ‘600, durante il grande sviluppo della letteratura clavicembalistica francese, questi tre brani ben rappresentano la traduzione musicale astratta del sentimento che il ricordo del defunto suscita nell’autore: poche note, un tempo lento di danza o di stile improvvisativo a carattere meditativo, pochi richiami madrigalistici contingenti (le campane a morto, la discesa agli inferi, la scala che si rompe e precipita il defunto) ed ecco riaffiorare ricordi e sensazioni personali, prive della spersonalizzazione delle celebrazioni liturgiche. Qui non domina più la mestizia delle messe da morto: il dolore della perdita è sublimato dal ricordo dei momenti trascorsi assieme, dai sentimenti di affetto e dalla celebrazione delle virtù del defunto. Molto prima, nella metà del ‘500, Nicolas Gombert scrisse il bellissimo Musae Jovis in ricordo del suo maestro Josquin Desprez, dove l’affetto e la riconoscenza per gli insegnamenti impartitigli vengono tributati attraverso l’uso di stile e struttura arcaizzanti, propri del periodo di massima gloria del suo maestro.

A volte la commemorazione funebre si estrinseca attraverso citazioni timbriche come nell’ Ode on the Death of Mr. Henry Purcell di John Blow dove i due flauti soli col basso continuo che accompagnano le voci richiamano composizioni liturgiche francesi certamente note in Inghilterra (ad es.: il Miserere H157 e la Leçon de Ténèbres H95 di M.-A. Charpentier).

Più recentemente la tradizione della musica funebre a carattere secolare ha continuato a produrre composizioni di carattere del tutto analogo a quelle dell’epoca barocca: basti citare, tra molte, i Funérailles di F. Liszt, la Pavane pour une enfante défunte di M. Ravel e l’ultimo movimento di Pli selon pli di P. Boulez. Scritti in ricordo di amici morti, i Funérailles di Liszt riecheggiano spunti eroici alternati alla tristezza della perdita; la Pavane di Ravel è una sorta di trasfigurazione e astrazione arcaizzante dei modi dei tombeaux della grande tradizione francese; il tombeau che chiude l’ampia composizione Pli selon Pli di P. Boulez su testo di S. Mallarmé era in origine una composizione scritta per la morte del principe Egon zu Füstenberg ed è l’ulteriore dimostrazione della vitalità e delle capacità di adattamento evolutivo della celebrazione profana della morte attraverso la memoria dei sopravviventi.

 

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Matematico e musicista, da sempre in equilibrio tra i due campi culturali, ha gestito con successo ed indipendenza attività di ricerca, applicazioni e strumenti di promozione culturale. Attualmente svolge attività di ricerca in campo matematico e statistico in qualità di docente presso la Sapienza a Roma, è direttore artistico della rassegna di musica antica Trebantiqua a Trevi nel Lazio e riconosciuto concertista alle tastiere antiche, avendo al suo attivo concerti in Italia, Europa e Nordamerica in ensemble e come solista, oltre a svolgere attività di editore e ricercatore di inediti del periodo barocco per varie edizioni musicali.

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