Mother-Rythm, on going nei rapporti umani

foto Carlo Maria Causati

C’è il primordiale nelle opere di Francesca Fini, sia che si tratti di video, di performance o installazioni. Il progetto Mother-rythm si avvale di diversificate sfaccettature, tutte ricondotte al rapporto che l’artista romana ha intessuto con la madre nei suoi anni di vita. Il raccontare in maniera diretta e semplice quel filo rosso che universalmente congiunge una madre ad una figlia e viceversa, un legame portatore di vicinanze e di respingimenti, di tensioni affettive e di volontarie sferzate, nello schema per cui una madre per una figlia è il primo oggetto d’amore e il riferimento fondamentale per entrare in relazione con il mondo esterno.

Francesca in Mother-rythm mostra perfettamente quella fusione da cui una figlia sente, con il tempo, di doversi distaccare per creare una propria ed autonoma individualità, tagliando quel filo rosso, come “due donne forti, dai caratteri assolutamente opposti, destinate a ferirsi reciprocamente senza saperlo” afferma lei stessa.

Il 27, 28, 29 giugno 2014 presso la galleria Mondrian Suite Contemporary art space di Roma Francesca Fini ha presentato MOTHER-RYTHM / video, reliquie, performance a cura di Lori Adragna, ulteriore tappa di questo viscerale progetto on going. Un video Mother-rythm (2014) che si avvale di un mezzo evocativo come la fotografia, quelle fotografie di un passato nostalgico e un po’ sbiadito, per evidenziare la complementarietà, l’incontro ma anche la differenza di piani tra madre e figlia. Le fotografie di una piccola Francesca Fini a colori si sovrappongono, sempre con molta logica estetica e di forme, con quelle in bianco e nero della madre, creando l’illusione di un qualcosa di  perfettamente armonioso e sincrono, ma che in verità è il risultato della fusione  di due entità separate.

La performance, invece, che ha caratterizzato questa tappa del progetto, si è resa manifesto dell’incontro/rottura che si verifica solitamente tra madre e figlia: Francesca Fini, seduta davanti alla madre, ha ripercorso i momenti cardine di questo problematico legame. Tutto messo in scena in virtù di quel cordone ombelicale che solo alla fine riesce ad essere reciso: dal filo di lana rossa tenuto dalla mano dell’una e ancorato dentro la bocca dell’altra al latte bevuto, simbolo del succo materno. Ma alla fine le forbici vengono impugnate per tagliare quel cordone, come è naturale che sia, mantenendo internamente la consapevolezza di essere una parte dell’altra, con tutte le contraddizioni che tutto ciò comporta. Francesca Fini ha sempre lavorato con con simboli viscerali, con un’essenza che rende l’uomo quello che è, scavando nelle origine e tirandone fuori il succo.  Mother-rythm ne è sicuramente una bandiera sventolante.

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Laureata in Lettere e Filosofia indirizzo giornalistico con una tesi sulla fotografia psichiatrica, con citazione di tale ricerca nella versione anastatica di “Morire di classe” (Einaudi, 1969), fotoreportage di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin che nel 2009 Duemilauno-Agenzia Sociale ha ristampato, è giornalista pubblicista dal 2008. Dal 2010 lavora presso Palombi Editori in mansioni commerciali e di distribuzione. Ha scritto per numerose riviste d'arte e curato mostre seguendo autori che praticano il linguaggio fotografico e progetti di critica fotografica. Tale attività prosegue attualmente.

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