Futuro incerto per i famosi murales di Blu a Berlino. E arriva la petizione online

E’ online la petizione per proteggere due dei più famosi murales berlinesi di Blu, lo street artist italiano che nel 2011 il  “The Guardian” inserisce tra i dieci street artists più autorevoli al mondo, insieme a Banksy e Keith Haring.

In pericolo a causa del progetto denominato Cuvryhöfe, questi murales sarebbero destinati a scomparire per far posto alla costruzione di immobili di lusso. Realizzati tra il 2006 e il 2009 nella zona di Cuvrystrasse a Kreuzberg, uno dei quartieri più multiculturali e vivaci della capitale tedesca, i due capolavori sono diventati presto simbolo, e conseguentemente meta turistica, di quella Berlino capitale europea dell’arte contemporanea, che con i suoi 180 musei, i suoi innumerevoli eventi, il suo fermento, attira sempre più l’attenzione della gente. Una città che cambia e si reinventa ogni giorno, si trasforma e ama indossare abiti diversi. Una città dove si costruisce e si concentrano gli occhi della speculazione edilizia.
Un esempio di questo andamento lo conferma anche il caso della Kunsthaus Tacheles, galleria d’arte moderna situata nel centralissimo quartiere Mitte, che fino al 2012 fu spazio espositivo gestito da artisti. A due anni dallo sgombero definitivo di un luogo che ha segnato la parte alternativa di Berlino, ecco la notizia dell’avvenuto accordo di vendita in favore della Perella Weinberg Real Estate (PWRE), società di investimenti statunitensi che costruirà appartamenti di lusso e uffici.
Altro esempio di speculazione edilizia, ma con un differente finale, quello dell’ex aeroporto Tempelhof convertito in parco pubblico nel 2010, per il quale era stato presentato un grande progetto immobiliare che avrebbe sostituito l’attuale area verde, uno dei luoghi all’area aperta più amati dai berlinesi. Raccolta firme indetto dal comitato 100% Tempelhofer Feld, referendum cittadino e vittoria. Il parco rimane per volere dei cittadini.
Questo è forse il medesimo finale che si augura allo spazio intorno al quale dominano i grandi murales di Blu, anche se la situazione pare aver preso una brusca accelerata. Il problema principale rimane il Cuvrybrache, una vera e propria favela dove convivono artisti e senzatetto in episodi a volte di criminalità e disagio sociale. Situata nello spazio racchiuso tra i due murales di Blu e le sponde della Sprea, il Cuvry è stato di recente vittima di un incendio doloso. Risultato: la favela così come l’abbiamo vista e vissuta in questi ultimi anni non esiste più. Arrivate prima le ruspe per lo sgombero definitivo e poi la polizia a circondare l’area e sorvegliarla, pare che la situazione sia precipitata e in attesa di risposte.
Certo è che il progetto di costruzione di appartamenti nella zona è già stato approvato dal Senato cittadino ed è ora in mano alla Artur Suesskind. La petizione online cercherà quindi di raccogliere più firme possibili e presentarle al Senato per tutelare le opere di Blu e riconoscerle come patrimonio della collettività.
Non sarà facile, e non è nemmeno la prima volta che le opere dell’artista italiano si trovano in situazioni simili (un esempio tra tutti, il murales salvato che si trova all’ingresso del centro sociale Xm24 di Bologna), ma la battaglia è iniziata e pronta per essere combattuta.

La sottolinea linea tra arte e vandalismo si pone sempre più prepotentemente sotto i riflettori del mondo dell’arte, sensibilizzando lo spettatore e invitandolo a prendere decisioni. Incalzata da artisti ormai riconosciuti a livello mondiale, pare però che questa linea non sia in realtà così sottile.

Per il marchigiano Blu sono la fine degli anni novanta a segnare l’inizio della sua notorietà, soprattutto in ambiente bolognese. Con le sue opere di grandi dimensioni e le sperimentazioni di stop motion (per cui ha riscosso un enorme successo di pubblico anche grazie al sapiente utilizzo del canale youtube), Blu è anche un esempio di quella Street Art che ne ha fatta ormai di strada diventando sinonimo di qualità e di arte.
Utilizzando in un primo momento lo spray per poi passare al pennello e la copertura a vernice data con il rullo, lo street artist predilige ritrarre figure umane come fossero strane creature colme di disagio e paure, a volte un velo sarcastico sovrasta l’opera, diventando simbolo di una realtà contemporanea quanto mai problematica. La sua è dichiaratamente un’accusa: ai governi, alla società, al capitalismo.
Restio a comunicare con i giornali, lancia il suo messaggio al mondo attraverso un arte che invade ormai quasi tutti i continenti: dalla Palestina, al Sud America, Europa e Usa.
Il suo essere riconosciuto come uno degli street artist attuali più famosi, rende quindi ancora più problematica la situazione dei due murales di Berlino. Mentre il primo raffigura un uomo, intento ad aggiustarsi la cravatta, che indossa due orologi rolex d’oro legati insieme da una catena, chiaro rimando alle manette e al collegamento, quindi, della ricchezza con uno stato di prigionia, nel secondo troviamo due figure che si tolgono una maschera a vicenda con una mano e con l’altra sono impegnati a formare le lettere W (West)- E (East) con le dita.
Enormi e imponenti le due opere sono ormai entrate a far parte della memoria visiva di una città sempre in continuo divenire ma che si dimostra, nel contempo, attaccata a tutti quei segnali che la caratterizzano e le danno identità.

Quello che più realmente si riaccende in questo contesto è ancora una volta il dibattito sulla reale proprietà di opere che vengono donate alla cittadinanza dall’artista e sulla domanda intorno alla quale pare si debbano dare ancora risposte certe. I murales sono patrimonio della collettività?

Per firmare la petizione:

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Lucia Rossi, laureata in Arte, Spettacolo e Immagine Multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Parma, è scrittrice, contributing editor per riviste d'arte, curatrice di mostre. Vive e lavora a Berlino. Ha diverse esperienze come curatrice indipendente di eventi culturali e collaborazioni per cataloghi d'arte e pubblicazioni.

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