Primavera romana: episodi di nuova sostenibilità

Nuova Gestione. Daniele Spanò, Habitat - ph Andrea Papi

La scorsa primavera Roma è stata lo scenario di due progetti d’arte diffusi sul territorio, molto interessanti e alquanto significativi. La seconda edizione di Nuova Gestione, mostra disseminata nel quartiere di Casal Bertone e Gingko, evento che ha presentato diversi artisti in vari spazi del Quadraro; sono state due proposte che, come già visto per altri progetti realizzati negli ultimi anni, accendono i riflettori su luoghi della città considerati periferici geograficamente e sicuramente ai margini degli eventi culturali e ricreativi promossi dalla capitale. Bisogna ammettere, però, che ormai non è cosa rara leggere di eventi performativi o progetti creativi in territori ai limiti del Grande Raccordo. Basti solo pensare a Space Metropoliz-MAAM_Museo dell’Altro e dell’Altrove, che sta facendo tanto parlare di sé per gli artisti che riesce a coinvolgere -volti ormai noti, ma anche nuovi giovani nomi- per le collaborazioni con grandi istituzioni che ha messo a segno (come Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto), per un progetto di co-abitazione e collaborazione che ogni giorno porta avanti tra i residenti del luogo (per lo più extracomunitari) e i creativi che qui realizzano così tante opere da creare una collezione a cielo aperto.

I due eventi nominati in apertura sono simili solo apparentemente, trattandosi di progetti nati in modo diverso e sviluppatesi in tempi e per occasioni differenti. I sei artisti presenti negli spazi sfitti (in attesa, appunto, di nuova gestione) nell’isola urbana di Casal Bertone, hanno vissuto il quartiere, dialogando con i residenti e le associazioni locali prima di realizzare ognuno un’opera che fosse una riflessione personale, una lettura di episodi storici appartenenti al quartiere popolare romano. Passeggiando per queste strade, affidandosi alla mappa che segnala i luoghi dove gli artisti hanno realizzato interventi site-specific, si ha l’impressione di entrare in un gioco, in cui a partecipare sono tutti gli abitanti del quartiere, seguendo le orme lasciate in decenni di stratificazione urbana. Se alcuni interventi, portano i volti e le storie dall’esterno dentro i piccoli locali sfitti, per restituirli filtrati dallo sguardo che l’artista vi ha posato, in altri casi le storie vengono dall’interno degli edifici, riabilitati per l’occasione e rivestiti di installazioni, viene risvegliata la memoria di cosa è accaduto in ognuno di questi luoghi.

Racconta Valentina Fiore, una delle curatrici del collettivo promotore Sguardo Contemporaneo:

“Motivi pratici logistici e una certa ‘uvidezza degli abitanti locali, hanno dettato i tempi di inserimenti e di lavoro nel territorio. Anche questa volta, come nella prima edizione nel quartiere del Quadraro due anni fa, la fase di studio del sito è stato un processo lungo.
Abbiamo preso i contatti con le associazioni e le persone di Casal Bertone quasi un anno prima, ma qui ci sono realtà che, nella politica e nella vita sociale, si contrappongono da sempre ed è stata una sfida riuscire a muoversi nella tela di rapporti qui esistenti”.

Questa è stata una delle criticità esterne che ha azionato il progetto, funzionando da motore. Tuttavia, continua Valentina:

“sono proprio queste criticità, appartenenti in vario modo al contesto urbano, a sollevare nuovi stimoli al confronto, nuovi possibili dialoghi e inedite soluzioni pratiche per superarle”.

Gingko, sviluppato tra le stradine del Quadraro, nasce invece per iniziativa di associazioni del territorio, in occasione dell’anniversario della deportazione che attuarono nel quartiere i nazisti nell’Aprile del ’44. E’ un progetto che nasce e si sviluppa nello stesso quartiere, coinvolgendo artisti che qui risiedono o hanno installato lo studio. Valentina Fiore, chiamata a curare la parte critica del progetto, pratica già del territorio per precedenti iniziative qui realizzate, racconta di come:

“la mostra abbia seguito dinamiche innescate inaspettatamente, dato che si trattava di artisti già selezionati e presenti sul posto, artisti che vivono la quotidianità del quartiere e si sono mossi indipendentemente. Anche l’unico artista ‘esterno’, Gino Piacentini, fino all’ultimo non ha chiarito cosa avrebbe realizzato, lasciando una certa incertezza, ma trasmettendo stupore e entusiasmo nel seguire il suo lavoro che prendeva forma giorno dopo giorno.”

Per definire questo progetto artistico, la Fiore sceglie il termine “resilienza”, ad evidenziare un atteggiamento che va al di là della resistenza, attivando un processo di riflessione e reazione in grado di fronteggiare difficoltà e impedimenti. Ecco quindi di nuovo una proposta artistica che intende reagire, proporre un’alternativa, non soffermandosi unicamente in un’area estetico-culturale, ma spingendosi, ora più che mai, nei contesti sociali, politici ed economici. Se per un verso lo fa riallacciandosi alla Storia e alle tradizioni, dall’altro lo cerca nella comunione di intenti e nel confronto con altri professionisti e altre voci, attivando dialoghi tra gli artisti, ma anche con i cittadini, secondo un atteggiamento di community specific che spinge a cercare in luoghi non convenzionali uno spazio dove esprimere la propria arte.

Oltre a queste caratteristiche, episodi di arte relazionale e urbana come questi determinano anche un nuovo genere di sostenibilità.
Ci tiene a precisare Valentina Fiore:

“Realizzare un’operazione che dimostri sostenibilità è una caratteristica sempre più richiesta e necessaria per i progetti culturali e artistici. Questo genere di progetti lo sono anche se in maniera non convenzionale, cercando d’innescare delle nuove dinamiche di ascolto, di collaborazione, di pensiero nell’intera comunità”.

Una nuova sostenibilità riconosciuta non da un valore economico, ma da nuove capacità di comportamento e interpretazione, volte a migliorare la propria vita e cambiare il proprio punto d’osservazione.

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Francesca Campli ha una laurea in Storia e Conservazione del Patrimonio artistico e una specialistica in Arte Contemporanea con una tesi sul rapporto tra disegno e video. La sua predilizione per linguaggi artistici contemporanei abbatte i confini tra le diverse discipline, portando avanti ricerche che si legano ogni volta a precisi territori e situazioni. La passione per la comunicazione e per il continuo confronto si traducono nelle eterogenee attività che pratica, spaziando dal ruolo di critica e curatrice e quello di educatrice e mediatrice d'arte, spinta dal desiderio di avviare sinergie e confrontarsi con pubblici sempre diversi.

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