Tutto è iniziato quando, a 18 anni decisi di rinunciare al rinvio, causa-studi, del servizio militare. Sapevo di avere vantaggi familiari e finii alla famosa Caserma Romagnoli (Roma), davanti all’Università La Sapienza, con un incarico d’ufficio.
Imboscato o quasi. Nell’ufficio c’erano vari avieri di classe: Filippo Tuena che a breve sarebbe diventato uno scrittore capace di dare nuova vita a figure storiche, il capitano Alberto Artioli, vari altri e, defilato, Ugo Montarsolo.
Iniziavo allora ad appassionarmi alla lirica: una totale adorazione per Joan&Jackie, altrettanta per tanti altri cantanti, meno per altri. Opere a memoria, note e testi.
Scoprii che il signor Paolo Montarsolo, papà di Ugo, era un famoso cantante: mi appassionai alla questione, divenni amico di Ugo, che era un gran pianista, allievo di Tito Aprea. Passammo pomeriggi assieme. Dalla casa di Viale delle Milizie si spostarono all’attico di un bel palazzo di Porta Cavalleggeri, sempre per seguire Ugo, che continuava i suoi studi al pianoforte: una bellissima mano, una grande musicalità e una grandissima tristezza.
Anni prima, durante i nostri servizi alla patria, fummo ospiti dei signori Montarsolo: il signor Paolo ci allietò con una delle grandi arie dalla Cenerentola. Io provai ad accompagnarlo al piano, ma era troppo per me, poi ci provò Ugo. Ma ci divertimmo ugualmente.
A porta Cavalleggeri, a servizio militare ben che terminato, tornai ripetutamente. Il riso venere che non si cuoceva e la signora Mamma (confesso, non ricordo il nome, un po’ come la MOGLIE-DI-LOT), deliziosa che si scusava e nel mentre ci raccontava dei suoi trascorsi come insegnante di dizione, tra le altre, di Elisabeth Schwarzkopf; io e Ugo che strimpellavamo nella mansarda Chopin, Beethoven e altro (lui molto più bravo di me). Il signor Paolo che gestiva, dietro le quinte, l’avanti cena, la cena e il dopo cena.
Tutto tra il formale e il rilassato. Gli confessai, al signor Paolo, che quando, qualche mese prima, avevo imbrogliato lo stato italiano, ed ero fuggito a Parigi durante il servizio militare, lo avevo ascoltato in una Cenerentola al Palais Garnier con Raquiel Perotti, ma non avevo avuto il coraggio di andare a farmi riconoscere (io: anni 19!).
A sua volta, Filippo Tuena, rafforza i miei ricordi: una trasferta in treno a Napoli per a sentirlo cantare l’Italiana in Algeri al San Carlo e quelle frequenti incursioni, nella cappella della Romagnoli dove lui ci accompagnava all’organo e noi cantavamo La calunnia, Bella figlia dell’amore e altre arie del genere…
Pensavo dovesse durare.
Ho incontrato ancora Ugo in Via degli Orti della Farnesina, davanti ad una pasticceria forse nel 2004, con una signora, probabilmente una compagna. “Mamma è morta, ma io e papà ce la caviamo bene”. Dispiacere. Due chiacchiere: ci vediamo presto. Sì, dai!
Ugo è morto nel 2006, non so neanche di cosa. Il signor Paolo morì poco dopo Ugo. Cristallizzando, in un ricordo, gioventù, musica e tristezza.
Matematico e musicista, da sempre in equilibrio tra i due campi culturali, ha gestito con successo ed indipendenza attività di ricerca, applicazioni e strumenti di promozione culturale. Attualmente svolge attività di ricerca in campo matematico e statistico in qualità di docente presso la Sapienza a Roma, è direttore artistico della rassegna di musica antica Trebantiqua a Trevi nel Lazio e riconosciuto concertista alle tastiere antiche, avendo al suo attivo concerti in Italia, Europa e Nordamerica in ensemble e come solista, oltre a svolgere attività di editore e ricercatore di inediti del periodo barocco per varie edizioni musicali.
Ho avuto l’onore ed il privilegio di condividere del tempo della mia vita con Paolo ed Ugo. Regnabile
Gentile Giuseppe, ho letto per puro caso ed apprezzato questo suo ricordo. Come cugino di Ugo e nipote di Paolo, avrei piacere sentirla. Le sarei molto grato se vorrà scrivermi in privato a questo indirizzo: federom@yahoo.com