Luigi Ghirri e Atlante. Immagini parole e viaggio. MAXXI

immagine per Atlante, Luigi Ghirri - MAXXI
Atlante, Luigi Ghirri - ph. Diego Barletti - MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma

“Il luogo nel quale tutti i segni della terra, da quelli naturali a quelli costruiti dall’uomo, sono rappresentati: monti, laghi, piramidi, oceani, cittá, villaggi, stelle, sole.”
Luigi Ghirri

Di Luigi Ghirri, del suo stile ne esiste uno solo. Molte poi le copie. Era quello dei paesaggi sospesi, di una luce che ti riporta ad un mondo altro che non è né passato né presente né futuro, era quello delle prospettive che sembrano farsi gioco di chi ci sta davanti, era quello che creò un vero e proprio lessico visivo per tutto ciò che apparentemente è banale e quotidiano.

Ma nell’essere unico Ghirri era anche sfaccettato: era quello che mixava la tradizione della fotografia di paesaggio con giochi di prospettiva e luce che rompevano gli schemi del momento.

Immagini che rappresentano un territorio, per lui soprattutto la sua amata Emilia ma non solo, ed anche focalizzazioni su dettagli, su paesaggi che diventano astrazioni, rappresentazioni di un’idea, un pensiero, un concetto. Ed è proprio questo Ghirri che è esposto al MAXXI con il suo Atlante del 1973.

L’oggetto “atlante” viene smaterializzato e concettualizzato per immagini. Luigi Ghirri ne ridefinisce i parametri di utilizzo e ne esclude il suo utilizzo comune, per rendere ogni tavola, ogni immagine come un unicum, un’opera d’arte. Rappresentò un atlante come un puzzle, i cui pezzi non per forza dovevano essere riuniti.

Le scritte “mare” e “deserto” compaiono decontestualizzate dalla loro localizzazione rappresentativa; coordinate geografiche compaiono per la loro valenza semantica e conseguentemente artistica e non per la loro funzionalità originaria; palme stilizzate, solitamente usate per caratterizzare un’area, sono ritratte lasciando allo spettatore uno strano senso di spaesamento.

Ghirri considerava l’oggetto atlante come “il luogo nel quale tutti i segni della terra, da quelli naturali a quelli costruiti dall’uomo, sono rappresentati” e su questa idea fece un lavoro da artigiano dell’immagine nello svuotarla del suo significato e riempirla con prospettive e riferimenti diversi.

I lavori di Luigi Ghirri fanno leva proprio su questo processo: lasciare senza coordinate chi li osserva e in questo scenario sospeso lo spettatore non può che lasciarsi trasportare dalla sua poetica e sorridere alla sua estetica ammiccante.

Per Atlante al MAXXI un allestimento lineare che alterna una quarantina di stampe a parete e  un doppio espositore contenente i libri e altri materiali che hanno influenzato questo lavoro. Un viaggio a ritroso nell’immaginario ghirriano che permette a chi lo guarda di poter almeno sfiorare l’origine del suo processo creativo. Oltre ai libri, oggetti a cui Ghirri riservava molta importanza come modalità rappresentativa dei suoi lavori, sono in mostra anche le stampe vintage della sua prima mostra di Atlante a Parma nel ’79 e il libro Weekend, in cui, con le fattezze di un album di famiglia, il fotografo fa percorrere allo spettatore il ricordo di un viaggio tenuto insieme dallo sguardo.

Come anche lo stesso Ghirri commentava:

“Il viaggio è dentro all’immagine, è dentro al libro”.

Così, ogni suo lavoro rappresentava un percorso interiore e privato, che attingeva sicuramente da un vissuto, da un amore spassionato per un territorio, da un concetto di memoria, ma che allo stesso tempo è reso proprio da chi lo osserva perché le sue immagini sono rappresentazioni di un sentimento.

Per questo motivo molte sue fotografie, apparentemente più di tradizione paesaggistica, hanno comunque una componente concettuale ed astratta molto marcata.

In tutta la sua produzione visiva Ghirri seppe fare il perfetto equilibrista tra realtà e illusione, dosando a suo piacere quando più di una e quando più dell’altra.

Dalla diversa dose di elementi ne sono usciti lavori differenti, ma complementari.
Con queste parole commentava il suo progetto “Atlante”.

“È la fotografia in questo caso che con il suo potere di variare i rapporti con il reale, sempre, sposta i termini del problema evocando una naturalità illusoria”

Un’illusione espressa con intelligenza ed ironia.

Ghirri fu fautore ed ideatore di un vero e proprio nuovo lessico per immagini, dove il valore iconografico non faceva più solo da accompagnamento al testo, nel suo processo artistico infatti uno compenetrava l’altro.

Tutti gli elementi del linguaggio erano adatti alla creazione artistica, tutte le forme di rappresentazione, tutti i cipressi, tutti le colonne, tutte le giostre, tutti i mari, tutti i prati e le montagne potevano essere materiale adatto.

Tutto quello che solitamente veniva catalogato come “comune” con il suo intervento poteva essere svuotato ed innalzato ad un livello di significato altro, mantenendo l’apparenza della banalità. Cambiando il contenuto senza cambiare il contenitore.

LUIGI GHIRRI. ATLANTE

  • a cura di Margherita Guccione, Bartolomeo Pietromarchi, Laura Gasparini
  • Sala Claudia Gian Ferrari
  • MAXXI-Museo nazionale delle arti del XXI secolo
  • Via Guido Reni 4A, Roma
  • fino al 21 gennaio 2018
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Laureata in Lettere e Filosofia indirizzo giornalistico con una tesi sulla fotografia psichiatrica, con citazione di tale ricerca nella versione anastatica di “Morire di classe” (Einaudi, 1969), fotoreportage di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin che nel 2009 Duemilauno-Agenzia Sociale ha ristampato, è giornalista pubblicista dal 2008. Dal 2010 lavora presso Palombi Editori in mansioni commerciali e di distribuzione. Ha scritto per numerose riviste d'arte e curato mostre seguendo autori che praticano il linguaggio fotografico e progetti di critica fotografica. Tale attività prosegue attualmente.

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